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Ricorso inammissibile: Cassazione e motivi generici

La Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile presentato da due imputati condannati per spaccio di lieve entità. I motivi sono stati giudicati infondati: uno chiedeva il riconoscimento di un’attenuante già concessa in precedenza, l’altro era troppo generico e non contestava la sentenza d’appello. I ricorrenti sono stati condannati a pagare le spese processuali e un’ammenda.

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Pubblicato il 7 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: Quando l’Impugnazione è Generica

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, offre un’importante lezione sulla corretta formulazione dei ricorsi. Un ricorso inammissibile non solo non ottiene il risultato sperato, ma comporta anche ulteriori condanne economiche per i ricorrenti. Questo caso evidenzia due errori comuni che possono portare a tale esito: la richiesta di un beneficio già ottenuto e la presentazione di motivi di impugnazione eccessivamente generici.

I Fatti del Caso Giudiziario

Due soggetti, precedentemente condannati dalla Corte d’Appello per il reato di spaccio di sostanze stupefacenti nella sua forma meno grave (la cosiddetta “lieve entità”, prevista dall’art. 73, comma 5 del Testo Unico Stupefacenti), hanno deciso di presentare ricorso per Cassazione. Le loro doglianze si concentravano su due aspetti principali: da un lato, chiedevano il riconoscimento della fattispecie di lieve entità e, dall’altro, contestavano la quantificazione della pena inflitta (la cosiddetta dosimetria della pena).

La Valutazione della Cassazione sul ricorso inammissibile

La Suprema Corte ha esaminato i motivi presentati e li ha rigettati entrambi, dichiarando l’intero ricorso inammissibile. L’analisi dei giudici è stata netta e si è basata su principi consolidati della procedura penale.

Primo Motivo: La Richiesta Superflua

Per quanto riguarda la richiesta di riconoscere la fattispecie meno grave del reato, la Corte ha sottolineato un’evidente contraddizione: tale attenuante era già stata riconosciuta e applicata dalla Corte d’Appello. La sentenza impugnata aveva infatti condannato gli imputati proprio per il reato previsto dal comma 5 dell’art. 73. Pertanto, il motivo del ricorso era privo di fondamento, in quanto chiedeva un risultato già acquisito nel precedente grado di giudizio.

Secondo Motivo: La Genericità della Contestazione

Il secondo motivo di ricorso, relativo alla dosimetria della pena, è stato giudicato “del tutto generico”. I giudici di legittimità hanno osservato che i ricorrenti non avevano mosso critiche specifiche e puntuali contro la motivazione della sentenza d’appello. Invece di analizzare il ragionamento del giudice precedente e indicare dove e perché fosse errato, si erano limitati a una contestazione vaga, senza un reale confronto con le argomentazioni contenute nel provvedimento impugnato. Questo tipo di approccio non è sufficiente per attivare una revisione da parte della Cassazione.

Le Motivazioni della Decisione

La decisione della Corte si fonda su un principio cardine del sistema delle impugnazioni: il ricorso per Cassazione non è un terzo grado di giudizio dove si possono riesaminare i fatti, ma un controllo di legittimità sulla corretta applicazione della legge e sulla logicità della motivazione della sentenza precedente. Per questo motivo, i ricorsi devono essere specifici e pertinenti.

Un motivo è inammissibile quando, come nel primo caso, manca di interesse, poiché il ricorrente ha già ottenuto ciò che chiede. È altresì inammissibile quando, come nel secondo caso, è generico, ossia non riesce a individuare un vizio specifico (violazione di legge o vizio di motivazione) nella sentenza impugnata, limitandosi a esprimere un dissenso generale. La Corte ha quindi ribadito che chi impugna una sentenza ha l’onere di confrontarsi criticamente con la sua motivazione, non potendo semplicemente riproporre le stesse argomentazioni già respinte.

Conclusioni

L’ordinanza in commento rappresenta un monito per chi intende adire la Corte di Cassazione. La presentazione di un ricorso richiede un’analisi tecnica e approfondita della sentenza che si intende contestare. Motivi superflui o generici non superano il vaglio di ammissibilità, con la conseguenza non solo di vedere confermata la condanna, ma anche di essere ulteriormente sanzionati con il pagamento delle spese processuali e di una somma a favore della Cassa delle ammende. La specificità e la pertinenza dei motivi sono, quindi, requisiti indispensabili per un’efficace tutela dei propri diritti nel processo penale.

Perché la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile per due ragioni: il primo motivo era infondato, poiché chiedeva il riconoscimento di un’attenuante (la fattispecie di lieve entità) che era già stata concessa dalla corte precedente. Il secondo motivo, relativo alla quantificazione della pena, è stato ritenuto troppo generico e non si confrontava in modo specifico con le motivazioni della sentenza impugnata.

Cosa significa che un motivo di ricorso è ‘del tutto generico’?
Secondo l’ordinanza, un motivo è ‘del tutto generico’ quando non articola una critica puntuale e specifica contro la motivazione della sentenza che si contesta, ma si limita a una lamentela vaga senza un reale confronto argomentativo con la decisione del giudice precedente.

Quali sono state le conseguenze per i ricorrenti dopo la dichiarazione di inammissibilità?
A seguito della dichiarazione di inammissibilità, i ricorrenti sono stati condannati non solo a pagare le spese del procedimento, ma anche a versare una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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