Ricorso Inammissibile: Quando la Cassazione Rigetta l’Appello per Motivi Generici
Presentare un ricorso in Cassazione richiede tecnica e precisione. Non è sufficiente essere in disaccordo con una sentenza di secondo grado; è necessario articolare critiche specifiche che evidenzino vizi di legittimità. Un’ordinanza recente della Corte di Cassazione chiarisce ancora una volta che un ricorso inammissibile è la conseguenza inevitabile di motivi generici e ripetitivi. Analizziamo questa decisione per comprendere i requisiti di un ricorso efficace e le ragioni che portano alla sua reiezione.
I Fatti del Processo
Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza della Corte d’Appello di Milano. La difesa sollevava diverse questioni, contestando:
1. L’attendibilità della persona offesa dal reato.
2. La qualificazione giuridica del fatto, che a dire della difesa doveva essere ricondotto a un tentativo e non a un reato consumato.
3. La configurabilità della recidiva contestata.
4. Il mancato riconoscimento della prevalenza delle circostanze attenuanti generiche sulle aggravanti.
5. L’eccessività della pena inflitta.
In sostanza, il ricorrente chiedeva alla Corte Suprema di riesaminare aspetti già ampiamente discussi e decisi nei gradi di merito.
La Decisione della Corte sul Ricorso Inammissibile
La Corte di Cassazione, con una decisione netta, ha dichiarato il ricorso inammissibile in ogni sua parte. Questa pronuncia non entra nel merito delle questioni sollevate, ma si ferma a un livello precedente, quello della validità stessa dell’impugnazione. La Corte ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende, una sanzione tipica per i ricorsi ritenuti inammissibili.
Le Motivazioni: La Critica alla Mancanza di Specificità del Ricorso
La Corte ha spiegato in modo dettagliato le ragioni della sua decisione, distinguendo tra i diversi gruppi di motivi.
Per quanto riguarda i primi tre motivi (attendibilità della vittima, qualificazione del reato e recidiva), i giudici hanno rilevato che essi costituivano una “pedissequa reiterazione” di argomenti già presentati e puntualmente respinti dalla Corte d’Appello. La sentenza di secondo grado aveva fornito una motivazione congrua, logica e aderente ai principi di diritto. Il ricorso, invece, non conteneva una critica argomentata e specifica contro tale motivazione, limitandosi a riproporre le stesse tesi. Per la Cassazione, un motivo di ricorso che non si confronta con la ratio decidendi della sentenza impugnata è solo apparentemente specifico e, pertanto, inammissibile.
Per gli ultimi due motivi (bilanciamento delle circostanze ed entità della pena), la Corte li ha giudicati manifestamente infondati. Ha ribadito due principi consolidati:
1. Giudizio di Comparazione tra Circostanze: La scelta di ritenere le circostanze attenuanti equivalenti alle aggravanti, anziché prevalenti, è una valutazione discrezionale tipica del giudice di merito. Questa scelta sfugge al sindacato della Cassazione se non è frutto di mero arbitrio o di un ragionamento palesemente illogico e se è sorretta da una motivazione sufficiente. Nel caso di specie, la Corte d’Appello aveva adeguatamente giustificato la sua decisione.
2. Graduazione della Pena: Anche la determinazione della pena rientra nella piena discrezionalità del giudice di merito, che la esercita seguendo i criteri degli articoli 132 e 133 del codice penale. La Cassazione non può sostituire la propria valutazione a quella del giudice di merito, ma solo verificare che la motivazione sia adeguata e non illogica.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche per la Difesa
Questa ordinanza offre un importante monito per la prassi legale. Un ricorso per cassazione non è un terzo grado di giudizio dove poter ridiscutere i fatti. È un giudizio di legittimità, volto a verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione. Per superare il vaglio di ammissibilità, è fondamentale che i motivi di ricorso non si limitino a riproporre le stesse difese, ma che contengano una critica mirata, specifica e argomentata delle ragioni esposte nella sentenza impugnata. Dimostrare perché il ragionamento del giudice d’appello è errato in diritto o manifestamente illogico è l’unica via per ottenere un esame nel merito da parte della Suprema Corte.
Perché un ricorso in Cassazione può essere dichiarato inammissibile?
Un ricorso può essere dichiarato inammissibile se i motivi presentati sono generici e si limitano a ripetere le argomentazioni già respinte nel grado precedente, senza una critica specifica e argomentata contro le motivazioni della sentenza impugnata.
Il giudizio sulla gravità della pena può essere contestato in Cassazione?
No, la graduazione della pena rientra nella discrezionalità del giudice di merito. Può essere contestata in Cassazione solo se la motivazione è palesemente illogica, arbitraria o del tutto assente, ma non per una semplice valutazione di eccessività.
Cosa significa che la valutazione delle circostanze attenuanti e aggravanti è insindacabile in sede di legittimità?
Significa che la Corte di Cassazione non può sostituire la propria valutazione a quella del giudice di merito sulla prevalenza o equivalenza tra circostanze attenuanti e aggravanti, a meno che la decisione non sia frutto di un ragionamento palesemente illogico o di un mero arbitrio e sia priva di una motivazione sufficiente.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 44880 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 44880 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 12/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME (CUI CODICE_FISCALE) nato a BUSTO ARSIZIO il 18/01/1973
avverso la sentenza del 27/03/2024 della CORTE APPELLO di MILANO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso presentato nell’interesse di NOME COGNOME
letta la memoria difensiva inviata in data 6 novembre 2024 con la quale vengono sostanzialmente ribaditi i motivi di ricorso;
ritenuto che i primi tre motivi di ricorso con i quali sono stati dedotti violazioni di legge e vizi di motivazione della sentenza impugnata in ordine alla attendibilità della persona offesa dal reato, nonché la corretta qualificazione giuridica del fattoreato (asseritamente riconducibile alla fattispecie del tentativo) e la configurabilità della contestata recidiva sono indeducibili perché fondati su motivi che si risolvono nella pedissequa reiterazione di quelli già dedotti in appello e puntualmente disattesi dalla Corte di merito con motivazione congrua, logica e corrispondente ai principi di diritto che regolano la materia, dovendosi gli stessi considerare non specifici ma soltanto apparenti, in quanto omettono di assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso;
considerato poi:
che il quarto ed il quinto motivo di ricorso nei quali si lamentano il mancato riconoscimento della prevalenza delle circostanze attenuanti generiche sulle contestate aggravanti e l’eccessività del trattamento sanzionatorio sono inammissibili in quanto manifestamente infondati in presenza quanto al primo profilo (si veda pag. 14 della sentenza impugnata) di una motivazione esente da evidenti illogicità, anche considerato il principio affermato da questa Corte, secondo cui il motivo di ricorso che contesta il giudizio di comparazione fra opposte circostanze non è consentito in sede di legittimità implicando una valutazione discrezionale tipica del giudizio di merito che sfugge al sindacato di legittimità qualora non sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico e sia sorretta da sufficiente motivazione, tale dovendo ritenersi quella che, per giustificare la soluzione dell’equivalenza, si sia limitata a ritenerla la più idonea a realizzare l’adeguatezza della pena irrogata in concreto (Sez. U, n. 10713 del 25/02/2010, COGNOME, Rv. 245931) e, quanto al secondo profilo, perché, secondo l’indirizzo consolidato della giurisprudenza, la graduazione della pena, anche in relazione agli aumenti ed alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti e per fissare la pena base rientra nella discrezionalità del giudice di merito, che la esercita in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen.;
che nella specie, quanto alla graduazione della pena l’onere argomentativo del giudice è stato adeguatamente assolto attraverso un congruo riferimento agli elementi ritenuti decisivi o rilevanti (si veda, in particolare pag. 15 della sentenza impugnata);
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 12 novembre 2024.