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Ricorso inammissibile: Cassazione e motivi di merito

La Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile presentato da un individuo condannato per furto e falsa denuncia. La Corte ha ribadito che non può riesaminare i fatti, ma solo verificare la corretta applicazione della legge. I motivi dell’imputato, che contestavano la ricostruzione dei fatti e la pena, sono stati giudicati generici e volti a ottenere una nuova valutazione del merito, non consentita in sede di legittimità.

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Pubblicato il 9 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso inammissibile: Quando la Cassazione non può riesaminare i fatti

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha confermato un principio fondamentale del nostro sistema processuale: il giudizio di legittimità non è una terza istanza di merito. Questo caso, che riguarda un furto e una successiva falsa denuncia, ci offre l’occasione per approfondire perché un ricorso inammissibile viene rigettato quando mira a una nuova valutazione dei fatti già accertati dai giudici di primo e secondo grado.

I Fatti di Causa

La vicenda giudiziaria ha origine dalla condanna di un uomo per due reati. Il primo era il furto aggravato di un misuratore d’acqua e il tentato furto di un autocarro parcheggiato in un cantiere. Il secondo reato, previsto dall’art. 367 del codice penale, era la simulazione di reato.

Per assicurarsi l’impunità, l’imputato aveva presentato una falsa denuncia per il furto del proprio telefono cellulare. In realtà, aveva dimenticato il telefono all’interno dell’autocarro durante il tentativo di furto, dove era stato poi ritrovato dagli inquirenti. Nella sua denuncia, aveva falsamente dichiarato che il telefono gli era stato sottratto mentre si trovava in un’altra auto di proprietà del fratello.

Sia il Tribunale che la Corte d’Appello avevano confermato la sua colpevolezza, condannandolo a nove mesi di reclusione e 200 euro di multa. L’imputato ha quindi deciso di presentare ricorso alla Corte di Cassazione.

La Decisione della Corte e il ricorso inammissibile

L’imputato ha basato il suo ricorso su due motivi principali:

1. Vizio di motivazione: Sosteneva che la sentenza d’appello fosse carente e contraddittoria. In particolare, contestava la ricostruzione dei fatti, mettendo in dubbio perché non fossero state effettuate telefonate dal suo cellulare dopo una certa ora e quale interesse avesse avuto a denunciare il furto di un telefono con una scheda SIM intestata a un’altra persona. Contestava inoltre la valutazione della testimonianza del fratello.

2. Trattamento sanzionatorio: Lamentava una motivazione insufficiente riguardo al bilanciamento tra attenuanti e aggravanti e alla determinazione della pena concreta.

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile in ogni sua parte, condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

Le Motivazioni della Sentenza

La Suprema Corte ha spiegato in modo dettagliato perché i motivi del ricorso non potessero essere accolti. Il primo motivo, il più corposo, è stato giudicato inammissibile perché proponeva censure di merito. L’imputato, infatti, non stava denunciando un errore di diritto o un vizio logico manifesto nella motivazione della Corte d’Appello, ma stava chiedendo alla Cassazione di effettuare una nuova e diversa valutazione delle prove e dei fatti. Questo è un compito che spetta esclusivamente ai giudici di merito (Tribunale e Corte d’Appello). La Cassazione ha ricordato il suo ruolo di giudice di legittimità, il cui compito è verificare la corretta applicazione delle norme e la coerenza logica della motivazione, non di sostituire la propria valutazione a quella dei giudici precedenti.

Inoltre, la Corte ha sottolineato che il ricorso era generico e aspecifico, in quanto riproponeva le stesse argomentazioni già respinte in appello, senza confrontarsi criticamente con le ragioni esposte nella sentenza impugnata. La Corte d’Appello, infatti, aveva fornito una motivazione logica e coerente su tutti i punti, smontando le contraddizioni del testimone e spiegando l’interesse dell’imputato alla falsa denuncia come un tentativo di sviare le indagini.

Anche il secondo motivo, relativo alla pena, è stato ritenuto infondato. La Cassazione ha ribadito che la determinazione della pena (la cosiddetta dosimetria della pena) rientra nell’ampio potere discrezionale del giudice di merito. Tale potere è sindacabile in sede di legittimità solo se la motivazione è assente, palesemente illogica o basata su criteri errati. Nel caso di specie, la Corte d’Appello aveva giustificato la sua decisione facendo riferimento alla spregiudicatezza dell’azione e ai precedenti penali dell’imputato, fornendo così una motivazione congrua e sufficiente.

Conclusioni

Questa sentenza riafferma un caposaldo del processo penale: il ricorso in Cassazione non è un terzo grado di giudizio dove si può ridiscutere l’intera vicenda. Per presentare un ricorso ammissibile, è necessario individuare specifici vizi di legge o difetti di motivazione gravi e manifesti, senza tentare di ottenere una nuova ricostruzione dei fatti più favorevole. La decisione sottolinea l’importanza di formulare motivi di ricorso specifici e pertinenti, che si confrontino direttamente con la decisione impugnata, pena la dichiarazione di un ricorso inammissibile e la condanna a ulteriori spese.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile dalla Corte di Cassazione?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi presentati dall’imputato non riguardavano errori di diritto, ma contestavano la valutazione dei fatti e delle prove (censure di merito). La Cassazione non può sostituire la propria valutazione a quella dei giudici di merito, ma solo verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione.

Qual è la differenza tra un motivo di merito e un motivo di legittimità in un ricorso?
Un motivo di merito riguarda la ricostruzione dei fatti e l’interpretazione delle prove (es. se un testimone è credibile). Un motivo di legittimità, l’unico che può essere esaminato dalla Cassazione, riguarda la violazione di una norma di legge o un vizio della motivazione della sentenza (es. motivazione assente, contraddittoria o manifestamente illogica).

È possibile contestare in Cassazione la quantità della pena decisa dal giudice?
Sì, ma solo entro limiti molto stretti. La determinazione della pena è un potere discrezionale del giudice di merito. Si può contestare in Cassazione solo se la motivazione a sostegno di tale scelta è completamente assente, manifestamente illogica o non rispetta i criteri legali previsti dall’art. 133 del codice penale. Non si può chiedere alla Cassazione semplicemente di applicare una pena più bassa perché ritenuta più giusta.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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