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Ricorso inammissibile: Cassazione e motivazioni generiche

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un imputato condannato per appropriazione indebita. La sentenza sottolinea che la mera riproposizione dei motivi d’appello, senza una critica specifica alla sentenza impugnata, rende il ricorso generico e quindi non meritevole di esame. La Corte ha confermato la condanna, evidenziando come la difesa non avesse fornito alcuna prova a sostegno della tesi dell’imputato quale mero ‘prestanome’.

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Pubblicato il 8 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: La Cassazione non è un Terzo Grado di Giudizio

La Corte di Cassazione ha recentemente ribadito un principio fondamentale del nostro sistema processuale: il ricorso per cassazione non può essere una semplice ripetizione delle argomentazioni già esposte in appello. Con la sentenza n. 11780 del 2024, i giudici hanno dichiarato un ricorso inammissibile, condannando il ricorrente al pagamento delle spese e di un’ammenda. Questo caso, riguardante un’accusa di appropriazione indebita, offre spunti cruciali sull’importanza di redigere un ricorso specifico e puntuale, che critichi efficacemente la sentenza impugnata.

La Vicenda Giudiziaria: Dall’Appropriazione Indebita al Ricorso in Cassazione

La vicenda processuale ha origine dalla condanna di un individuo, legale rappresentante di una società a responsabilità limitata, per il reato di appropriazione indebita. Sia il Tribunale di primo grado che la Corte d’Appello avevano confermato la sua colpevolezza, ritenendolo responsabile della mancata restituzione di beni presi in locazione.

Insoddisfatto della decisione, l’imputato ha proposto ricorso per cassazione, chiedendo l’annullamento della sentenza per violazione di legge e vizio di motivazione. La difesa ha basato le proprie argomentazioni su due punti principali: la presunta assenza dell’elemento soggettivo del reato e l’errata valutazione dell’entità del danno.

I Motivi del Ricorso e la Tesi Difensiva

Secondo la difesa, l’imputato era un semplice ‘prestanome’ e, essendo analfabeta, non aveva la capacità di comprendere la natura delle sue azioni. Di conseguenza, mancava la volontà colpevole necessaria per configurare il reato di appropriazione indebita. Si sosteneva, inoltre, che non si fosse appropriato di alcun bene. La difesa ha anche contestato la valutazione della pena, sostenendo che la Corte d’Appello avesse erroneamente considerato il danno non esiguo.

La Decisione della Cassazione: Quando un Ricorso è Inammissibile?

La Suprema Corte ha respinto completamente le argomentazioni della difesa, dichiarando il ricorso inammissibile. La decisione si fonda su un consolidato orientamento giurisprudenziale: non basta riproporre le stesse censure già presentate in appello. È necessario, invece, un confronto critico e specifico con le ragioni esposte nella sentenza che si intende impugnare.

La Genericità come Vizio Capitale

I giudici hanno osservato che i motivi del ricorso erano in larga parte una riproduzione testuale dei motivi d’appello, già disattesi dalla Corte territoriale. Mancava una critica puntuale e argomentata delle ragioni per cui la Corte d’Appello aveva rigettato quelle stesse difese. Questo approccio rende il ricorso generico e, come tale, inammissibile.

L’Onere della Prova e la Condotta dell’Imputato

La Corte ha inoltre sottolineato come la tesi difensiva del ‘prestanome’ non fosse stata in alcun modo dimostrata, neppure a livello di semplici asserzioni verbali, dato che l’imputato non è mai comparso in giudizio. Al contrario, la sua partecipazione attiva alla conclusione del contratto di locazione e alla ricezione dei beni smentiva la sua presunta estraneità ai fatti.

Le Motivazioni

Le motivazioni della Cassazione sono chiare e didattiche. La Corte ribadisce che i motivi di ricorso che si limitano a riprodurre pedissequamente le censure già dedotte in appello, senza confutare le argomentazioni della sentenza impugnata, sono inammissibili. La funzione della Cassazione non è quella di riesaminare i fatti come un giudice di terzo grado, ma di verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione. Nel caso di specie, la difesa non ha indicato specificamente i vizi della sentenza d’appello, ma si è limitata a contestare in modo assertivo la correttezza della decisione. La Corte d’Appello aveva correttamente ritenuto non provata la tesi del ‘prestanome’ e inammissibile la richiesta generica di riduzione della pena. La valutazione sulla non esiguità del danno, basata su canoni mensili non pagati di oltre 675 euro, è stata giudicata incensurabile dalla Suprema Corte.

Le Conclusioni

Questa sentenza è un monito importante per la pratica legale. Per avere successo in Cassazione, non è sufficiente essere in disaccordo con una sentenza d’appello; è indispensabile articolare una critica precisa, logica e giuridicamente fondata contro le specifiche argomentazioni del giudice precedente. Un ricorso che si limita a ripetere vecchie tesi senza affrontare le motivazioni della decisione impugnata è destinato a essere dichiarato inammissibile, con la conseguenza di rendere definitiva la condanna e di aggravare la posizione del ricorrente con l’addebito delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

Perché la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile?
La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile perché riproduceva in modo pedissequo le censure già dedotte in appello, senza formulare una critica puntuale e specifica alle argomentazioni contenute nella sentenza impugnata, risultando così generico.

È sufficiente affermare di essere un ‘prestanome’ per escludere la propria responsabilità penale?
No, secondo questa sentenza non è sufficiente. La tesi difensiva di essere un mero ‘prestanome’ deve essere dimostrata. In questo caso, la partecipazione attiva dell’imputato alla conclusione del contratto e alla ricezione dei beni contraddiceva tale affermazione, che è rimasta priva di qualsiasi prova.

Quali sono le conseguenze economiche di un ricorso dichiarato inammissibile?
Oltre alla condanna che diventa definitiva, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro (in questo caso, tremila euro) in favore della cassa delle ammende, a causa della colpa nella determinazione della causa di inammissibilità.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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