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Ricorso inammissibile: Cassazione e motivazione

La Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile presentato da due soggetti condannati per ricettazione. Il motivo è la genericità e la natura meramente ripetitiva delle argomentazioni, già respinte in appello. La Corte sottolinea che non basta presentare una tesi alternativa, ma è necessario indicare vizi logici specifici nella sentenza impugnata. Di conseguenza, i ricorrenti sono stati condannati al pagamento delle spese e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 22 luglio 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: Quando l’Appello è una Copia del Precedente

Presentare un ricorso in Cassazione richiede tecnica, precisione e, soprattutto, motivi nuovi e specifici. Quando un’impugnazione si limita a ripetere le stesse argomentazioni già respinte nei gradi di giudizio precedenti, il rischio è quello di vedersi dichiarare il ricorso inammissibile, con conseguente condanna alle spese. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci offre un chiaro esempio di questa dinamica, delineando i confini tra un legittimo diritto alla difesa e un tentativo infruttuoso di rimettere in discussione una decisione già motivata.

Il Caso: Dalla Condanna per Ricettazione al Ricorso in Cassazione

La vicenda processuale ha origine dalla condanna di due persone per il reato di ricettazione (art. 648 c.p.) e per un’altra fattispecie di reato. La condanna, emessa dal Tribunale di una grande città del sud Italia, è stata successivamente confermata dalla Corte d’Appello.

Non soddisfatti della decisione, i due imputati, tramite il loro difensore, hanno proposto ricorso per Cassazione, sollevando due questioni principali:

1. La violazione dell’art. 648, secondo comma, del codice penale, che prevede una pena attenuata per i fatti di particolare tenuità.
2. La presunta mancanza di motivazione della sentenza d’appello nel respingere questa stessa richiesta.

In sostanza, i ricorrenti sostenevano che la Corte d’Appello non avesse adeguatamente spiegato perché non fosse applicabile l’ipotesi più lieve del reato, legata al modesto valore del bene ricettato (un’autovettura).

Ricorso inammissibile per genericità: L’Analisi della Cassazione

La Corte di Cassazione ha stroncato le argomentazioni dei ricorrenti, dichiarando il ricorso inammissibile. La ragione è netta e istruttiva: il ricorso era meramente reiterativo. Le questioni sollevate erano le stesse già presentate e respinte con motivazione adeguata dalla Corte d’Appello.

L’onere della specificità dei motivi

I giudici supremi hanno ribadito un principio cardine del processo di cassazione: non è sufficiente lamentare genericamente un’ingiustizia o riproporre una tesi difensiva alternativa. Per essere ammissibile, il ricorso deve indicare “precise carenze od omissioni argomentative ovvero illogicità della motivazione” della sentenza impugnata. Deve, in altre parole, smontare il ragionamento del giudice precedente, evidenziandone i difetti logici o le mancanze fattuali, non semplicemente contrapporre una diversa lettura dei fatti.

La valutazione del valore del bene

Nello specifico, la Cassazione ha osservato come la Corte d’Appello avesse, in realtà, motivato la sua decisione di non applicare l’attenuante della particolare tenuità. Il giudice di secondo grado aveva considerato il valore dell’autovettura ricettata come un elemento sufficiente a escludere la configurabilità dell’ipotesi lieve del reato. La censura dei ricorrenti, quindi, è stata giudicata generica e non in grado di scalfire la coerenza della decisione appellata.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte ha motivato la declaratoria di inammissibilità evidenziando che i ricorrenti si erano limitati a opporre una “generica censura di insufficienza della motivazione e di uso di formule preformate”. Questa critica è stata definita “manifestamente smentita” dall’esistenza di una motivazione aderente alle specificità del caso concreto. La sentenza d’appello, infatti, aveva affrontato la questione del trattamento sanzionatorio, distinguendo le condotte e la capacità delinquenziale di ciascun imputato. Citando un proprio precedente (sent. n. 30918/2015), la Corte ha ricordato che è inammissibile un ricorso che si limita a lamentare l’omessa valutazione di una tesi alternativa senza indicare precise carenze argomentative.

Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza è un monito per chiunque intenda impugnare una sentenza di condanna. La presentazione di un ricorso in Cassazione non è una terza occasione per discutere il merito dei fatti. È, invece, un controllo di legittimità sulla corretta applicazione della legge e sulla logicità della motivazione. Un ricorso che si limiti a ripetere doglianze già esaminate e respinte è destinato all’inammissibilità. Le conseguenze non sono solo la conferma della condanna, ma anche, come in questo caso, la condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria (nella fattispecie, 3.000 euro a testa) a favore della cassa delle ammende, a causa della colpa nel determinare la causa di inammissibilità.

Quando un ricorso per cassazione viene considerato inammissibile?
Un ricorso è considerato inammissibile quando è meramente ripetitivo di questioni già respinte nei gradi precedenti, oppure quando si limita a lamentare genericamente una valutazione senza indicare precise carenze, omissioni o illogicità nella motivazione della sentenza impugnata.

Perché la Corte ha respinto la richiesta di applicare l’ipotesi di reato meno grave (art. 648, secondo comma, c.p.)?
La Corte ha ritenuto inammissibile la doglianza perché la Corte d’Appello aveva già escluso tale ipotesi basandosi su una motivazione specifica, ovvero il valore dell’autovettura ricettata, ritenuto non così esiguo da giustificare l’attenuante della particolare tenuità del fatto.

Quali sono le conseguenze per chi presenta un ricorso inammissibile per colpa?
Chi presenta un ricorso dichiarato inammissibile per colpa viene condannato al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma di denaro in favore della cassa delle ammende, il cui importo è fissato equitativamente dal giudice.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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