Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 42858 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 42858 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 26/09/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato il DATA_NASCITA, nato in Costa D’Avorio avverso l’ordinanza del 25/06/2024 del TRIBUNALE di PERUGIA;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo che il ricorso venga dichiarato inammissibile;
lette le conclusioni del difensore del ricorrente, AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso, con ogni conseguente statuizione.
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di Perugia, con ordinanza del 25/06/2024, ha rigettato la richiesta di riesame proposta nell’interesse di NOME avverso l’ordinanza del G.i.p. del Tribunale di Perugia di applicazione della misura cautelare della custodia in carcere emessa a seguito di arresto in flagranza e convalida per il delitto ascritto di rapina.
Avverso il predetto provvedimento ha proposto ricorso per cassazione, per mezzo del proprio difensore, il NOME COGNOME deducendo un unico motivo di ricorso, con il quale ha contestato la valutazione resa dal Tribunale in ordine alla sussistenza della provvista indiziaria, rilevando la ricorrenza di violazione di legge e motivazione illogica e contraddittoria, attesa la mancata considerazione delle dichiarazioni rese dal ricorrente e la accertata ricorrenza di un alterco tra lo stesso e la persona offesa piuttosto che una rapina.
Il Procuratore generale ha chiesto che il ricorso venga dichiarato inammissibile.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile perché proposto con motivo del tutto generico, oltre che manifestamente infondato e reiterativo.
In via preliminare giova ribadire il costante principio che chiarisce come in tema di misure cautelari personali il controllo di legittimità non concerne né la ricostruzione dei fatti, né l’apprezzamento del giudice di merito circa l’attendibilità delle fonti e la rilevanza e concludenza dei dati probatori, sicché sono inammissibili quelle censure che, pur investendo formalmente la motivazione si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione di circostanze già esaminate dal giudice di merito (Sez. F, n. 47748 del 11/08/2014, Rv. 261400-01).
Il Tribunale del riesame ha fornito una lettura chiara e persuasiva quanto alla ricorrenza sia della provvista indiziaria, caratterizzata da evidente gravità, che quanto alle caratteristiche specifiche della condotta imputata per rapina. In tal senso sono state tratte, conformemente alle motivazioni dell’ordinanza genetica, conclusioni univoche e logicamente articolate, tutt’altro che apparenti, derivanti dalle particolari modalità di commissione del reato, dalla chiara volontà di imporsi in modo evidentemente violento sulla persona offesa e sottrargli beni di sua proprietà.
La difesa, di fatto, omette del tutto di confrontarsi con i plurimi elementi evidenziati dalla motivazione e si limita a proporre una lettura alternativa di elementi di indagine acquisiti, proponendo una propria personale considerazione, caratterizzata nella sostanza da una visione parcellizzata e limitata della logica motivazione resa sul punto dal Tribunale del riesame, senza reale confronto con gli elementi addotti per evidenziare l’attualità e concretezza anche delle esigenze cautelari in relazione ad una consistente provvista indiziaria (si veda in tal senso pag. 1 della ordinanza impugnata dove è stata valorizzata anche il verbale di sequestro dal quale emergeva la disponibilità in capo al ricorrente del cellulare di proprietà della persona offesa in assenza di valida giustificazione), tanto da risolversi in mere petizioni di principio, senza alcun richiamo al materiale oggetto di indagine.
All’inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma, stimata equa, di euro tremila in favore della Cassa delle ammende ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma /-ter, disp.att. cod. proc.pen.
Così deciso il 26 settembre 2024.