Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 46092 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 46092 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 05/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOMECUI 000IZCS) nato a NOVARA il 15/06/1966
avverso la sentenza del 05/04/2023 della CORTE APPELLO di TORINO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
IN FATTO E IN DIRITTO
Letto il ricorso proposti nell’interesse di NOME COGNOME
considerato che il primo motivo di ricorso, con cui si contesta vizio di motivazione in relazione alla affermazione di responsabilità per il reato truffa ascritto all’odierno ricorrente, non è consentito in sede di legittimità, oltre che manifestamente infondato;
che, invero, pur avendo formalmente lamentato un vizio motivazionale, con la suddetta doglianza si è, invero, censurata null’altro che una decisione erronea perché fondata su una valutazione sbagliata del materiale probatorio posto dalla Corte territoriale a base del suo convincimento, prospettando una diversa lettura dei dati processuali, una differente ricostruzione storica dei fatti e un diverso giudizio di rilevanza o comunque di attendibilità delle fonti di prova, in assenza di una pertinente individuazione di specifici travisamenti di emergenze processuali, e senza tenere in considerazione che è precluso alla Corte di cassazione, non solo di sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi, ma anche di saggiare la tenuta logica della pronuncia portata alla sua cognizione, mediante un raffronto tra l’apparato argomentativo che la sorregge ed eventuali altri modelli di ragionamento mutuati dall’esterno (tra le altre, Sez. U, n. 12 del 31/05/2000, COGNOME, Rv. 216260);
che, il giudice di merito, con motivazione esente da vizi riconducibili alle categorie di cui all’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc pen., ha esplicitato compiutamente le congrue e non illogiche ragioni del suo convincimento (si vedano, in particolare, pagg. 3 e 4 della impugnata sentenza), facendo applicazione di corretti argomenti giuridici ai fini della dichiarazione di responsabilità e della sussistenza del reato;
osservato che anche il secondo motivo di ricorso, con cui si contesta vizio motivazionale in ordine alla mancata omissione della recidiva contesta e la mancata applicazione delle circostanze attenuanti generiche, è manifestamente infondato, poiché in primis deve rilevarsi come la Corte territoriale abbia fatto corretta applicazione (si veda, in particolare, pag. 4 della impugnata sentenza) dei principi della giurisprudenza di legittimità, secondo cui la valutazione del giudice non può fondarsi esclusivamente sulla gravità dei fatti e sull’ arco temporale in cui questi risultano consumati, essendo egli tenuto ad esaminare in concreto, in base ai criteri di cui all’art. 133 cod. pen., il rapporto esistente tra il fatto per cui procede e le precedenti condanne, verificando se ed in quale misura la pregressa condotta criminosa sia indicativa di una perdurante inclinazione al delitto che abbia influito quale fattore criminogeno per la commissione del reato “sub iudice”; in secundis, va rilevato che i giudici di appello nel motivare il diniego delle circostanze attenuanti ex art.62-bis cod. pen. si sono conformati all’orientamento di questa
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56-24042/2024
Corte, secondo cui il diniego delle suddette circostanze può essere legittimamente giustificato con l’assenza di elementi o circostanze di segno positivo (ex plurimis, Sez. 3, n. 24128 del 18/03/2021, COGNOME, Rv. 281590; Sez. 1, n. 39566 del 16/02/2017, COGNOME, Rv. 270986; Sez. 3, n. 44071 del 25/09/2014, COGNOME, Rv. 260610), potendosi valorizzare in tal senso anche i soli precedenti penali (cfr., ad es., Sez. 3, n. 34947 del 03/11/2020, S., Rv. 280444; Sez. 6, n. 57565 del 15/11/2018, COGNOME, Rv. 274783; Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017, COGNOME, Rv. 271269);
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 5 novembre 2024.