Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 6403 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 6403 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 21/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOMECOGNOME nato ad Ardore il 01/05/1974
avverso la sentenza del 03/07/2024 della Corte d’appello di Torino dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di NOME COGNOME
considerato che il primo motivo di ricorso, con cui si lamenta violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla ritenuta configurabilità del reato di cui all’art. 642 cod. pen. ascritto all’odierno ricorrente, in particolare sotto il pro oggettivo, è formulato in termini non consentiti in questa sede, risultando generico per indeterminatezza, in quanto privo dei requisiti prescritti dall’art. 581, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., non enunciando con la dovuta puntualità gli elementi di fatto e le ragioni di diritto che sono alla base della censura formulata, con i correlati congrui riferimenti e la necessaria critica alle argomentazioni poste a base del decisum, così non consentendo al giudice dell’impugnazione di individuare i rilievi mossi ed esercitare il proprio sindacato;
osservato che il secondo, il terzo e il quarto motivo di ricorso a loro volta non sono formulati in termini consentiti dinanzi a questa Corte, poiché – pur formalmente diretti a contestare vizio di motivazione e l’ultimo dei tre anche
violazione di legge per avere i giudici di merito ritenuto sussistente l’elemento soggettivo del reato ascritto al ricorrente – risultano invero tesi a contestare una decisione erronea perché fondata su una valutazione asseritamente sbagliata del materiale probatorio posto a base del decisum dai giudici di merito: questi ultimi avrebbero, in sostanza, confermato la condanna dell’COGNOME sulla base di indizi non gravi, precisi e concordanti, violando la regola dell’«oltre ogni ragionevole dubbio»;
che, dunque, le suddette censure formulate nei termini poc’anzi descritti prospettano una diversa lettura dei dati processuali, una diversa ricostruzione storica dei fatti e un diverso giudizio di rilevanza delle fonti di prova, mentre tut ciò esula dal sindacato dinanzi a questa Corte, alla quale è preclusa la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata ovvero l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, anche qualora indicati dal ricorrente come maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa rispetto a quelli adottati dal giudice del merito (cfr., Sez. 6, n. 5465 del 04/11/2020, F., Rv. 280601; Sez. 6, n. 47204 del 07/10/2015, COGNOME, Rv. 265482; Sez. 1, n. 42369 del 16/11/2006, COGNOME, Rv. 235507; cfr., ancora, Sez. 6, n. 22256 del 26/04/2006, Bosco, Rv. 234148);
che, con particolare riguardo alle doglianze con cui la difesa ha lamentato il mancato esame del computer dell’COGNOME, che avrebbe invece rappresentato prova decisiva ai fini della sua assoluzione, deve ribadirsi come la scelta, tra i var elementi di prova, di quelli ritenuti più idonei a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice del merito, il quale, nel porre a fondamento della propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento;
che, ancora, è appena il caso di segnalare che, per costante giurisprudenza di questa Corte, la regola di giudizio compendiata nella formula “al di là di ogni ragionevole dubbio” rileva in sede di legittimità esclusivamente ove la sua violazione si traduca nella illogicità manifesta e decisiva della motivazione della sentenza, non potendo la Corte di cassazione sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi (cfr., in tal senso, Sez. 2, n. 28957 del 03/04/2017, COGNOME, Rv. 270108 – 01; Sez. 4, n. 2132 del 12/01/2021, Maggio, Rv. 280245 – 01), essendo il proprio sindacato limitato, per espressa volontà del legislatore, a riscontrare l’esistenza dì un logico apparato argomentativo, senza possibilità di verifica della rispondenza della motivazione alle acquisizioni processuali (Sez. U, n. 47289 del 24/09/2003, COGNOME, Rv. 226074);
ritenuto che anche l’ultimo motivo di ricorso, con cui si contesta il giudizio sulla pena per non avere i giudici di merito applicato le circostanze attenuanti ex
art. 62-bis cod. pen. e determinato la pena nella misura del minimo edittale, non è consentito in questa sede, oltre che manifestamente infondato per le seguenti ragioni: in primis, deve sottolinearsi come il ricorrente abbia rivendicato un inesistente diritto al minimo della pena, dovendosi, invece, a tal proposito, sottolineare che il trattamento sanzionatorio da irrogare rientra nel potere discrezionale del giudice di merito, che lo esercita in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen., cosicché nel giudizio di cassazione è comunque inammissibile la censura che miri ad una nuova valutazione della congruità della pena, la cui determinazione non sia frutto di arbitrio o di ragionamento illogico (Sez. 3, n. 29968 del 22/02/2019, COGNOME, Rv. 276288; Sez. 2, n. 39716 del 12/07/2018, COGNOME, Rv. 273819, in motivazione; Sez. 2, n. 36104 del 27/04/2017, COGNOME, Rv. 271243; Sez. 5, n. 5582 del 30/09/2013, dep. 2014, COGNOME, Rv. 259142); e in secundis deve sottolinearsi come, premesso che il giudice del merito esprime a tal riguardo un giudizio di fatto, la cui motivazione è insindacabile in questa sede, purché non illogica o frutto di mero arbitrio, nel caso di specie i giudici di appello (come emerge dalla pag. 5 dell’impugnata sentenza) hanno congruamente esplicato le ragioni poste a base del diniego delle circostanze attenuanti di cui all’art. 62-bis cod. pen., in conformità con l’indirizzo consolidato nella giurisprudenza di legittimità secondo cui il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche può essere legittimamente giustificato con l’assenza di elementi o circostanze di segno positivo (Sez. 3, n. 24128 del 18/03/2021, COGNOME, Rv. 281590; Sez. 1, n. 39566 del 16/02/2017, COGNOME, Rv. 270986; Sez. 3, n. 44071 del 25/09/2014, COGNOME, Rv. 260610), potendosi valorizzare in quest’ottica anche i soli precedenti penali del prevenuto (cfr., ad es., Sez. 3, n. 34947 del 03/11/2020, S., Rv. 280444; Sez. 6, n. 57565 del 15/11/2018, COGNOME, Rv. 274783; Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017, COGNOME, Rv. 271269); Corte di Cassazione – copia non ufficiale rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 21 gennaio 2025.