Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 37477 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 37477 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 25/09/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto nell’interesse di COGNOME nato a TORRE ANNUNZIATA il DATA_NASCITA avverso la sentenza del 11/01/2024 della CORTE DI APPELLO di NAPOLI visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; sentite le richieste del PG COGNOME, che ha concluso chiedendo che il ricorso venga dichiarato inammissibile; sentite le conclusioni dell’AVV_NOTAIO, per il ricorrente, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso e l’annullamento della sentenza impugnata.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza impugnata, la Corte di appello di Napoli, in parziale riforma della pronuncia emessa in data 12 gennaio 2023 dal Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Torre Annunziata, ha assolto NOME COGNOME dai reati di cui agli artt. 10-12-14, I. 14 ottobre 1974, n. 497, a lui ascritti ai capi 1-bis), 2bis), 3-bis), 4-bis), 5-bis), 6-bis), 7-bis), 8-bis), 9-bis), 10-bis), 11-bis), 12 13-bis) e 14-bis), confermando nel resto la condanna in relazione ai delitti di rapina di cui ai capi 1), 2), 3), 4), 5), 6), 7), 8), 9), 10), 11), 12), 13) e 14)
NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione, a mezzo del proprio difensore, formulando sette motivi di impugnazione, che qui si riassumono nei termini di cui all’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Contraddittorietà della motivazione in relazione alla valutazione di irrilevanza della consulenza tecnica antropometrica, ove si escludeva con certezza – avuto riguardo all’effettiva consistenza delle immagini della videosorveglianza che il soggetto ivi ripreso fosse il ricorrente.
2.2. Carenza della motivazione in relazione alle dichiarazioni rese dai testi COGNOME (tenute in considerazione solo in parte contra reum, pretermettendo il doveroso scrutinio di attendibilità), NOME COGNOME e NOME COGNOME (in ordine all’individuazione del ciclomotore usato per le rapine), NOME COGNOME (il quale – al contrario di COGNOME, COGNOME, COGNOME, COGNOME – non ha mai riferito di un graffio sulla carrozzeria dello scooter suddetto).
2.3. Carenza della motivazione in relazione alle argomentazioni difensive inerenti la credibilità della persona offesa NOME COGNOME.
2.4. Carenza della motivazione in relazione alla ricostruzione delle modalità commissive delle rapine, in particolare per quanto emerge, a fronte delle dichiarazioni del teste NOME COGNOME, dal fotogramma riportato a p. 65 dell’att di appello, non preso in considerazione dalla Corte di appello.
2.5. Contraddittorietà della motivazione e travisamento della prova, per quel che concerne le rapine di cui ai capi 6 e 7, che, al contrario di quanto affermato nella sentenza di secondo grado, non sarebbero state perpetrate con le medesime modalità operative e indossando il medesimo abbigliamento.
2.6. Carenza della motivazione in relazione alle rapine di cui ai capi 1, 2, 3 e 8, non avendo i giudici di appello fornito risposta alle deduzioni difensive incentrate sui fotogrammi da cui sarebbe stato fatto discendere il riconoscimento dell’imputato quale autore dei fatti.
2.7. Violazione di legge in relazione all’art. 133 cod. pen., dal momento che a fronte dell’assoluzione per quattordici capi di imputazione, ciascuno dei quali punito, a titolo di continuazione, con un mese di reclusione, la riduzione poi effettivamente operata dalla Corte napoletana è stata di soli dodici mesi.
All’odierna udienza pubblica, le parti presenti hanno concluso come da epigrafe.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile, perché proposto con motivi manifestamente infondati, generici e non consentiti.
In primo luogo, la Corte di appello muove dal presupposto che le immagini estrapolate dal sistema di videosorveglianza, per la distanza dall’obiettivo e per le
condizioni di illuminazione in orario notturno, siano perlopiù inidonee a una «seria comparazione antropometrica» (in ciò convenendo con il consulente della difesa), ma consentano, nondimeno, di valorizzare la tipologia del motociclo e l’abbigliamento di chi era a bordo. L’affermazione, con ogni evidenza, non è affatto contraddittoria e risulta, pertanto, corretta la valutazione di irrilevanza del consulenza antropometrica prodotta dalla difesa.
Il primo motivo è, dunque, aspecifico e manifestamente infondato.
Tutti i motivi dal secondo al sesto, che evidenziano, con un approccio sterilmente frammentario al complessivo compendio istruttorio, labilissime divergenze tra le varie testimonianze, sono in primo luogo generici, in assenza di prova di resistenza in relazione alla idoneità della loro ipotetica espunzione dal materiale probatorio a disarticolare la tenuta logica della motivazione, a fronte di una ricostruzione basata soprattutto su molteplici convergenti dichiarazioni, sulle immagini e sulle indagini relative al noleggio dello scooter e alla fuga al posto di blocco (pp. 20-21).
In ogni caso, il ricorrente propone una rinnovata ponderazione delle emergenze processuali, alternativa a quella correttamente effettuata dai giudici di merito, introducendo problematiche che esulano dai limiti cognitivi del giudizio di legittimità. La Corte territoriale, con motivazione che non palesa alcuna incongruenza o illogicità, ha ampiamente illustrato gli elementi a carico del ricorrente, evidenziando in concreto l’univocità e la concordanza del quadro indiziario. In particolare, la valutazione della attendibilità della persona offesa d reato rappresenta una questione di fatto che ha una propria chiave di lettura nel compendio motivazionale fornito dal giudice e non può essere rivalutata in sede di legittimità, salvo che il giudice non sia incorso in manifeste contraddizioni (ex plurimis, Sez. 6, n. 27322 del 14/04/2008, COGNOME, Rv. 240524-01; Sez. 3, n. 8382 del 22/01/2008, COGNOME, Rv. 239342-01; Sez. 6, n. 443 del 04/11/2004, dep. 2005, COGNOME, Rv. 230899-01).
Tutti i suddetti motivi, come appresso specificato nel dettaglio, non superano, quindi, la soglia dell’ammissibilità, in quanto aspecifici, reiterativi e meramente confutativi.
3.1. Per quanto attiene, nello specifico, al secondo motivo, si osserva come i giudici di merito abbiano valutato credibile il racconto – preciso, circostanziato e, soprattutto, riscontrato dalle immagini delle telecamere di sicurezza di tutti gl impianti e dalle dichiarazioni delle altre persone offese – di COGNOME, dipendente di uno dei distributori di carburante rapinati il 1 febbraio 2022, il quale, oltre delitto perpetrato ai suoi danni, fu anche testimone oculare di altri due analoghi reati, avendo seguito, con il proprio mezzo, i due autori della scorreria. A fronte di ciò, restano – implicitamente ma chiaramente – disattese le perplessità del
ricorrente su marginalissime discrasie (peraltro, ben spiegabili con un semplice richiamo del contesto territoriale) in ordine alla mancata tempestiva richiesta di intervento delle Forze dell’ordine.
Del pari, non si rinvengono cesure logiche tra quanto riferito da COGNOME e da COGNOME in ordine alla tipologia di motociclo utilizzato dai rapinatori (motociclo Piaggio Beverly 300, senza segni particolari, nero, con parabrezza piccolo), dal momento che le censure difensive sul punto si fondano su immagini, tutt’altro che nitide, che non lasciano affatto escludere la presenza di un «parabrezza piccolo» (cosiddetto “deflettore”).
Ancora meno rilevante il fatto che uno dei soggetti rapinati non abbia menzionato un graffio sul motorino (circostanza che, in frangenti di intuibile concitazione, può evidentemente essere sfuggita).
3.2. La difesa dubita, secondo quando dedotto nel terzo motivo, anche dell’attendibilità di un’ulteriore persona offesa, NOME COGNOME (citando poi, in maniera non perspicua, anche il collega NOME COGNOME), in particolare avendo costui riferito che la visiera del casco era di colore scuro, di modo che non gli era stato possibile vedere le fattezze del rapinatore, che impugnava la pistola con la mano sinistra; viceversa, emergerebbe dai fotogrammi una visiera trasparente e, in altro episodio della medesima giornata, l’impugnatura destrorsa.
Le stringate doglianze sono insuperabilmente aspecifiche, non distinguendo tra i due diversi giorni in cui furono commesse le rapine alla stazione di servizio Full di cui ai capi 4 e 9, e non consentite, laddove postulano una nuova ponderazione di singole emergenze probatorie, mediante rilievi concretamente inconsistenti e inidonei a superare gli elementi di riconoscimento indicati alle pp. 24 -25 della sentenza.
3.3. Analogamente, con il quarto motivo, il ricorrente si sofferma sulla tempistica e sul contenuto (a suo dire parzialmente contraddittorio, sempre a proposito del graffio sullo scooter) delle dichiarazioni rese da NOME COGNOME, persona offesa della rapina di cui al capo 5. Le doglianze non si confrontano minimamente, tuttavia, con la congrua argomentazione dei giudici di appello – p. 26 – che rilevano, con dovizia di riflessioni, come le perplessità difensive si scontrino con «la complessiva attendibilità del COGNOME», coinvolto anche nel precedente delitto del 27 gennaio 2022, dovendosi leggere la sua narrazione in maniera necessariamente unitaria.
3.4. Non sussiste neppure il travisamento della prova eccepito con il quinto motivo in relazione ai capi 6 e 7 (rectius, la contraddizione tra le informazioni offerte dai testi NOME e NOME). In primo luogo, il colore del motoveicolo Piagg Beverly è semplicemente descritto dai due dichiaranti in termini diversi, ma niente affatto incompatibili («scuro» e «verde satinato»), anche tenuto conto del fatto
che si era in entrambi i casi già oltre l’imbrunire. I due distributori risultano esse distanti tra loro alcuni chilometri (cfr., più in generale, sentenza di appello, p. 1 «diversi distributori, tutti concentrati in una zona circoscritta»), senza che venga in rilievo, come pure sostenuto dalla difesa, l’appartenenza a diversi comuni, restando del tutto indifferente la posizione dei rispettivi capoluoghi. Gli eserciz commerciali depredati dai rapinatori ben possono, quindi, essere stati raggiunti, l’uno dopo l’altro, nell’arco di qualche minuto. Anche in questo caso, la reiterazione delle deduzioni in tema di impugnatura dell’arma con la mano destra o con la mancina non risultano dirimenti, a fronte delle ulteriori solide risultanze valorizzate in sentenza.
3.5. Quanto alle rapine del 10 gennaio 2022, le censure articolate nel sesto motivo e relative al diverso abbigliamento dei due còrrei, a detta del ricorrente malamente individuati nei rispettivi ruoli, risultano manifestamente prive di fondamento, laddove trascurano la pari responsabilità concorsuale dell’odierno imputato e dell’altro concorrente rimasto ignoto.
Insuperabilmente generiche risultano altresì le contestazioni difensive attinenti alla mancanza di credibilità dei testi COGNOME, COGNOME, COGNOME e COGNOME, anche in questo caso in merito a particolari di dettaglio che non influiscono sul quadro generale del singolo delitto (l’immediata disponibilità di immagini di videosicurezza, l’aver notato specifici particolari del motoveicolo, la presenza del graffio – indicata subito o solo in successive dichiarazioni – sulla carena del Beverly, la presumibile età del rapinatore, il suo mancinismo) e, a fortiori, della complessiva ricostruzione dell’intera sequenza delittuosa.
Il settimo motivo, infine, è manifestamente infondato.
In ordine ai delitti di detenzione e porto illecito d’arma da fuoco, il Tribunal ha, in effetti, computato un aumento di un solo mese per ciascuna delle quattordici singole violazioni. Nondimeno, il calcolo finale operato in primo grado era errato per eccesso nelle sue conclusioni aritmetiche, poiché alla pena base di nove anni di reclusione (in disparte ogni considerazione sulla pena pecuniaria, per cui era stato operato irritualmente un unico aumento, senza distinzioni tra i vari capi) sono stati aggiunti un anno e due mesi per le violazioni alla legge sulle armi, dieci mesi complessivi per i due capi 4 e 14, otto mesi complessivi per i due capi 10 e 11 e ulteriori diciotto mesi (due per ciascuno dei nove delitti residui). La somma, prima delle riduzione per il rito, avrebbe dovuto, però, essere di tredici anni e due mesi, e non di tredici anni e sei mesi, come affermato nella sentenza di primo grado.
Questo errore nel computo della pena non è stato oggetto di appello (cfr. atto di gravame, p. 100, dove le stringatissime censure riguardano soltanto l’allontanamento dai minimi edittali e la concessione delle attenuanti generiche).
Correttamente, dunque, la Corte di appello, limitandosi espressamente, nei soli limiti di quanto devolutole, «alla sola espunzione dal calcolo della pena degli aumenti operati a titolo di continuazione per i quattordici capi di imputazione per i quali oggi vi è pronuncia assolutoria», ha ripercorso nei suoi singoli addendi senza ripetere l’errore di calcolo finale, né violare il divieto della reformatio in peius – la sommatoria delle pene irrogate per le imputazioni residue, negli stessi esatti termini già singolarmente individuati dal Tribunale (e comprensivi della pena pecuniaria), pervenendo al corretto risultato finale di dodici anni di reclusione, poi ridotti, ex art. 442 cod. proc. pen., a otto anni.
Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile.
Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali e, a titolo di sanzione pecuniaria, di una somma in favore della Cassa delle ammende, da liquidarsi equitativamente, valutati i profili di colpa emergenti dall’impugnazione (Corte cost., 13 giugno 2000, n. 186), nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 25 settembre 2024