Ricorso Inammissibile: Quando la Cassazione non può riesaminare i fatti
Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci offre un’importante lezione sui confini del giudizio di legittimità, ribadendo un principio fondamentale del nostro sistema processuale: la Suprema Corte non è un terzo grado di giudizio dove si possono rivalutare le prove. Il caso in esame, che ha portato a dichiarare il ricorso inammissibile, riguarda una condanna per detenzione di sostanze stupefacenti a fini di spaccio, confermata sia in primo grado che in appello.
I Fatti del Processo
L’imputato era stato condannato nei primi due gradi di giudizio per la detenzione di una quantità di droga corrispondente a circa 64 dosi medie. La sua responsabilità, in particolare la destinazione della sostanza a terzi, era stata accertata sulla base di una serie di elementi probatori concordanti. Oltre al dato quantitativo dello stupefacente, i giudici di merito avevano valorizzato il ritrovamento di una cospicua somma di denaro, circa 6.000 euro, occultata in un armadio. Altri fattori decisivi erano stati la situazione reddituale del nucleo familiare, ritenuta incompatibile con l’acquisto di tale quantità di droga per uso personale, e la presenza di strumentazione per il taglio della sostanza. Sulla base di questo quadro probatorio, la Corte d’Appello aveva confermato la condanna.
Le Doglianze del Ricorrente e il Ricorso Inammissibile
L’imputato ha proposto ricorso per Cassazione, cercando di smontare la ricostruzione dei fatti operata dai giudici di merito. Le sue censure si concentravano sulla valutazione del materiale probatorio e sulla logicità della motivazione. In sostanza, il ricorrente chiedeva alla Suprema Corte di effettuare una nuova e diversa valutazione degli stessi elementi già esaminati nei precedenti gradi di giudizio.
Questo approccio si è scontrato con un ostacolo insormontabile: i limiti intrinseci del giudizio di legittimità. La Corte di Cassazione non ha il potere di riesaminare i fatti o di sostituire la propria valutazione delle prove a quella del giudice di merito. Il suo compito è verificare che la legge sia stata applicata correttamente e che la motivazione della sentenza sia logica, coerente e non manifestamente illogica. Poiché le censure sollevate erano di puro merito, il ricorso inammissibile era l’unica conseguenza possibile.
Le Motivazioni della Cassazione
La Corte ha spiegato in modo chiaro perché le argomentazioni della difesa non potevano trovare accoglimento. In primo luogo, ha ribadito che la ricostruzione del fatto e l’apprezzamento delle prove sono attività rimesse alla competenza esclusiva del giudice di merito. Nel caso specifico, la motivazione della Corte d’Appello è stata giudicata congrua, adeguata e basata su corretti criteri di inferenza e massime di esperienza condivisibili.
I giudici di legittimità hanno poi affrontato due punti specifici sollevati dal ricorrente:
1. Mancata consulenza tecnica: La difesa lamentava il mancato espletamento di una consulenza tecnica su un coimputato. La Corte ha osservato che tale richiesta era stata implicitamente abbandonata in primo grado e, pertanto, non poteva essere riproposta validamente in appello.
2. Violazione dell’art. 131-bis c.p.: Il ricorrente aveva chiesto l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, ma lo aveva fatto in modo generico. La Cassazione ha ritenuto il motivo inammissibile perché non supportato da argomentazioni specifiche che ne giustificassero l’applicazione al caso concreto.
Infine, la Corte ha concluso che gli elementi valorizzati dai giudici di merito (dato ponderale, denaro, situazione reddituale, strumentazione) costituivano un quadro logico e coerente per affermare la destinazione a terzi dello stupefacente, insindacabile in sede di legittimità.
Conclusioni: L’Insegnamento della Corte
La decisione in commento è un monito fondamentale per chiunque intenda impugnare una sentenza penale dinanzi alla Corte di Cassazione. Non è sufficiente essere in disaccordo con la valutazione del giudice; è necessario individuare vizi specifici di violazione di legge o di manifesta illogicità della motivazione. Tentare di ottenere una terza valutazione dei fatti si traduce inevitabilmente in una declaratoria di inammissibilità del ricorso, con conseguente condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria, come previsto dall’art. 616 c.p.p. La Corte di Cassazione non è e non può essere un giudice del fatto, ma un custode della corretta applicazione del diritto.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché le censure proposte riguardavano la ricostruzione dei fatti e la valutazione delle prove, attività che sono di competenza esclusiva del giudice di merito (primo grado e appello) e non possono essere riesaminate dalla Corte di Cassazione nel giudizio di legittimità.
Quali elementi hanno convinto i giudici che la droga fosse destinata allo spaccio e non all’uso personale?
I giudici hanno basato la loro decisione su una pluralità di elementi logicamente collegati: la quantità significativa di stupefacente (64 dosi medie), il ritrovamento di una cospicua somma di denaro (circa 6.000 euro), una situazione reddituale incompatibile con l’acquisto per uso personale e la presenza di strumenti per tagliare la sostanza.
È possibile contestare in Cassazione la mancata applicazione della non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.)?
Sì, ma il motivo deve essere specifico e non generico. Nel caso di specie, la Corte ha ritenuto inammissibile la doglianza perché il ricorrente l’aveva dedotta solo genericamente, senza argomentare in modo puntuale le ragioni per cui avrebbe dovuto essere applicata.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 23089 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 23089 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 15/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a GIUSSANO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 19/05/2023 della CORTE APPELLO di MILANO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
N. 144)
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso proposto da NOME COGNOME avverso sentenza recante l’affermazione di responsabilità in ordine al reato ascritto è inammissibile, perché contenente censure non consentite nel giudizio di legittimità, in quanto concernenti la ricostruzione e la valutazi del fatto nonché l’apprezzamento del materiale probatorio, profili del giudizio rimessi all esclusiva competenza del giudice di merito che ha fornito una congrua e adeguata motivazione, immune da censure di manifesta illogicità perché basata su corretti criteri di inferenza, espressi in un ragionamento fondato su condivisibili massime di esperienza.
Contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, nessuna nullità appare rinvenibile in ordine al mancato espletamento di consulenza tecnica sulla persona della coimputata COGNOME, trattandosi di richiesta implicitamente rinunciata dalla difesa de ricorrente in sede di primo grado, quindi non reiterabile in sede di appello, come rilevato dall Corte territoriale.
Quanto ai profili di responsabilità, i giudici di merito hanno compiutamente e motivatamente accertato la destinazione a terzi dello stupefacente in sequestro, in considerazione di plurimi elementi logicamente valorizzati, quali: il dato ponderale (64 dosi medie), la significativa somma di denaro (circa 6.000 euro) occultata in un armadio, la situazione reddituale del nucleo familiare del prevenuto, incompatibile con l’acquisto della droga, la presenza di strumentazione per il taglio della sostanza stupefacente; tutti elementi che non possono essere rimessi in discussione nella presente sede di legittimità. La violazione dell’art. 131-bis cod. pen. è stata solo genericamente dedotta dal ricorrente, pertanto i motivo sul punto è inammissibile.
Segue, a norma dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al pagamento a favore della Cassa delle ammende, non emergendo ragioni di esonero, della somma di C 3.000,00 a titolo di sanzione pecuniaria.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 15 maggio 2024