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Ricorso inammissibile: Cassazione e limiti del giudizio

La Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile avverso una condanna per appropriazione indebita. La sentenza sottolinea che non è possibile riproporre in sede di legittimità questioni di mero fatto o motivi generici già valutati nei precedenti gradi di giudizio. Viene inoltre confermata la legittimità della riammissione nei termini per la costituzione di parte civile della persona offesa e la correttezza del diniego della sospensione condizionale della pena basato su precedenti, seppur estinti.

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Pubblicato il 8 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: Quando la Cassazione Chiude la Porta a Motivi Generici

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 11835/2024, offre un importante chiarimento sui limiti del giudizio di legittimità, dichiarando un ricorso inammissibile e ribadendo principi fondamentali della procedura penale. Questa decisione evidenzia come la Corte non sia una terza istanza di merito, ma un organo deputato a garantire la corretta applicazione della legge. Analizziamo il caso per comprendere le ragioni dietro questa pronuncia e le sue implicazioni pratiche.

I Fatti del Caso: Appropriazione Indebita e la Doppia Condanna

La vicenda processuale ha origine da una condanna per il reato di appropriazione indebita, aggravata ai sensi dell’art. 61, n. 11, cod. pen. L’imputato era stato ritenuto responsabile sia in primo grado dal Tribunale sia in secondo grado dalla Corte di Appello. Le corti di merito avevano accertato che l’imputato si era appropriato indebitamente di beni di cui aveva il possesso per ragioni professionali. Nonostante la duplice condanna, l’imputato decideva di presentare ricorso per cassazione, affidandosi a diversi motivi di doglianza.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

Il difensore dell’imputato ha articolato il ricorso su quattro punti principali, cercando di scardinare la decisione della Corte d’Appello:

1. Violazione di norme processuali: Si contestava la legittimità della restituzione nel termine concessa alle persone offese per costituirsi parte civile, sostenendo che tale rimedio fosse applicabile solo a chi è già parte del processo.
2. Erronea applicazione della legge penale: Si negava la sussistenza degli elementi costitutivi del reato di appropriazione indebita, in particolare l’interversione del possesso, affermando che le parti civili non avessero provato la consegna di determinata documentazione.
3. Vizio di motivazione: Si criticava la valutazione di attendibilità delle persone offese effettuata dai giudici di merito.
4. Mancata concessione dei benefici: Si lamentava il diniego della sospensione condizionale della pena e della non menzione nel casellario giudiziale, ritenendolo immotivato.

La Decisione della Cassazione: un Ricorso Inammissibile

La Suprema Corte ha rigettato in toto le argomentazioni della difesa, dichiarando il ricorso inammissibile per manifesta infondatezza e genericità. La Corte ha esaminato ciascun motivo, spiegando perché nessuno di essi potesse trovare accoglimento in sede di legittimità.

Sul primo punto, la Cassazione ha ribadito un orientamento consolidato: la persona offesa può essere restituita nel termine per la costituzione di parte civile se non ha potuto rispettarlo per caso fortuito o forza maggiore. Questo principio, in armonia con le garanzie di partecipazione al processo, si applica anche nella fase delle indagini preliminari, quando non vi sono ancora parti in senso tecnico, ma solo soggetti del procedimento.

Riguardo al secondo e terzo motivo, la Corte ha sottolineato la loro natura prettamente fattuale. Il ricorrente, infatti, non denunciava un vizio di legittimità, ma tentava di ottenere una nuova e diversa valutazione delle prove e della credibilità dei testimoni, attività preclusa in Cassazione. La Corte d’Appello aveva fornito una motivazione logica e coerente, basata su un complesso di elementi probatori, e il ricorso si limitava a riproporre le stesse tesi difensive già disattese, senza un reale confronto critico con la sentenza impugnata.

Infine, anche il quarto motivo è stato giudicato manifestamente infondato. La Corte d’Appello aveva correttamente motivato il diniego dei benefici, valorizzando la presenza di precedenti condanne (seppur estinte) che rendevano la prognosi sul futuro comportamento dell’imputato sfavorevole. Di fronte a tale argomentazione, il ricorrente si era limitato a un’allegazione generica, insufficiente a scalfire la logicità della decisione.

Le Motivazioni della Corte

Le motivazioni della Cassazione si fondano su un principio cardine: il giudizio di legittimità non è una terza istanza di merito. I ricorsi che si limitano a reiterare doglianze già esaminate e respinte, o che propongono una lettura alternativa delle prove senza individuare vizi logici o giuridici manifesti nella decisione impugnata, sono destinati all’inammissibilità. La Corte ha specificato che i motivi devono essere specifici e confrontarsi puntualmente con le argomentazioni della sentenza d’appello, non limitarsi a una generica riproposizione delle proprie tesi. La decisione di dichiarare il ricorso inammissibile è quindi una diretta conseguenza del mancato rispetto di questi requisiti essenziali.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche

Questa sentenza è un monito per chi intende adire la Corte di Cassazione: è fondamentale che il ricorso sia fondato su vizi di legittimità chiaramente individuati e non su una mera speranza di riesame del merito. La specificità dei motivi e un confronto critico con la sentenza impugnata sono presupposti imprescindibili. Per le vittime di reato, viene confermata un’importante garanzia processuale, ossia la possibilità di essere riammesse a costituirsi parte civile anche se il termine è scaduto per cause non imputabili. Infine, la decisione sul diniego dei benefici di legge ricorda che la valutazione prognostica del giudice si basa su tutti gli elementi a disposizione, inclusi i precedenti penali, anche se estinti.

È possibile presentare in Cassazione motivi che riguardano una nuova valutazione dei fatti o della credibilità dei testimoni?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che non è un giudice di terza istanza del merito. I ricorsi che mirano a ottenere una diversa valutazione delle prove o dell’attendibilità delle persone offese, già adeguatamente motivate nei gradi precedenti, sono considerati inammissibili.

La persona offesa dal reato può essere riammessa nei termini per costituirsi parte civile anche se non era ancora una ‘parte’ del processo?
Sì, la sentenza conferma l’orientamento secondo cui la restituzione nel termine, prevista dall’art. 175 cod. proc. pen., si applica anche alla persona offesa che non abbia potuto costituirsi parte civile per caso fortuito o forza maggiore. Tale garanzia è estesa anche alla fase delle indagini preliminari.

Precedenti condanne, anche se estinte, possono impedire la concessione della sospensione condizionale della pena?
Sì, la Corte di Appello ha legittimamente negato i benefici sulla base di precedenti condanne, seppur estinte. La Cassazione ha ritenuto questa motivazione non censurabile, in quanto tali precedenti possono essere considerati elementi ostativi a una prognosi favorevole sul futuro comportamento dell’imputato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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