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Ricorso inammissibile: Cassazione e limiti del giudizio

La Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile in materia di stupefacenti. L’imputato aveva contestato la qualificazione del reato e il diniego delle attenuanti, ma i motivi sono stati ritenuti una mera riproposizione di censure già esaminate e una richiesta di rivalutazione dei fatti, estranea al giudizio di legittimità. La decisione comporta la condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 29 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: Quando la Cassazione Mette un Punto Fermo

L’ordinanza in esame della Corte di Cassazione offre un chiaro esempio di come un ricorso inammissibile venga gestito nel nostro sistema giudiziario, delineando nettamente i confini del giudizio di legittimità. Quando un imputato tenta di portare davanti alla Suprema Corte questioni che sono già state decise nel merito, il risultato è una declaratoria di inammissibilità con conseguenze economiche significative. Analizziamo questa decisione per comprendere meglio le regole del processo penale.

I Fatti del Caso: un Appello Respinto

La vicenda processuale ha origine da una condanna per un reato legato agli stupefacenti. L’imputato, dopo la sentenza di primo grado, si era rivolto alla Corte d’Appello, la quale aveva confermato la sua responsabilità. Non soddisfatto della decisione, l’imputato ha proposto ricorso per Cassazione, contestando diversi aspetti della sentenza d’appello.

Le sue doglianze si concentravano su tre punti principali:
1. La presunta mancanza di una parte della motivazione della sentenza di primo grado.
2. L’errata qualificazione giuridica del fatto, che a suo dire doveva rientrare nell’ipotesi di lieve entità prevista dall’art. 73, comma 5, del Testo Unico Stupefacenti.
3. Il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche.

I Motivi del Ricorso e il Ruolo della Cassazione

L’imputato ha tentato di convincere la Suprema Corte a riconsiderare elementi già ampiamente valutati dai giudici di merito. Tuttavia, il ruolo della Corte di Cassazione non è quello di un terzo grado di giudizio dove si possono riesaminare i fatti. Il suo compito è il cosiddetto “sindacato di legittimità”: verificare che la legge sia stata applicata correttamente e che la motivazione della sentenza impugnata sia logica e non contraddittoria.

Chiedere una “rivalutazione e/o alternativa rilettura delle fonti probatorie”, come ha fatto il ricorrente, esula completamente dalle competenze della Cassazione. Si tratta, in sostanza, di una richiesta di riesaminare le prove, un’attività riservata esclusivamente ai giudici di primo e secondo grado.

La Decisione sul Ricorso Inammissibile

La Corte di Cassazione ha rapidamente concluso per l’inammissibilità del ricorso. I giudici hanno osservato che i motivi proposti non erano altro che la riproduzione di censure già adeguatamente esaminate e respinte con argomentazioni corrette dalla Corte d’Appello. Quest’ultima, infatti, aveva già spiegato perché la parte mancante della prima sentenza non era rilevante, perché il reato non poteva essere considerato di lieve entità e per quali ragioni erano state negate le attenuanti generiche.

Di fronte a motivi meramente riproduttivi e finalizzati a una nuova valutazione dei fatti, la Corte non ha potuto fare altro che dichiarare il ricorso inammissibile.

Le Motivazioni della Corte

La motivazione della Cassazione è sintetica ma incisiva. I giudici supremi hanno evidenziato che i motivi del ricorso erano tesi a sollecitare una rivalutazione delle fonti di prova, un’operazione estranea al sindacato di legittimità. La Corte ha rilevato che le censure erano state già “adeguatamente vagliate e disattese con corretti argomenti giuridici dal Giudice di merito”. La Corte d’Appello aveva fornito una motivazione completa su tutti i punti contestati: aveva chiarito che la parte mancante della sentenza di primo grado riguardava la ricostruzione dei fatti, elementi non contestati in appello; aveva giustificato la sussistenza del reato nella sua forma non lieve (art. 73, comma 1, d.P.R. 309/90); e aveva spiegato le ragioni del diniego delle attenuanti generiche. Poiché il ricorso non presentava vizi di legittimità ma solo un dissenso sulla valutazione del merito, è stato dichiarato inammissibile.

Le Conclusioni

La decisione riafferma un principio fondamentale della procedura penale: il ricorso in Cassazione deve basarsi su specifiche violazioni di legge o vizi logici della motivazione, non sulla semplice speranza di ottenere una nuova valutazione dei fatti. Proporre un ricorso con argomentazioni generiche o meramente ripetitive non solo è inutile, ma anche controproducente. La conseguenza diretta dell’inammissibilità è stata, infatti, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di 3.000 euro in favore della Cassa delle ammende. Questa sanzione serve a disincentivare ricorsi pretestuosi che appesantiscono il lavoro della Suprema Corte e ritardano la giustizia.

Perché un ricorso in Cassazione può essere dichiarato inammissibile?
Un ricorso è dichiarato inammissibile quando, come in questo caso, non solleva questioni sulla corretta applicazione della legge, ma si limita a riproporre le stesse argomentazioni già respinte nei gradi precedenti o chiede alla Corte di rivalutare i fatti e le prove, compito che non le spetta.

Cosa significa che la Cassazione esercita un “sindacato di legittimità”?
Significa che la Corte di Cassazione non riesamina i fatti del processo per decidere chi ha torto o ragione nel merito, ma controlla solo che i giudici precedenti abbiano applicato correttamente le norme giuridiche e abbiano motivato la loro decisione in modo logico e coerente.

Quali sono le conseguenze di un ricorso inammissibile?
La conseguenza principale è la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro (in questo caso, 3.000 euro) a favore della Cassa delle ammende, come sanzione per aver avviato un ricorso privo dei presupposti di legge.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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