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Ricorso inammissibile: Cassazione e limiti del giudizio

La Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile avverso una condanna per violenza o minaccia a pubblico ufficiale. L’ordinanza chiarisce che non è possibile chiedere alla Suprema Corte una nuova valutazione delle prove, presentare motivi per la prima volta in sede di legittimità o riproporre censure già respinte. La decisione ribadisce i confini invalicabili del giudizio di Cassazione, limitato al solo controllo di legittimità.

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Pubblicato il 19 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: Quando la Cassazione Mette un Punto Fermo

L’ordinanza in esame della Corte di Cassazione offre un chiaro esempio pratico del concetto di ricorso inammissibile nel processo penale. Questa decisione non entra nel merito della vicenda, ma si ferma prima, stabilendo che le ragioni presentate dal ricorrente non sono idonee a superare il vaglio di ammissibilità della Suprema Corte. Analizziamo insieme perché un ricorso, anche se formalmente presentato, può essere bloccato sul nascere, confermando la condanna precedente.

I Fatti del Caso

Un imputato, condannato dalla Corte d’Appello di Messina per il reato previsto dall’art. 336 del codice penale (violenza o minaccia a un pubblico ufficiale), ha presentato ricorso per cassazione. L’obiettivo era ottenere l’annullamento della sentenza di condanna, basando il proprio appello su una serie di motivi che, tuttavia, la Suprema Corte ha giudicato non meritevoli di essere esaminati nel merito.

L’inammissibilità del ricorso e i limiti del giudizio di Cassazione

I motivi presentati dal ricorrente sono stati tutti dichiarati inammissibili per ragioni diverse, che delineano perfettamente i confini del giudizio di legittimità. Vediamoli nel dettaglio:

1. La richiesta di una nuova valutazione delle prove

Il primo motivo lamentava l’inosservanza di norme sulla valutazione della prova e la violazione del principio ‘oltre ogni ragionevole dubbio’. In sostanza, si chiedeva alla Cassazione di rivalutare la testimonianza chiave del processo in modo diverso da come aveva fatto il giudice di merito. La Corte ha ribadito un principio cardine: il suo ruolo non è quello di un ‘terzo giudice’ che può riesaminare i fatti. La valutazione delle prove è un compito esclusivo dei giudici di primo e secondo grado. Prospettare una ‘lettura alternativa’ delle risultanze processuali non costituisce un vizio di legittimità, ma una richiesta di un nuovo giudizio di merito, inammissibile in questa sede.

2. La riproposizione di censure già respinte

Il secondo e il quarto motivo del ricorso erano ‘riproduttivi’. L’imputato, cioè, si è limitato a ripresentare le stesse argomentazioni già adeguatamente esaminate e respinte con motivazioni corrette dalla Corte d’Appello. Nello specifico, si trattava della richiesta di derubricare il reato in semplice minaccia e del mancato riconoscimento delle attenuanti generiche. Riproporre le medesime censure senza evidenziare specifici vizi logici o giuridici nella sentenza impugnata porta inevitabilmente a una dichiarazione di inammissibilità.

3. La presentazione di motivi nuovi

Infine, il terzo motivo è stato dichiarato inammissibile perché sollevato per la prima volta davanti alla Cassazione. Nel processo penale, non è consentito introdurre nuove questioni o argomenti direttamente in sede di legittimità, se non sono stati precedentemente sottoposti al giudice d’appello.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione, con una motivazione sintetica ma incisiva, ha smontato ogni singolo motivo di ricorso. Ha chiarito che il tentativo di ottenere una ‘diversa lettura degli elementi di fatto’ esula completamente dai suoi poteri. Il giudizio di legittimità è un controllo sulla corretta applicazione delle norme di diritto e sulla logicità della motivazione della sentenza impugnata, non un’occasione per rivedere l’intero processo. Per quanto riguarda gli altri motivi, la Corte ha sottolineato come la riproposizione di censure già disattese e l’introduzione di nuove questioni siano cause classiche di ricorso inammissibile, che impediscono qualsiasi discussione sul merito della controversia.

Le Conclusioni

La decisione finale è stata la dichiarazione di inammissibilità del ricorso, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro a favore della Cassa delle ammende. Questa ordinanza rappresenta un’importante lezione pratica: l’accesso alla Corte di Cassazione è rigorosamente limitato a specifici vizi di legittimità. Non è una terza istanza di giudizio dove si possono rimettere in discussione le valutazioni di fatto. Un ricorso deve essere tecnicamente ben impostato, focalizzandosi su errori di diritto o vizi logici manifesti della motivazione, altrimenti il suo destino sarà, come in questo caso, una secca dichiarazione di inammissibilità.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi presentati non erano validi per un giudizio di Cassazione: uno chiedeva una nuova valutazione delle prove, attività riservata ai giudici di merito; un altro introduceva un argomento per la prima volta in questa sede; altri due si limitavano a ripetere censure già esaminate e respinte dalla Corte d’Appello.

È possibile chiedere alla Corte di Cassazione di riesaminare una testimonianza?
No, non è possibile. La Corte di Cassazione svolge un giudizio di legittimità, controllando solo la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione. La valutazione delle prove, come le testimonianze, è di competenza esclusiva dei tribunali di primo e secondo grado.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso penale?
La dichiarazione di inammissibilità rende definitiva la sentenza impugnata. Inoltre, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma in denaro alla Cassa delle ammende, come sanzione per aver adito la Corte con un ricorso privo dei requisiti di legge.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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