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Ricorso inammissibile: Cassazione e limiti al riesame

La Corte di Cassazione ha dichiarato un ricorso inammissibile presentato da un’imputata condannata per riciclaggio. I motivi sono stati respinti perché uno tendeva a una nuova valutazione dei fatti, non consentita in sede di legittimità, e l’altro era manifestamente infondato, poiché il beneficio richiesto era già stato concesso. La ricorrente è stata condannata al pagamento delle spese processuali.

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Pubblicato il 3 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: Quando la Cassazione non può riesaminare i fatti

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha ribadito un principio fondamentale del nostro sistema processuale: il giudizio di legittimità non è una terza istanza di merito. Questa decisione emerge da un caso di riciclaggio e chiarisce i limiti invalicabili del ricorso in Cassazione, definendo quando un ricorso inammissibile comporta non solo la conferma della condanna, ma anche ulteriori sanzioni pecuniarie per il ricorrente.

I Fatti di Causa

Il caso ha origine dalla condanna di un’imputata per il reato di riciclaggio, previsto dall’art. 648-bis del codice penale. La condotta contestata consisteva nell’aver ostacolato l’identificazione della provenienza di una somma di denaro, derivante dalla clonazione di una carta di pagamento. La sentenza di primo grado, emessa dal Giudice per le indagini preliminari, è stata integralmente confermata dalla Corte d’Appello, che ha ritenuto provata la responsabilità penale dell’imputata.

I Motivi del Ricorso e la decisione sul ricorso inammissibile

La difesa ha presentato ricorso alla Corte di Cassazione basandosi su due principali motivi:

1. Violazione di legge e vizi di motivazione: L’imputata sosteneva la non configurabilità degli elementi del reato, l’assenza di prove sulla sua condotta e sulla movimentazione della somma contestata (€ 89,00) sul proprio conto.
2. Omessa motivazione sul trattamento sanzionatorio: Si lamentava la mancata applicazione d’ufficio della sospensione condizionale della pena, nonostante l’assenza di precedenti penali e il riconoscimento delle attenuanti generiche.

La Corte Suprema ha esaminato entrambi i punti, giungendo a una declaratoria di inammissibilità totale del ricorso. Questa decisione si fonda su argomentazioni distinte per ciascun motivo, che delineano chiaramente il perimetro del giudizio di legittimità.

Analisi del Primo Motivo di Ricorso

Per quanto riguarda la contestazione sulla responsabilità penale, la Cassazione ha stabilito che le censure sollevate dalla difesa non miravano a evidenziare vizi logici o giuridici nella motivazione della sentenza d’appello, bensì a proporre una ricostruzione dei fatti alternativa e più favorevole all’imputata. Questo tentativo di ottenere una ‘rilettura’ degli elementi di prova è stato considerato inammissibile. La Corte ha infatti ribadito che la valutazione del merito, ovvero l’analisi dei fatti e delle prove, è una prerogativa esclusiva dei giudici di primo e secondo grado. Alla Cassazione spetta solo il compito di verificare che la motivazione sia esente da vizi logici e che la legge sia stata applicata correttamente.

Analisi del Secondo Motivo di Ricorso

Il secondo motivo è stato giudicato manifestamente infondato. La Corte ha rilevato che, contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa, la Corte d’Appello aveva dato atto che il beneficio della sospensione condizionale della pena era già stato concesso all’imputata dal giudice di primo grado. La doglianza, pertanto, era basata su un presupposto fattuale errato, rendendola priva di qualsiasi fondamento.

Le Motivazioni

La motivazione della Corte di Cassazione si poggia su principi consolidati. Il rigetto del primo motivo si basa sulla netta distinzione tra giudizio di merito e giudizio di legittimità. Come richiamato dalla stessa Corte attraverso una storica sentenza delle Sezioni Unite, non rientra nei poteri della Cassazione rivalutare le prove o sostituire il proprio giudizio a quello del giudice di merito, qualora la decisione impugnata sia supportata da una motivazione coerente e priva di errori giuridici. Dichiarare un ricorso inammissibile in questi casi serve a preservare la funzione nomofilattica della Corte Suprema.
La manifesta infondatezza del secondo motivo, invece, rappresenta un vizio talmente evidente da non richiedere un esame approfondito, portando direttamente a una declaratoria di inammissibilità.

Conclusioni

L’ordinanza in esame offre un importante monito: il ricorso in Cassazione deve essere fondato su vizi specifici di legittimità e non può trasformarsi in un tentativo di ottenere un terzo grado di giudizio sul fatto. Un ricorso che mira a una semplice rivalutazione delle prove o che si basa su presupposti errati non solo verrà dichiarato inammissibile, ma comporterà anche la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende. Questa decisione rafforza la funzione della Corte di Cassazione come custode della corretta interpretazione della legge, sanzionando l’abuso dello strumento processuale.

Perché il motivo di ricorso sulla responsabilità penale è stato dichiarato inammissibile?
È stato dichiarato inammissibile perché tendeva a ottenere una nuova e diversa ricostruzione dei fatti, proponendo una valutazione delle prove diversa da quella dei giudici di merito. Questo tipo di riesame è escluso dalle competenze della Corte di Cassazione, che si occupa solo della corretta applicazione della legge e della logicità della motivazione.

La Corte di Cassazione può riesaminare le prove come un giudice d’appello?
No. Come chiarito dalla sentenza, la Corte di Cassazione non ha il potere di effettuare una ‘rilettura’ degli elementi di fatto. La sua funzione è quella di giudice di legittimità, non di merito. Può annullare una sentenza solo se la motivazione è illogica, contraddittoria o se è stata violata la legge, ma non può sostituire la propria valutazione dei fatti a quella dei giudici precedenti.

Perché il secondo motivo di ricorso, sulla sospensione condizionale della pena, è stato respinto?
È stato giudicato manifestamente infondato perché si basava su un presupposto errato. La difesa lamentava la mancata concessione del beneficio, ma la Corte ha accertato che la sospensione condizionale della pena era già stata riconosciuta all’imputata nella sentenza di primo grado. La richiesta era quindi priva di oggetto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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