Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 31337 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 31337 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOMENOME COGNOME
Data Udienza: 24/06/2025
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da: NOME nato a BARI il 22/11/1980 COGNOME NOME nato a TRIGGIANO il 07/04/1986
avverso la sentenza del 01/10/2024 della CORTE APPELLO di BARI
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con sentenza del 10 ottobre 2024 la Corte di appello di Bari, in parziale riforma della pronuncia del locale Tribunale del 12 dicembre 2023, ha rideterminato la pena inflitta a COGNOME NOME e COGNOME NOME, esclusa per entrambi la recidiva contestata, nella misura di anni due di reclusione ed euro 2.666,00 di multa per ciascuno in ordine a tre ipotesi di reato ex artt. 110 cod. pen. e 73, comma 5, D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309.
Avverso tale sentenza hanno proposto ricorso per cassazione gli imputati, a mezzo dei loro difensore, deducendo, con due differenti atti: violazione di legge e vizio di motivazione con riguardo all’omessa concessione delle circostanze attenuanti generiche (COGNOME NOME); vizio di motivazione in ordine all’erronea configurazione della responsabilità penale per i delitti ascrittile; violazione legge e vizio di motivazione con riferimento al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche (COGNOME NOME).
I ricorsi devono essere dichiarati inammissibili, in quanto proposti con motivi non deducibili in questa sede di legittimità.
2.1. Ed infatti, con riferimento alla prima doglianza eccepita da parte di COGNOME NOME, deve essere osservato come esuli dai poteri della Corte di Cassazione quello di una «rilettura» degli elementi di fatto, posti a sostegno della decisione, il cui apprezzamento è riservato in via esclusiva al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali (Sez. U, n. 6402 del 30/04/1997, COGNOME, Rv. 207945-01).
La Corte regolatrice ha rilevato che, anche dopo la modifica dell’art. 606, lett. e), cod. proc. pen., per effetto della legge 20 febbraio 2006, n. 46, rest immutata la natura del sindacato che la Corte di Cassazione può esercitare sui vizi della motivazione, essendo rimasta preclusa, per il giudice di legittimità, la pura e semplice rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione o l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione o valutazione dei fatti (Sez. 5, n. 17905 del 23/03/2006, COGNOME, Rv. 234109-01).
In sede di legittimità, pertanto, non sono consentite censure che si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito (cfr., ex multis, Sez. 6, n. 22445 del 08/05/2009, Candita, Rv. 244181-01).
Delineato nei superiori termini l’orizzonte del presente scrutinio di legittimità, deve essere osservato, allora, come la ricorrente in realtà invochi
un’inammissibile considerazione alternativa del compendio probatorio in atti, e, quindi, una rivisitazione del potere discrezionale riservato al giudice di merito in punto di valutazione della prova e di qualificazione dei fatti delittuosi, senza confrontarsi, con la dovuta specificità, con l’iter logico-giuridico seguito dal Corte territoriale per affermare la sua responsabilità penale in ordine ai reati contestatile (cfr. p. 5).
2.2. Parimenti inammissibile è la censura con cui i due ricorrenti hanno lamentato la mancata concessione in loro favore delle circostanze attenuanti generiche, considerato che la motivazione resa dalla Corte di appello ben rappresenta e giustifica, in punto di diritto, le ragioni per cui il giudice di secon grado ha ritenuto di negare il riconoscimento del beneficio ex art. 62-bis cod. pen. agli imputati, esprimendo una motivazione priva di vizi logici e coerente con le emergenze processuali, in quanto tale insindacabile in sede di legittimità (cfr. p. 5 della sentenza impugnata).
All’inammissibilità dei ricorsi segue, per legge, la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali ed alla somma di euro 3.000,00 ciascuno in favore della Cassa delle ammende, non ravvisandosi ragioni di esonero (Corte Cost., sent. n. 186/2000).
P. Q. M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000,00 ciascuno in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 24 giugno 2025