Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 34768 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 34768 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 19/06/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME NOME nato a FIRENZE il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato a POLISTENA il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato a MILANO il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato a MILANO il DATA_NASCITA NOME COGNOME nato a MILANO il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato a ROMA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 12/06/2023 della CORTE APPELLO di MILANO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; sulle conclusioni del Pubblico Ministero, che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità ricorsi
(fK
RITENUTO IN FATTO
1.La Corte di appello di Milano il 12 giugno 2023, in parziale riforma, per quanto in questa sede rileva, della sentenza, appellata dagli imputati, con cui il G.u.p. del Tribunale di Milano il 4 marzo 2022, all’esito del giudizio abbreviato, ha riconosciuto NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME responsabili dei reati di cui si dirà, ebbene:
decidendo ai sensi dell’art. 599-bis cod. proc. pen. nei confronti del solo NOME COGNOME, riconosciuta la continuazione tra i fatti di cui ai capi B) e C1), come ritenuti e riqualificati in primo grado, ed il reato, ritenuto più grave ritenuto sussistente dalla Corte di appello di Milano con sentenza del 31 marzo 2021, irrevocabile il 16 dicembre 2021, ha complessivamente rideterminato la sanzione in melius;
quanto a NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, ha rideterminato, riducendola, la pena;
quanto ad NOME COGNOME, lo ha assolto dalla contestazione associativa di cui al capo C) in relazione alla quale era stato condannato in primo grado, per insussistenza del fatto, e ha rideterminato la pena per i residui reati di cui ai capi B) e D);
infine, ha confermato integralmente la sentenza nei confronti di NOME COGNOME.
Gli imputati, dunque, sono stati riconosciuti responsabili dei seguenti reati:
NOME COGNOME del reato di cui al capo A) dell’editto, ossia di concorso in detenzione a fine di cessione di 5 kg di cocaina e di 1 kg di marijuana, con l’aggravante dell’ingente quantità, il 15 novembre 2018;
NOME COGNOME dei reati di cui ai capi B) e C1) (rispettivamente: concorso in importazione dalla Spagna di marijuana, il 17-18 dicembre 2018; e plurimi episodi di detenzione a fine di cessione di stupefacente, dall’ottobre 2018), riqualificati come violazione dell’art. 73, comma 4, del d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, esclusa l’aggravante di cui all’art. 80, comma 2, del d.P.R. n. 309 del 1990, in continuazione tra loro;
NOME COGNOME del reato di cui al capo A), cioè concorso in detenzione a fine di cessione di 5 kg di cocaina e di 1 kg di marijuana, con l’aggravante dell’ingente quantità, il 15 novembre 2018;
NOME COGNOME dei reati di cui ai capi B) (concorso in importazione di marijuana dalla Spagna, il 17-18 dicembre 2018), riqualificato in violazione del comma 4 dell’art. 73 del d.P.R. n. 309 del 1990, e D) (originariamente contestato come calunnia, commessa il 31 gennaio 2019), riqualificato nella
violazione dell’art. 367 cod. pen., ossia simulazione di reato, esclusa la circostanza aggravante di cui all’art. 80 del d.P.R. n. 309 del 1990 originariamente contestata al capo B), riconosciuti i reati in continuazione;
NOME COGNOME del reato di cui ai capi B) e C1) (rispettivamente: concorso in importazione dalla Spagna di marijuana, il 17-18 dicembre 2018, e plurimi episodi di detenzione a fine di cessione di stupefacente, dall’ottobre 2018), riqualificati in violazione del comma 4 dell’art. 73 del d.P.R. n. 309 del 1990, esclusa l’aggravante di cui al comma 2 dell’art. 80 del d.P.R. n. 309 del 1990, riconosciuta la continuazione tra i reati;
NOME COGNOME del reato di cui al capo A) ossia, come si è già visto, concorso in detenzione a fine di cessione di 5 kg di cocaina e di 1 kg di marijuana, con l’aggravante dell’ingente quantità, fatto commesso il 15 novembre 2018.
Ciò posto, ricorrono per la cassazione della sentenza gli imputati, tramite Difensore di fiducia.
Il ricorso di NOME COGNOME (AVV_NOTAIO, del Foro di Milano) è affidato ad un unico motivo con il quale lamenta mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione e, nel contempo, erronea applicazione dell’art. 192 cod. proc. pen. in relazione alla valutazione della prova a carico dell’imputato.
L’impugnazione prende le mosse dal rilievo che la responsabilità dell’imputato è stata affermata, pressochè esclusivamente, in base al contenuto di intercettazioni da cui emergerebbe il ruolo di COGNOME quale trait d’union tra COGNOME ed COGNOME ed i destinatari finali della droga, NOME COGNOME e NOME COGNOME. Tuttavia, le conversazioni captate ritenute rilevanti avrebbero un contenuto equivoco e sarebbero suscettibili di più interpretazioni e, comunque, sarebbero state estrapolate da un contesto, storico e personale, più ampio, sicchè non avrebbero quella capacità dimostrativa tale da poter costituire “prova”. Peraltro, non è mai stata contestata all’imputato – ed in ogni caso non vi sarebbe alcuna prova in atti – la fattispecie di consapevole partecipazione associativa finalizzata al narcotraffico. Si sottolinea, infatti, non essere emersa né un’attività d detenzione o di cessione di droga da parte di COGNOME né l’esistenza di un legame saldo e continuativo con NOME soggetti, con i quali – sì – il ricorrente relazionava, ma soltanto di volta in volta, né essere stata provata l’intenzione di realizzare una serie indeterminata di delitti di detenzione e di cessione di droga.
Si sarebbe in presenza, secondo la Difesa, di un clamoroso “vuoto probatorio”, non essendo mai stati effettuati perquisizioni o sequestri di droga o
individuati acquirenti al fine di corroborare i meri sospetti emergenti dalle intercettazioni.
Da ultimo, si lamenta la genericità dell’imputazione a carico di COGNOME, essendo indefinita la quantità e la qualità dello stupefacente.
Il ricorso di NOME COGNOME (AVV_NOTAIO, del Foro di Milano) è affidato a due motivi con i quali lamenta vizio di motivazione (entrambi i motivi) e violazione di legge (il secondo motivo).
4.1. Con il primo motivo, in particolare, censura illogicità della motivazione in merito alla mancata assoluzione dell’imputato dai reati di cui ai capi B) e C1) nonostante la mancanza in atti di elementi idonei a dimostrare, al di là di ogni ragionevole dubbio, la responsabilità penale dello stesso.
La Corte di appello si sarebbe limitata a riproporre in maniera acritica le argomentazioni svolte dal giudice di primo grado, basate esclusivamente su elementi indiziari e su valutazioni meramente congetturali.
Con riferimento al capo B), contrariamente a quanto ritenuto dai giudici di merito, i dialoghi intercettati non dimostrerebbero la commissione di illeciti.
In particolare, la pretesa compravendita di droga del 24 dicembre 2018 sarebbe interamente costruita su congetture meramente suggestive degli inquirenti, senza alcun riscontro probatorio. L’elemento dirimente, secondo la Corte di appello, sarebbe dato dalla riscontrata vicinanza fisica tra gli apparecchi telefonici di COGNOME e di COGNOME, appunto il 24 dicembre 2018, in una strada non lontana dal garage al cui interno, ben sette mesi più tardi, il 25 luglio 2019, verranno sequestrati 150 grammi di droga ed una pistola: al riguardo, si afferma essersi in presenza di una circostanza non idonea a dimostrare l’avvenuta compravendita di droga e, in ogni caso, il possibile contributo del ricorrente.
Peraltro – ma, si stima, erroneamente ed illegittimamente – la sentenza impugnata identifica COGNOME e COGNOME come un unico soggetto agente, così riconducendo le eventuali responsabilità dell’uno all’altro ed eludendo l’onere della prova che incombe sul P.M.: in tal modo si è ritenuto COGNOME responsabile sulla base di intercettazioni telefoniche che non lo riguardano.
Posto che la ragione dei contatti intercorsi tra COGNOME, COGNOME e COGNOME è individuata in affari di droga, si osserva essersi in presenza di “droga parlata”, di ipotesi basate su dichiarazioni intercettate prive di alcun elemento obiettivo di riscontro, in violazione – si ritiene – del principio di diritto, f dalla sentenza di legittimità di Sez. 4, n. 37567 del 29/09/2020, COGNOME NOME ed NOME, non mass., secondo cui la interpretazione del contenuto delle intercettazioni nel caso di “droga parlata” va effettuata con particolare rigore.
Ancora: la responsabilità di COGNOME sarebbe stata affermata nonostante non sia possibile quantificare il carico né attestare la partecipazione personale dell’imputato alla transazione illecita, in quanto la polizia giudiziar nell’informativa di reato, alla p. 165, dà atto che non può dirsi con certezza essere stato presente anche COGNOME alla consegna materialmente effettuata da COGNOME a COGNOME all’interno del box.
Anche in relazione al capo C1), l’imputato sarebbe stato riconosciuto responsabile sulla base di supposizioni investigative ed in assenza di vere prove.
Si riferisce al riguardo nel ricorso il colloquio intercettato tra NOME COGNOME e NOME COGNOME, intercorso alle ore 14.26 del 24 dicembre 2018, per concludere che lo stesso sarebbe privo di ogni rilevanza penale.
4.2. Con il secondo motivo il ricorrente si duole promiscuamente di vizio di motivazione e di violazione degli artt. 62-bis ed 81 cod. pen. per mancanza di motivazione quanto al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche ed al trattamento sanzionatorio, anche sotto il profilo della mancata riduzione dell’aumento di pena applicato in continuazione.
In primo luogo, il riferimento, per giustificare il diniego delle attenuant generiche, ai plurimi precedenti penali ed al ruolo rivestito dall’imputato, trascurerebbe le specifiche doglianze svolte nell’atto di appello, essendosi nella impugnazione di merito sottolineato sia il ruolo defilato dell’imputato nella vicenda sia le ulteriori censure mosse nell’appello circa il rilievo nel caso di specie dei precedenti penali.
Inoltre la pena-base per il reato sub lett. B) di due anni e sei mesi di reclusione appare eccessivamente gravosa e non adeguatamente motivata, a fronte di condotta che la Difesa stima di non elevato disvalore; le censure mosse in appello all’aumento di un anno di reclusione, per la continuazione con il reato di cui al capo C1), aumento che si ritiene eccessivo, sarebbero state liquidate senza una vera spiegazione, essendosi la Corte di appello limitata, in modo inadeguato, a definire “giustificata” la scelta di quantum di pena del Tribunale.
Il ricorso di NOME COGNOME (AVV_NOTAIO, del Foro di Roma) è affidato a tre motivi con cui denunzia promiscuamente difetto di motivazione e violazione di legge, anche sotto il profilo della mancanza dell’apparato giustificativo.
5.1. Oggetto del primo motivo è la erronea applicazione degli artt. 73 del d.P.R. n. 309 del 1990, 110 cod. pen. e 192, comma 2, cod. proc. pen. e, nel contempo, illogicità della motivazione e mera apparenza della stessa rispetto alle argomentazioni difensive esposte nell’atto di appello.
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Rammentato che l’imputato è stato riconosciuto responsabile della violazione di cui al capo A) dell’editto, per avere, in concorso con NOME, ricevuto, detenuto illecitamente e ceduto droga il 15 novembre 2018, si ritengono gli indizi posti a base della decisione privi dei requisiti della gravità e della precisione.
La sentenza, inoltre, non avrebbe risposto alle osservazioni critiche poste con l’atto di appello, in particolare circa: la genericità del capo di imputazione; l mancanza di prove, malgrado le intercettazioni e gli appostamenti, che l’attività descritta al capo A) sia stata effettivamente posta in essere o che, comunque, l’imputato vi abbia concorso; la effettiva identificazione dell’imputato con il soggetto nelle conversazioni definito come “il geometra”.
Con specifico riferimento a tale ultimo aspetto, si riferisce il contenuto delle pp. 85 e ss. della motivazione, ove si ritiene esservi corrispondenza tra “il geometra” e la persona del ricorrente NOME COGNOME, anche alla luce del riconoscimento da parte della polizia giudiziaria del ricorrente come la persona che aveva alloggiato nell’albergo in cui era avvenuto lo scambio droga / denaro.
Nell’atto di appello, però, si era fatto notare che dal contenuto di alcune conversazioni captate (del 24 ottobre 2018, ore 12.01, e del 18 novembre 2018, ore 20.23), contenuto che si trascrive, sembra che, parlando del “geometra” ci si riferisca a persona diversa dall’odierno ricorrente.
A tale rilievo critico la Corte territoriale, alla p. 107, si limita a rispond che la qualifica di “geometra” è prevalentemente riferita a COGNOME, anche se in alcune conversazioni viene usata per indicare il coimputato COGNOMECOGNOME così però incorrendo, ad avviso del ricorrente, nel vizio di illogicità motivazionale.
Anche sul tema della conoscenza tra COGNOME e COGNOME, le ragioni – del tutto lecite – della conoscenza tra i due, come riferite dal ricorrente nell’interrogatorio di garanzia del 25 febbraio 2021, alla p. 7, sarebbero state travisate dai giudici di merito.
Inoltre, la Corte di merito ha disatteso, additandolo a non tempestivamente introdotto, l’argomento incentrato sull’avere l’imputato disconosciuto già nell’interrogatorio di garanzia di avere avuto in uso il telefono cellulare con numero NUMERO_TELEFONO…0396, avendo, invece, ammesso di avere l’utenza num. 351…0172.
Ancora: la localizzazione, tramite esame delle celle telefoniche, sia di COGNOME sia di COGNOME sia di COGNOME in prossimità dell’albergo “Appia Park” in Roma, ove, secondo l’accusa, sarebbe avvenuto lo scambio di droga, non è circostanza idonea a provare la complicità dell’odierno ricorrente nell’ipotizzato reato. Infatti, la polizia giudiziaria pur appostata – come già sottolineato nell’appello – non era intervenuta, sicchè non poteva dirsi verificata l’ipotesi investigativa.
Né si sarebbe fornita risposta effettiva, e non già solo apparente, alla rilevata (nell’atto di appello) difformità tra l’informativa riepilogativa (p. 42
l’annotazione di polizia giudiziaria (all. n. 11 all’informativa finale) cir movimenti dei computati COGNOME e COGNOME nell’imminenza dell’ipotizzato scambio di droga né alla circostanza che COGNOME il 15 novembre 2018 non scese nel garage dell’albergo, trascurando, da un lato, il valore fidefacente dell’annotazione di polizia giudizi a ria ex art. 357 cod. proc. pen. e, dall’altro, la circostanza che non è emersa alcuna prova che il ricorrente, peraltro assente dal teatro dei fatti, abbia offerto un qualche contributo al presunto scambio tra stupefacente e denaro, anche ove mai avvenuto.
Ulteriore illogicità starebbe nel non avere considerato i decidenti di merito che COGNOME era giunto all’appuntamento presso l’albergo con uno scooter, onde non si comprende dove avesse potuto collocare i 5 kg di cocaina e l’ulteriore kg di marijuana, sostanze che, peraltro, avevano richiesto durante il trasbordo sull’auto marca Hyunday, un “imbosco”, citato nelle conversazioni captate, cioè un nascondiglio, delle non modeste dimensioni di cm 92 X 16 X 18, avendo trascurato che nell’ordinanza cautelare, alla p. 22, si legge che il nascondiglio presente sulla Ford Focus era troppo piccolo per contenere così tanta sostanza e che, perciò, si era prescelta l’altra vettura.
Infine, non si è tenuto conto da parte dei giudici di merito nemmeno che l’ammissione circa l’addebito di cui al capo A) da parte di COGNOME, avvenuta tramite le spontanee dichiarazioni rese nel giudizio di appello, non poteva essere valorizzata (v. p. 114 della sentenza impugnata), in quanto si tratta di acquisizione successiva all’introduzione del giudizio abbreviato, cioè estranea alla piattaforma probatoria accettata con il rito speciale, e resa da parte di soggetto che si è sottratto all’esame, onde si sarebbe in presenza di una sostanziale chiamata di correo in violazione del diritto al contraddittorio.
5.2. Con il secondo motivo NOME COGNOME lamenta violazione di legge penale, per mancata riqualificazione del reato di cui al capo A) nel delitto di cui all’art. 73, comma 4, del d.P.R. n. 309 del 1990, ed illogicità e mera apparenza della motivazione rispetto alle argomentazioni svolte nell’atto di appello, che sarebbero state disattese senza una effettiva motivazione, essendosi limitata la Corte territoriale a ribadire le stesse argomentazioni già svolte dal Tribunale circa la pretesa – ed indimostrata – duplicità delle sostanze, mentre si sarebbe trattato, ove il fatto fosse provato, esclusivamente di droga leggera.
5.3. Con il terzo motivo censura difetto di motivazione ed omissione della stessa anche in ordine alla mancata concessione delle, pur richieste, circostanze attenuanti generiche ed eccessività del trattamento sanzionatorio.
Anche in tal caso gli argomenti svolti dalla Difesa (estraneità di COGNOME a contestazione associativa, non elevata nei suoi confronti; necessità di adeguare
la pena al fatto, valutando la personalità dell’imputato) sarebbero stati negletti senza fornire idonea motivazione.
Il ricorso di NOME COGNOME (AVV_NOTAIO, del Foro di Milano) è affidato a due motivi con i quali denunzia promiscuamente violazione di legge e vizio di motivazione.
6.1. Con il primo motivo censura inosservanza ed erronea applicazione degli artt. 110 cod. pen., 73 del d.P.R. n. 309 del 1990 e 192, comma 2, cod. proc. pen. e nel contempo mancanza e contraddittorietà della motivazione sull’an della penale responsabilità dell’imputato.
Quanto al capo B), con oggetto l’accusa di importazione di marijuana dalla Spagna, si ritiene essere l’imputazione farraginosa e si ribadisce quanto già sottolineato nell’impugnazione di merito, ossia: che COGNOME si è soltanto recato in occasione del proprio compleanno, insieme al fratello e ad un amico, in Spagna, a Barcellona, ove non è provato che fosse compresente tale NOME COGNOME; che COGNOME non ha mai partecipato alla contrattazione né alla programmazione; che non era presente al momento della consegna dello stupefacente; che non è stato messo in allarme dai presunti complici dopo l’arresto di NOME COGNOME, il quale, quando è stato posto agli arresti domiciliari, non ha contattato COGNOME, ma NOME.
In realtà, dunque, il ricorrente, che “compare sulla scena” solo a partire dal 22 marzo 2019, allorchè COGNOME in una conversazione dice a COGNOME, che reclama il pagamento, che sarebbe passato “NOME“, si limita ad andare una unica volta, il 21 aprile 2019, a Belgrado ad incontrare COGNOME, che, evaso dagli arresti domiciliari, si fa sempre più pressante e minaccioso, ma non porta denaro con sé: quindi, ad avviso della Difesa, la condotta posta in essere dal ricorrente tra il 19 ed il 24 aprile 2019 non costituisce reato ma è un mero post-fatto non punibile; né può trascurarsi che i coimputati nelle conversazioni intercettate, tra cui quella del 21 aprile 2019 tra COGNOME e COGNOME, danno sostanzialmente atto della estraneità di NOME COGNOME alla importazione della droga.
La ricostruzione effettuata dalla Corte di merito alle pp. 120 e ss. della sentenza non avrebbe tenuto conto delle critiche difensive contenute nell’appello.
Gli indizi a carico del ricorrente non sarebbero né gravi né precisi né concordanti; comunque, non sarebbero tali da superare il ragionevole dubbio circa il concorso nella importazione di droga.
6.2. Con il secondo motivo si critica inosservanza ed erronea applicazione degli artt. 62-bis, 81, comma 2, 132 e 133 cod. pen. e mancanza e contraddittorietà della motivazione che si rinviene alle pp. 125-126, 165-166 e 193 della decisione in ordine al trattamento sanzionatorio sotto il profilo sia della
scelta della pena-base, difforme dal minimo edittale, sia del diniego delle richieste attenuanti generiche.
La pretesa gravità della condotta sarebbe, infatti, smentita dal livello di partecipazione ai fatti, limitata quantitativamente e solo successiva temporalmente, dell’imputato, dalla avvenuta esclusione dell’aggravante di cui all’art. 80 del d.P.R. n. 309 del 1990, dal mancato rinvenimento della droga, mai sottoposta a verifica quantitativa e qualitativa, dal tempo trascorso, peraltro senza rimproveri, tra i fatti e l’applicazione della misura cautelare, dalla lontananza nel tempo dei, pur sussistenti, precedenti penali, e dal comportamento successivo alla sottoposizione agli arresti donniciliari, tutte circostanze non tenute in considerazione dalla Corte territoriale, la quale, senza fornire motivazione o con motivazione inadeguata, si sarebbe discostata dal consolidato principio di necessaria personalizzazione del trattamento sanzionatorio.
Il ricorso di NOME COGNOME (AVV_NOTAIO, del Foro di Milano) è affidato ad un unico motivo con cui lamenta violazione di legge (art. 129 cod. proc. pen.), anche per mancanza dell’apparato giustificativo circa la verifica sulla insussistenza di cause di non punibilità, essendosi il Collegio limitato a ratificare l’accordo raggiunto tra le Parti ex art. 599-bis cod. proc. pen.
Il ricorso di NOME COGNOME (AVV_NOTAIO, del Foro di Roma) è strutturato su due motivi.
8.1. Con il primo motivo lamenta carenza di motivazione in relazione alla ritenuta responsabilità dell’imputato per il reato di cui al capo A) della rubrica.
La Corte di appello si sarebbe limitata a confermare la decisione del Tribunale senza confrontarsi – si ritiene – con gli specifici motivi d impugnazione: in particolare, nell’atto di appello si era evidenziata una palese discrepanza tra quanto riferito nell’informativa finale della polizia giudiziaria del ottobre 2020 (alla p. 20) e quanto riportato nell’annotazione di servizio del 1415 novembre 2018 dopo l’appostamento della polizia giudiziaria (cfr. all. n. 11 all’informativa finale del 9 ottobre 2020, pp. 2-3): infatti, nell’annotazion redatta “a caldo” e, appunto, dopo osservazione diretta dell’incontro tra l’uomo giunto a bordo di uno scooter e COGNOME, cioè il presunto fornitore di droga, si legge che vi sarebbe stato solo un breve dialogo nei pressi della reception dell’albergo, mentre solo nell’informativa finale, redatta due anni dopo, si legge che i due si sarebbero allontanati verso la rampa del garage della struttura ricettiva, ove era parcheggiata la vettura in cui si ritiene vi fosse la droga.
Tale aporia, segnalata espressamente nell’impugnazione di merito, non sarebbe stata risolta dalla sentenza impugnata, la cui motivazione al riguardo (pp. 115-116) sarebbe insoddisfacente. Non senza considerare che nessuno è stato fermato dalla p.g., nemmeno COGNOME, la targa del cui scooter era stata annotata, senza che siano state spiegate le ragioni di tale scelta investigativa, e che l’uomo a bordo dello scooter non sembrava avere con sé denaro. Ritiene il ricorrente che, probabilmente, gli operanti non fossero in quel momento convinti che lo scambio si fosse in effetti perfezionato, ciò che spiegherebbe il silenzio al riguardo nella informativa redatta nell’immediatezza.
Si richiama al riguardo la necessità di una rigorosa motivazione in caso di “droga parlata”, come puntualizzato da Sez. 3, n. 11655 del 11/02/2015, COGNOME e NOME, Rv. 262981 («In tema di stupefacenti, l’esistenza di una associazione finalizzata al traffico di stupefacenti può essere desunta anche dal contenuto delle conversazioni intercettate qualora il loro tenore sia sintomatico dell’organizzazione di una attività illecita e, nel caso in cui ai dialoghi captati no abbia fatto seguito alcun sequestro, l’identificazione degli acquirenti finali, l’accertamento di trasferimenti in denaro o altra indagine di riscontro e controllo, il giudice di merito, al fine di affermare la responsabilità degli imputati, è gravat da un onere di rigorosa motivazione, in particolare con riferimento alle modalità con le quali è risalito alle diverse qualità e tipologie della droga movimentata»).
Né il contenuto delle conversazioni captate tra COGNOME e COGNOME ed ampiamente valorizzate in sentenza fornirebbe la prova della responsabilità dell’imputato; mentre, quanto alla intercettazione della conversazione che è valorizzata alla p. 48 della sentenza del Tribunale, è pur vero che in essa si fa riferimento al sequestro di denaro avvenuto il 15 novembre 2018 nei confronti di COGNOME ma ciò non proverebbe che COGNOME sia perfettamente a conoscenza di tutti i dettagli della vicenda per avervi partecipato, come ritenuto – si stima, però, erroneamente – da parte dei giudici di merito, essendo COGNOME in effetti a contatto, a vario titolo, sia con COGNOME che con COGNOME ma ciò non potendo essere sufficiente a dimostrarne il concorso nel reato sub lett. A).
8.2. Tramite l’ulteriore motivo censura promiscuamente violazione degli artt. 132 e 133 cod. pen. ed illogicità della motivazione in relazione alla individuazione della pena-base.
La Corte di appello, dopo avere escluso la circostanza aggravante di cui all’art. 80 del d.P.R. n. 309 del 1990, ha determinato la pena-base per il reato di cui al capo A) confermando quella individuata dal Tribunale, pari a sei anni e quattro mesi di reclusione, alla luce della gravità dei fatti e della intensità d dolo, mentre il diniego delle generiche viene giustificato in base alla duplicità
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della sostanza stupefacente e alla capacità dell’imputato di disporre in pochi giorni di ingenti somme di denaro contante (p. 202 della decisione impugnata).
Quanto al primo aspetto, si rileva criticamente la disparità di trattamento rispetto alla posizione di NOME COGNOME, destinatario di una pena-base più bassa (sei anni di reclusione) benchè in posizione deteriore in ragione sia dei precedenti penali sia del maggiore coinvolgimento nei fatti per cui è processo.
Per quanto riguarda le attenuanti generiche, difetterebbe la prova della duplice natura della sostanza stupefacente e sarebbe errato ritenere che COGNOME sia stato in grado di accumulare in pochi giorni una ingente somma di denaro, in quanto allo stesso potrebbe al più, ove ritenuto responsabile, attribuirsi l’acquisto solo di una parte della droga che si ipotizza trasportata da COGNOME.
Tutti i ricorrenti chiedono, in definitiva, l’annullamento della sentenza impugnata.
Il P.G. della RAGIONE_SOCIALE nella requisitoria scritta del 10 giugno 2024 ha chiesto dichiararsi inammissibili tutti i ricorsi.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi sono manifestamente infondati, per le ragioni che ci si accinge ad illustrare
L’impugnazione di NOME COGNOMECOGNOME COGNOME cui si contesta l’an della responsabilità penale, si limita a reiterare il contenuto dell’atto di appello, contenutisticannente assai vaga, lamenta – genericamente – la insufficienza del contenuto delle intercettazioni per affermare la penale responsabilità dell’imputato, anche quanto all’ipotesi associativa (nonostante COGNOME COGNOME sia stato condannato per violazione dell’art. 74 del d.P.R. n. 309 del 1990), assume che le intercettazioni non sarebbero state ben comprese e che dalle stesse emergerebbero solo dei semplici sospetti, peraltro non “corroborati” da elementi quali perquisizioni, sequestri o altro: GLYPH in sostanza, è aspecifica, non confrontandosi puntualmente con il contenuto della sentenza impugnata.
Il ricorso, inoltre, nemmeno indica quali siano i supposti fraintendimenti dei colloqui intercettati: al riguardo, è appena il caso di rammentare che l’attribuzione di un determinato contenuto alle intercettazioni, secondo costante insegnamento giurisprudenziale, è insindacabile in sede di legittimità, ove sorretto da adeguata motivazione (infatti: «In tema di intercettazioni di conversazioni o comunicazioni, l’interpretazione del linguaggio adoperato dai soggetti intercettati, anche quando sia criptico o cifrato, costituisce questione di
fatto, rimessa alla valutazione del giudice di merito, la quale, se risulta logica i relazione alle massime di esperienza utilizzate, si sottrae al sindacato di legittimità»: Sez. U, n. 22471 del 26/02/2015, Sebbar, Rv. 263715).
Inoltre, la censurata violazione dell’art. 192 cod. proc. pen. trascura il consolidato principio di diritto secondo il quale «Poiché la mancata osservanza di una norma processuale in tanto ha rilevanza in quanto sia stabilita a pena di nullità, inutilizzabilità, inammissibilità o decadenza, come espressamente disposto dall’art. 606, comma 1, lett. c) cod. proc. pen., non è ammissibile il motivo di ricorso in cui si deduca la violazione dell’art. 192 cod. proc. pen., la cui inosservanza non è in tal modo sanzionata» (Sez. 4, n. 51525 del 04/10/2018, M, Rv. 274191-02) e «In tema di ricorso per cassazione, la violazione dell’art. 192, comma 3, cod. proc. pen., non può essere dedotta né quale violazione di legge ai sensi dell’art.606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., né ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. c), cod. proc. pen. non essendo prevista a pena di nullità, inutilizzabilità, inammissibilità o decadenza, pertanto può essere fatta valere · soltanto nei limiti indicati dalla lett. e) della stessa norma, ossia come mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione, quando il vizio risult dal testo del provvedimento impugnato ovvero da NOME atti specificamente indicati nei motivi di gravame» (Sez. 6, n. 4119 del 30/04/2019, dep. 2020, RAGIONE_SOCIALE, Rv. 278196-02).
Si passi ad esaminare il ricorso nell’interesse di COGNOME AVV_NOTAIO.
3.1. Quanto al primo motivo, sull’an della responsabilità, si tratta, come puntualmente osservato dal P.G. di legittimità nella requisitoria, della mera reiterazione dell’atto di appello, inammissibilmente proteso alla parcellizzazione delle fonti di prova e alla decontestualizzazione dei vari elementi emersi dall’istruttoria, che sono stati, invece, nel complesso valutati in maniera non incongrua e non illogica da parte dei giudici di merito.
In riferimento al dubbio, che il ricorrente mira ad insinuare, circa la esatta portata del contenuto delle intercettazioni, esso è meramente generico, teorico ed ipotetico. Può allora richiamarsi anche qui il principio di diritto, cui il rico non si attiene, secondo cui «In tema di intercettazioni di conversazioni o comunicazioni, l’interpretazione del linguaggio adoperato dai soggetti intercettati, anche quando sia criptico o cifrato, costituisce questione di fatto, rimessa alla valutazione del giudice di merito, la quale, se risulta logica in relazione alle massime di esperienza utilizzate, si sottrae al sindacato di legittimità» ( Sez. U, n. 22471 del 26/02/2015, Sebbar, cit.).
3.2. In relazione al secondo motivo, in tema di trattamento sanzionatorio, osserva il Collegio quanto segue.
Alla p. 302 della sentenza del Tribunale e, soprattutto, alla p. 152 di quella di appello si rinviene sufficiente e non illogica spiegazione sia del diniego delle attenuanti generiche (in ragione dei numerosissimi precedenti penali e della mancanza emersione di ragioni per la concessione) sia della scelta della penabase (sensibilmente inferiore al medio edittale) sia della determinazione dell’aumento in continuazione (sottolineandosi al riguardo la reiterazione dei reati e la intensità del dolo e comparandosi la scelta con l’aumento applicato al coimputato COGNOME). Il mancato confronto del ricorso con gli elementi valutati dai giudici di merito determina, anche sotto tale profilo, la declaratoria di inammissibilità del ricorso di COGNOME.
4. Si passi ad esaminare il ricorso nell’interesse di NOME COGNOME.
I tre motivi (il primo: sull’an della responsabilità per i fatti del 15 novembre 2018; il secondo: sulla mancata riqualificazione in violazione del comma 4 droga leggera – dell’art. 73 del d.P.R. n. 309 del 1990; il terzo: sul trattamento sanzionatorio), in larga parte costruiti in fatto, sono la mera riproposizione dei motivi di appello, tutti già affrontati e – ampiamente e logicamente – confutati con la sentenza di appello, le cui pp. 106-114 contengono diffusa motivazione, in rilevante parte nemmeno presa in considerazione del ricorso.
Deve, quindi, farsi applicazione del principio di diritto secondo cui «È inammissibile il ricorso per cassazione fondato su motivi che si risolvono nella pedissequa reiterazione di quelli già dedotti in appello e puntualmente disattesi dalla corte di merito, dovendosi gli stessi considerare non specifici ma soltanto apparenti, in quanto omettono di assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso» (così, tra le numerose, Sez. 2, n. 42046 del 17/07/2019, NOME COGNOME, Rv. 27771).
Circa la denunciata violazione dell’art. 192 cod, proc. pen. si è già detto (sub n. 2 del “considerato in diritto”), con discorso valevole per tutti i ricorsi.
Infine, il riferimento, che si rinviene alla p. 114 della sentenza, all confessione del reato di cui al capo A) da parte di un coimputato non viene utilizzato come – illegittima – chiamata di correo ma soltanto come argomento ad colorandum dopo avere già i giudici di merito spiegato, con motivazione adeguata, non incongrua e non illogica, perché si ritenga raggiunta la prova della responsabilità dell’imputato.
5. Ricorso di NOME COGNOME.
5.1. Il primo motivo di ricorso (sull’an della responsabilità penale quanto al capo B ossia concorso nell’importazione di droga dalla Spagna) è costruito in fatto e su proposizioni meramente avversative rispetto alla ricostruzione svolta
ed alle valutazioni effettuate, con motivazione adeguata, congrua e logica, dalla Corte di appello alle pp. 120-125; si tratta, peraltro, della mera reiterazione dei motivi di appello.
AVV_NOTAIO censurata violazione dell’art. 192 cod. proc. pen. si è già detto (v. -sub nn. 2 e 4 del “considerato in diritto”).
5.2. In relazione al secondo motivo, avente ad oggetto il trattamento sanzionatorio e il diniego delle attenuanti generiche, alle pp. 125-126 della sentenza impugnata si rinviene motivazione sufficiente, congrua e logica, sotto entrambi gli aspetti in questione, motivazione con la quale il ricorso non opera il necessario confronto critico.
Il ricorso di NOME COGNOME, come si è visto, lamenta il mancato proscioglimento ex art. 129 cod. proc. pen. (senza indicare peraltro quale sarebbe la causa di punibilità ipoteticamente ravvisabile) a fronte di concordato in appello con il P.G. sulla riduzione della pena, con contestuale rinunzia a tutti gli ulteriori motivi, recepito dai decidenti: discende l’inammissibilità dello stesso (cfr. Sez. 1, n. 944 del 23/10/2019, dep. 2020, M, Rv. 278170; Sez. 2, n. 22002 del 10/04/2019, GLYPH COGNOME, GLYPH Rv. GLYPH 276102; GLYPH Sez. GLYPH 2, GLYPH ord. GLYPH n. 30990 del 01/06/2018, Gueli, Rv. 272969).
Da ultimo, il ricorso di NOME COGNOME, che è affidato a due motivi.
7.1. Quanto al primo motivo (sulla responsabilità per concorso nel reato di cui al capo A), l’impugnazione si limita a riproporre le stesse, identiche, questioni già sollevate con l’appello e che sono state disattese dalla Corte territoriale con motivazione (che si legge alle pp. 115-116 della sentenza) sufficiente, congrua e logica, che in parte richiama quella già sviluppata sul primo motivo di ricorso, che presenta tratti simili, presentato nell’interesse di NOME COGNOME (pp. 106 e ss.).
7.2. In relazione al secondo motivo (sul trattamento sanzionatorio quale pena-base che si ritiene essere eccessivamente severa e sul diniego delle circostanze attenuanti generiche), la motivazione che si rinviene al riguardo alle pp. 116-117 e alla p. 202 della sentenza di appello (da leggere insieme alle pp. 51-52 di quella del G.u.p.) risulta sufficiente, non illogica e non incongrua e non è adeguatamente aggredita nel ricorso, che è affidato ad una soggettiva comparazione con differen te posizione e a valutazioni di tipo congetturale.
Risultando, dunque, per le ragioni esposte, tutti i ricorsi inammissibili e non ravvisandosi ex art. 616 cod. proc. pen. assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Costituzionale, sentenza n.
186 del 7-13 giugno 2000), alla declaratoria di inammissibilità segue condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese del procedimento ed inoltre d ciascuno anche della sanzione pecuniaria nella misura, che si ritiene congru conforme a diritto, indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila ciascuno in favore della Cass delle ammende.
Così deciso il 19/06/2024.