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Ricorso inammissibile: Cassazione e droga

La Corte di Cassazione dichiara il ricorso inammissibile presentato da due imputati condannati per spaccio di stupefacenti. La Corte ha stabilito che i motivi del ricorso erano meramente ripetitivi di quelli già respinti dalla Corte d’Appello, senza un confronto specifico e puntuale con le argomentazioni della sentenza impugnata. È stata inoltre confermata la gravità del reato, escludendo la qualificazione di fatto di lieve entità data l’abitualità e la frequenza dell’attività di spaccio.

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Pubblicato il 1 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: Quando la Cassazione Chiude le Porte allo Spaccio

Nel complesso iter della giustizia penale, il ricorso alla Corte di Cassazione rappresenta l’ultimo grado di giudizio, ma le sue porte non sono sempre aperte. Un’ordinanza recente ha ribadito un principio fondamentale: per accedere al giudizio di legittimità, i motivi di ricorso devono essere specifici e critici, non una mera riproposizione di quanto già detto. Analizziamo come un ricorso inammissibile abbia portato alla conferma definitiva di una condanna per spaccio di stupefacenti.

I Fatti di Causa

Il caso riguarda due soggetti condannati in primo grado e in appello per il reato di spaccio di sostanze stupefacenti, previsto dall’art. 73, comma 1, del d.P.R. 309/1990. La Corte d’Appello di Trieste aveva confermato la decisione del Tribunale, ritenendo provata la responsabilità penale degli imputati. Avverso tale sentenza, i due hanno proposto ricorso per Cassazione, sollevando diverse questioni relative sia al merito della vicenda sia a punti strettamente giuridici.

Analisi del Ricorso Inammissibile in Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato i ricorsi proposti integralmente inammissibili. La ragione principale risiede nel carattere puramente reiterativo e generico dei motivi addotti, che non si sono confrontati in modo efficace con le solide argomentazioni della sentenza della Corte d’Appello.

La Genericità e Reiteratività dei Motivi

Il primo ostacolo insormontabile per i ricorrenti è stato la natura dei loro argomenti. La Cassazione ha sottolineato come i ricorsi fossero una semplice ripetizione dei motivi già presentati in appello. La Corte d’Appello aveva fornito una risposta “ampia e congrua” a tali motivi, ma i ricorrenti, nel loro atto, non hanno mosso alcuna critica specifica a tale risposta, limitandosi a riproporre le stesse identiche doglianze. Questo modo di procedere è contrario alla funzione stessa del ricorso per Cassazione, che non è un terzo grado di giudizio sul fatto, ma un controllo sulla legittimità della decisione impugnata.

Un ricorrente, ad esempio, ha censurato in modo apodittico l’uso di intercettazioni telefoniche, definendole prive di rilievo probatorio, senza però indicare quali specifiche conversazioni fossero irrilevanti e perché, nonostante la sentenza di primo grado ne avesse riportate numerose e dettagliate.

Le Questioni Specifiche Respinte

Oltre alla genericità, la Corte ha smontato punto per punto gli altri motivi:

1. Tempus Commissi Delicti: Un ricorrente contestava il periodo in cui il reato sarebbe stato commesso. La Corte ha rilevato che la sentenza d’appello aveva già affrontato e risolto la questione, e il ricorso non si era confrontato con tale motivazione.
2. Mancata Riqualificazione del Fatto: Era stata chiesta la derubricazione del reato nell’ipotesi di lieve entità (art. 73, comma 5). La Cassazione ha definito il motivo “manifestamente infondato”, poiché la Corte d’Appello aveva ampiamente giustificato la gravità del fatto sulla base dell’abitualità e dell’elevata frequenza dello spaccio a numerosi acquirenti.
3. Recidiva: Anche il motivo relativo alla recidiva è stato ritenuto infondato, in quanto già risolto con puntuali argomenti giuridici e di fatto nelle sedi di merito.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La decisione della Corte si fonda su un principio cardine del processo penale: l’inammissibilità del ricorso per Cassazione quando questo si traduce in una richiesta di rivalutazione del merito dei fatti, mascherata da presunte violazioni di legge. I giudici di legittimità hanno ribadito che, se la sentenza d’appello ha argomentato in modo logico e coerente, non è compito della Cassazione sostituire la propria valutazione a quella dei giudici di merito. La dichiarazione di ricorso inammissibile comporta, ai sensi dell’art. 616 del codice di procedura penale, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende, che nel caso di specie è stata fissata in tremila euro.

Conclusioni

Questa ordinanza offre un importante monito: l’accesso alla Corte di Cassazione richiede un’impugnazione tecnicamente rigorosa. Non è sufficiente essere in disaccordo con la decisione dei giudici di merito; è necessario individuare vizi specifici di legittimità nella sentenza impugnata e argomentarli in modo critico e puntuale. La mera riproposizione di argomenti già vagliati e respinti si scontra inevitabilmente con una declaratoria di inammissibilità, che cristallizza la condanna e aggiunge un ulteriore onere economico per il ricorrente.

Perché un ricorso in Cassazione può essere dichiarato inammissibile?
Un ricorso viene dichiarato inammissibile quando, tra le altre ragioni, si limita a ripetere i motivi già presentati e respinti nei precedenti gradi di giudizio, senza confrontarsi in modo specifico e critico con le argomentazioni della sentenza che si intende impugnare.

È sufficiente contestare genericamente le prove per ottenere una revisione in Cassazione?
No, non è sufficiente. La contestazione deve essere puntuale e specifica. Nel caso esaminato, un ricorrente ha criticato l’uso delle intercettazioni in modo apodittico, senza indicare quali fossero irrilevanti e perché, rendendo il motivo generico e quindi inammissibile.

Quali elementi possono impedire la riqualificazione dello spaccio come ‘fatto di lieve entità’?
Secondo la decisione, elementi come l’abitualità dell’attività illecita e l’elevata frequenza dello spaccio di stupefacenti a un numero considerevole di acquirenti sono fattori che dimostrano una gravità del fatto incompatibile con la qualificazione di lieve entità prevista dall’art. 73, comma 5, d.P.R. 309/1990.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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