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Ricorso inammissibile: Cassazione e doglianze di fatto

La Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile avverso una condanna per il reato di falsità ideologica (Art. 483 c.p.). La decisione si fonda sul fatto che i motivi del ricorso erano semplici “doglianze in fatto”, cioè contestazioni sulla ricostruzione dei fatti, non idonee a essere valutate in sede di legittimità. Il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende.

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Pubblicato il 12 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: Quando le Obiezioni si Scontrano con la Cassazione

L’esito di un processo penale non sempre si conclude con l’appello. Spesso, la parola fine viene scritta dalla Corte di Cassazione. Tuttavia, accedere a questo ultimo grado di giudizio richiede il rispetto di regole precise. Un recente provvedimento della Suprema Corte ci offre un chiaro esempio di come un ricorso inammissibile possa essere rapidamente archiviato quando non si concentra su questioni di diritto. Analizziamo insieme questa ordinanza per comprendere meglio i limiti del giudizio di legittimità.

I fatti del caso: la condanna per falsità ideologica

La vicenda processuale ha origine dalla condanna di un imputato per il delitto di falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico, previsto dall’articolo 483 del codice penale. Questa condanna, emessa in primo grado, era stata successivamente confermata dalla Corte di Appello di Trieste. Non ritenendosi soddisfatto della decisione, l’imputato decideva di presentare ricorso alla Corte di Cassazione, contestando la propria responsabilità penale.

Il ricorso e le motivazioni del rigetto

L’imputato ha basato il suo ricorso su un unico motivo, volto a contestare la sua colpevolezza. Tuttavia, la Suprema Corte ha stroncato sul nascere le argomentazioni difensive, evidenziando un vizio fondamentale che ha portato a una dichiarazione di ricorso inammissibile.

Le “mere doglianze in fatto”

Il cuore della decisione risiede in un concetto tecnico ma cruciale: le “mere doglianze in fatto”. La Corte ha stabilito che le obiezioni sollevate dal ricorrente non erano critiche sulla corretta applicazione della legge (vizi di legittimità), ma tentativi di rimettere in discussione la ricostruzione dei fatti e la valutazione delle prove, come già operate dai giudici di primo e secondo grado. La Corte di Cassazione, per sua natura, non è un “terzo grado” di giudizio dove si può riaprire il dibattito sui fatti, ma un organo che vigila sulla corretta interpretazione e applicazione delle norme giuridiche.

La decisione della Suprema Corte sul ricorso inammissibile

Di fronte a un ricorso così impostato, la Corte non ha potuto fare altro che dichiararlo inammissibile. Questa decisione ha comportato due conseguenze dirette per il ricorrente:

1. Condanna alle spese processuali: Il ricorrente è stato obbligato a pagare i costi del procedimento.
2. Versamento alla Cassa delle ammende: È stata disposta la condanna al pagamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende, una sanzione pecuniaria prevista proprio per i casi di ricorsi inammissibili, volta a scoraggiare impugnazioni pretestuose.

Le motivazioni

La motivazione della Corte di Cassazione è netta e si fonda su un principio cardine del nostro sistema processuale. Il ricorso per Cassazione deve basarsi su motivi di diritto, come l’errata applicazione di una legge o un vizio di procedura. Tentare di convincere la Suprema Corte a una diversa valutazione delle prove o a una differente ricostruzione dei fatti è un’operazione destinata al fallimento. I giudici hanno ritenuto che l’appello si risolvesse in “mere doglianze in fatto prive di confronto con le ragioni della decisione”, ovvero una critica generica che non si misurava specificamente con l’articolato percorso logico-giuridico seguito dalla Corte d’Appello per giungere alla condanna.

Le conclusioni

Questa ordinanza ribadisce un insegnamento fondamentale per chiunque intenda adire la Corte di Cassazione: è essenziale formulare censure specifiche e pertinenti, che attacchino la sentenza impugnata sul piano del diritto e non su quello del fatto. Un ricorso inammissibile non solo non porta al risultato sperato, ma comporta anche ulteriori conseguenze economiche per il ricorrente. La decisione serve da monito, sottolineando come il giudizio di legittimità sia un rimedio straordinario, riservato a questioni giuridiche di rilievo, e non un’ulteriore occasione per ridiscutere il merito della vicenda.

Per quale motivo il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
La Corte di Cassazione ha ritenuto il ricorso inammissibile perché le argomentazioni dell’imputato si limitavano a contestare la ricostruzione dei fatti, configurandosi come “mere doglianze in fatto” e non come critiche sulla corretta applicazione della legge, unico ambito di competenza della Corte.

Quali sono le conseguenze di un ricorso dichiarato inammissibile?
In base a questa ordinanza, la dichiarazione di inammissibilità comporta per il ricorrente la condanna al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro, in questo caso tremila euro, in favore della Cassa delle ammende.

Cosa si intende per “doglianze in fatto”?
Sono obiezioni che non riguardano errori di diritto (come un’errata interpretazione di una norma), ma contestano la valutazione delle prove e la ricostruzione degli eventi effettuata dai giudici nei precedenti gradi di giudizio, un tipo di esame che non rientra nelle funzioni della Corte di Cassazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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