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Ricorso inammissibile: Cassazione e concordato appello

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di due imputati per bancarotta fraudolenta. Dopo aver ottenuto una riduzione di pena tramite un “concordato in appello”, hanno impugnato le pene accessorie. La Corte ha stabilito che l’accordo preclude ulteriori ricorsi sui punti concordati, rendendo il ricorso inammissibile e confermando la decisione precedente.

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Pubblicato il 7 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile Dopo Concordato in Appello: La Decisione della Cassazione

L’istituto del “concordato in appello”, previsto dall’art. 599-bis del codice di procedura penale, offre una via per ridefinire la pena nel secondo grado di giudizio, ma quali sono le conseguenze per eventuali, successivi ricorsi? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i limiti di questa procedura, confermando che l’accordo tra le parti preclude in larga misura l’accesso al giudizio di legittimità, portando a una declaratoria di ricorso inammissibile. Questo principio è fondamentale per comprendere la strategia processuale e gli effetti vincolanti di un patteggiamento in appello.

Il Caso: Dalla Bancarotta Fraudolenta al Ricorso in Cassazione

Due imputati, condannati per bancarotta fraudolenta distrattiva e patrimoniale, avevano presentato appello avverso la sentenza di primo grado. In sede di appello, le parti hanno raggiunto un accordo, il cosiddetto “concordato in appello”, per la rideterminazione della pena. La Corte d’Appello di Napoli, accogliendo l’accordo, ha ridotto la pena principale e rideterminato le pene accessorie fallimentari a tre anni.

Nonostante l’accordo, gli imputati hanno deciso di presentare ricorso per Cassazione, contestando proprio la durata delle pene accessorie, lamentando un’erronea applicazione della legge e vizi motivazionali. La questione centrale, quindi, era se fosse possibile impugnare un aspetto della pena dopo aver volontariamente accettato un accordo che la definiva.

La Decisione della Suprema Corte: Un Ricorso Inammissibile

La Quinta Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione si fonda su un principio consolidato: l’accordo raggiunto ai sensi dell’art. 599-bis c.p.p. si basa sulla rinuncia delle parti agli altri motivi di appello. Questa rinuncia ha un effetto preclusivo che si estende anche al successivo giudizio di legittimità.

In sostanza, accettando il concordato, gli imputati avevano implicitamente rinunciato a contestare ulteriormente i punti oggetto dell’accordo stesso, inclusa la quantificazione delle pene accessorie, che faceva parte del pacchetto concordato. Qualsiasi tentativo di riaprire la discussione su tali punti in Cassazione si scontra con l’inammissibilità.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte ha articolato le sue motivazioni su due pilastri principali:

1. L’effetto preclusivo del concordato: La giurisprudenza è chiara nel ritenere che la rinuncia, anche parziale, ai motivi di appello determina il passaggio in giudicato della sentenza per le parti oggetto di rinuncia. Di conseguenza, non è possibile presentare un ricorso per cassazione su censure che riguardano motivi d’appello rinunciati. Nel caso di specie, l’accordo sulla pena includeva implicitamente l’accettazione delle pene accessorie così come rideterminate, rendendo la successiva contestazione inammissibile.

2. La genericità dei motivi di ricorso: Oltre all’aspetto procedurale, la Corte ha rilevato che i motivi presentati erano comunque troppo generici. Gli imputati si erano limitati a contestare l’entità della riduzione delle pene accessorie senza fornire argomentazioni specifiche e dettagliate, come richiesto dall’art. 581 c.p.p. Anche i motivi di appello originari erano stati ritenuti generici, poiché si limitavano a chiedere un generico “affievolimento” delle pene. Questa mancanza di specificità costituisce un’autonoma causa di inammissibilità.

Conclusioni e Implicazioni Pratiche

L’ordinanza in esame ribadisce un principio fondamentale per la difesa tecnica: la scelta di aderire a un concordato in appello è una decisione strategica con conseguenze definitive. L’accordo chiude la porta a ulteriori contestazioni sui punti concordati, cristallizzando la sentenza su quegli aspetti. Pertanto, prima di accettare un patteggiamento in appello, è cruciale valutare attentamente ogni singolo elemento dell’accordo, poiché non sarà più possibile rimetterlo in discussione davanti alla Corte di Cassazione.

Inoltre, la decisione sottolinea ancora una volta l’importanza del principio di specificità dei motivi di impugnazione. Ogni ricorso, per essere ammissibile, deve contenere critiche precise e argomentate alla decisione impugnata, non mere lamentele generiche. Un ricorso inammissibile non solo non viene esaminato nel merito, ma comporta anche la condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria, rappresentando un esito negativo su tutta la linea per l’imputato.

È possibile presentare ricorso in Cassazione contro una sentenza emessa dopo un “concordato in appello” (art. 599-bis c.p.p.)?
No, la Corte ha stabilito che i motivi di ricorso non sono consentiti quando riguardano punti che sono stati oggetto dell’accordo. L’adesione al concordato implica la rinuncia ai relativi motivi di impugnazione, precludendo un successivo ricorso in Cassazione su tali aspetti.

Cosa succede ai motivi di appello a cui si è rinunciato con il concordato?
La rinuncia ai motivi d’appello, anche se parziale, determina il passaggio in giudicato della sentenza limitatamente ai capi oggetto di rinuncia. Ciò significa che quelle parti della sentenza diventano definitive e non possono più essere contestate in un grado di giudizio successivo.

Quali sono le conseguenze di un ricorso giudicato inammissibile in questo contesto?
La Corte di Cassazione dichiara l’inammissibilità del ricorso senza formalità di procedura e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende. Il ricorso non viene quindi esaminato nel merito.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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