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Ricorso inammissibile: Cassazione e concordato

La Corte di Cassazione dichiara il ricorso inammissibile di due imputati. Il primo ricorso è stato respinto perché proposto contro una sentenza di “concordato in appello”, non impugnabile nel merito. Il secondo, riguardante la quantificazione della pena e il diniego di attenuanti, è stato giudicato manifestamente infondato, riaffermando l’ampia discrezionalità del giudice di merito nella valutazione delle circostanze e nella commisurazione della sanzione.

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Pubblicato il 31 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: La Cassazione e i Limiti dell’Impugnazione

Quando un ricorso inammissibile viene presentato alla Corte di Cassazione, significa che l’impugnazione non può nemmeno essere discussa nel suo contenuto. Un’ordinanza recente della Suprema Corte offre un chiaro esempio di due situazioni tipiche che portano a questa conclusione, ribadendo i confini invalicabili per chi intende contestare una sentenza d’appello.

Il caso analizzato riguarda due distinti ricorsi presentati contro una decisione della Corte d’Appello di Bari. Entrambi sono stati rigettati, ma per ragioni diverse che meritano un’analisi approfondita, in quanto toccano due istituti fondamentali del nostro sistema processuale: il cosiddetto “patteggiamento in appello” e la discrezionalità del giudice nella commisurazione della pena.

I Fatti del Caso: Due Percorsi Processuali Distinti

La vicenda trae origine da due impugnazioni separate. La prima ricorrente aveva concordato la pena in appello secondo la procedura prevista dall’art. 599-bis del codice di procedura penale. Nonostante l’accordo, ha successivamente presentato ricorso in Cassazione lamentando una violazione di legge.

La seconda ricorrente, invece, ha contestato la decisione dei giudici d’appello su due fronti: la quantificazione di un’attenuante speciale, a suo dire applicata in misura troppo ridotta, e la mancata concessione delle attenuanti generiche. In sostanza, il suo ricorso verteva interamente sulla valutazione dell’entità della pena.

La Decisione della Corte: un Ricorso Inammissibile e uno Infondato

La Corte di Cassazione ha trattato i due ricorsi in modo distinto, giungendo per entrambi alla medesima conclusione: l’inammissibilità.

Per la prima ricorrente, la decisione si è fondata su una regola procedurale netta: la sentenza emessa a seguito di “concordato in appello” (art. 599-bis c.p.p.) non è appellabile. Questo istituto si basa su un accordo tra le parti processuali, che valutano congiuntamente la qualificazione giuridica e l’entità della pena. Il ruolo del giudice è quello di verificare la correttezza dell’accordo e la congruità della pena proposta. Una volta omologato, l’accordo preclude un riesame del merito.

Per la seconda ricorrente, il ricorso inammissibile è stato dichiarato per manifesta infondatezza dei motivi. La Corte ha stabilito che le censure relative alla graduazione della pena e alla valutazione delle attenuanti rientrano pienamente nella discrezionalità del giudice di merito. La Corte d’Appello aveva correttamente applicato le norme, motivando adeguatamente le proprie scelte.

Le Motivazioni della Cassazione

Nel dettaglio, la Suprema Corte ha specificato che il concordato previsto dall’art. 599-bis c.p.p. è un istituto che chiude la controversia sull’entità della pena. Consentire un ricorso per Cassazione che rimetta in discussione aspetti già concordati snaturerebbe la funzione stessa dell’istituto, che è quella di definire il processo in modo più rapido. Il controllo del giudice d’appello sull’accordo garantisce il rispetto dei parametri legali, e una volta effettuato tale controllo, la questione non può essere riaperta.

Per quanto riguarda il secondo ricorso, la Cassazione ha ribadito un principio consolidato: la valutazione delle circostanze aggravanti e attenuanti e la conseguente determinazione della pena sono espressione del potere discrezionale del giudice di merito. Per adempiere all’obbligo di motivazione, è sufficiente che il giudice dia conto dei criteri seguiti (come quelli dell’art. 133 c.p.), anche con espressioni sintetiche. Una motivazione specifica e dettagliata è richiesta solo quando la pena si discosta notevolmente dalla media edittale, cosa che non era avvenuta nel caso di specie. La Corte ha ritenuto che la decisione di non concedere le attenuanti generiche fosse ben motivata, dato che gli elementi positivi (come la collaborazione) erano già stati valutati per concedere altre attenuanti.

Conclusioni

L’ordinanza in esame è un importante promemoria sui limiti dell’impugnazione in Cassazione. In primo luogo, cristallizza la natura definitiva dell’accordo sulla pena in appello, rendendo di fatto inattaccabile una sentenza che ne scaturisce, se non per vizi procedurali macroscopici. In secondo luogo, riafferma che il merito della decisione sulla pena (la sua “quantità”) è un ambito quasi esclusivo del giudice di primo e secondo grado. Il ricorso in Cassazione non può trasformarsi in un terzo grado di giudizio sul merito, ma deve limitarsi a denunciare vizi di legittimità, come una motivazione mancante o palesemente illogica, ipotesi non riscontrate nel caso in esame. La conseguenza per i ricorrenti è stata la condanna al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende.

È possibile presentare ricorso in Cassazione contro una sentenza emessa a seguito di “concordato in appello” (art. 599-bis c.p.p.)?
No, il ricorso è inammissibile. La sentenza che ratifica l’accordo tra le parti sulla pena non è sperimentabile con un ricorso che ne contesti il merito, come la qualificazione giuridica o l’entità della sanzione già concordate.

Il giudice di merito deve sempre motivare in modo dettagliato la graduazione della pena?
No. Per assolvere all’obbligo di motivazione, è sufficiente che il giudice dia conto dei criteri utilizzati, anche con espressioni sintetiche o con il richiamo alla gravità del reato. Una spiegazione specifica e dettagliata è necessaria solo quando la pena inflitta è di gran lunga superiore alla misura media prevista dalla legge per quel reato.

Perché il ricorso relativo alla mancata concessione delle attenuanti generiche è stato ritenuto infondato?
Perché la decisione è stata ritenuta correttamente motivata dal giudice di merito. Non erano presenti profili ulteriori da valorizzare, in quanto gli aspetti positivi della condotta (come la collaborazione) erano già stati adeguatamente apprezzati e considerati per la concessione di altre circostanze attenuanti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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