Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 1791 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 1791 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 17/12/2024
SENTENZA
Sui ricorsi proposti da: COGNOME nato il 04/11/1985 a NAPOLI COGNOME nato il 25/06/1969 a NAPOLI NOME COGNOME NOME nato il 24/07/1988 a NAPOLI COGNOME nato il 16/10/1969 a NAPOLI avverso la sentenza in data 26/01/2024 della CORTE DI APPELLO DI NA- POLI;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
letta la requisitoria del Pubblico ministero, nella persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso per l’inammissibilità dei ricorsi;
letta la nota fatta pervenire dall’Avvocato NOME COGNOME nell’interesse di COGNOME
letti i motivi nuovi fatti pervenire dall’Avvocato NOME COGNOME nell’interesse di CASTELLANO COGNOME.
RITENUTO IN FATTO
COGNOME NOME, COGNOME COGNOME Pasquale COGNOME e COGNOME COGNOME per il tramite dei rispettivi procuratori speciali e con ricorsi separati impugnano la sentenza in data 26/01/2024 della Corte di appello di Napoli che, nei confronti di COGNOME ha confermato la sentenza in data 31/03/2023 del G.u.p. del Tribunale
di Napoli, che lo aveva condannato per i reati di associazione per delinquere (capo A), tentativo di rapina (capo G) e ricettazione (capo G1). La Corte di appello, inoltre, nei confronti di COGNOME Salvatore, COGNOME Pasquale COGNOME e COGNOME COGNOME, ha applicato la pena indicata dalle parti, così come da loro determinata con l’accordo raggiunto ai sensi dell’art. 599-bis cod. proc. pen..
Deducono:
1. COGNOME Salvatore
1.1. Violazione di legge e vizio di motivazione.
Il ricorrente si duole dell’omessa motivazione circa la sussistenza di cause di proscioglimento ai sensi dell’art. 129 cod. proc. pen., mancando la prova dei reati contestati, ossia l’associazione per delinquere contestata al capo A), la rapina contestata al capo H) e la ricettazione contestata al capo H2.
2. MEROLLA NOME.
2.1. Violazione di legge in relazione alla sussistenza del reato associativo.
Secondo il ricorrente la sentenza merita censura per l’erronea valutazione delle emergenze processuali, in quanto le condotte ritenute significative dell’adesione a un’associazione dimostrano, invece, l’esistenza di accordi estemporanei di soggetti pregiudicati, su specifici delitti senza voler fornire alcun apporto stabile al sodalizio criminoso.
2.2. e 2.3. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all’associazione e in relazione al ruolo di organizzatore del sodalizio attribuito a Merolla.
Si sostiene che non si rinviene nelle emergenze processuali alcun contributo materiale o morale da parte di COGNOME, la cui figura non emerge nelle investigazioni sino alla data in cui veniva commesso il delitto contestato al capo G) della rubrica, mentre per i delitti commessi prima del 13/01/2022 non si rinviene alcun riferimento diretto all’imputato, né dalle captazioni né tantomeno dalle dichiarazioni dei coimputati i quali, concordemente, riferiscono dell’assenza di alcun contributo del COGNOME.
Si osserva, in particolare, come i giudici abbiano attribuito a COGNOME un ruolo sovraordinato sulla base delle dichiarazioni del coimputato COGNOME, lette in maniera parcellizzata e solo in malam partem, non considerando che lo stesso COGNOME, in occasione dell’interrogatorio di garanzia, aveva riferito che COGNOME non aveva alcun ruolo nell’associazione.
A tale riguardo osserva come i giudici abbiano erroneamente ritenuto a carico dell’imputato la circostanza aggravante del ruolo di essere capo e organizzatore dell’associazione.
Il ricorrente evidenzia, altresì, come avvenga con motivazione illogica l’identificazione di COGNOME quale persona indicata nelle intercettazioni, attribuendogli il
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nomignolo di “NOME“, in realtà riferibile anche ad altre persone, per come fatto emergere dalla difesa.
Elementi che vengono illustrati e compendiati.
3. COGNOME NOME e COGNOME NOME.
3.1. Vizio di motivazione in relazione all’art. 129 cod. proc. pen..
I ricorrenti denunciano l’omessa motivazione circa la sussistenza di cause di proscioglimento.
Si assume che la Corte di appello ha motivato con meri e apodittici richiami alla sentenza di primo grado.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso di COGNOME NOME è inammissibile perché aspecifico e perché propone questioni non consentite in sede di legittimità.
1.1. La Corte di appello -dando risposta a tutte le obiezioni sviluppate con l’atto di appello e oggi pedissequamente reiterate con il ricorso- ha spiegato (alle pagine 5 e 6) che la responsabilità di COGNOME per i reati contestati, la sussistenza e la struttura dell’associazione, la partecipazione e il ruolo di capo e di organizzatore ricoperto da COGNOME, emergevano da numerose intercettazioni e dalle confessioni rese dai coimputati, così come confermati dai riscontri raccolti dall’attività di polizia giudiziaria oltre che -con specifico riguardo alla fattispecie associativa- dalla responsabilità acclarata per i delitti scopo.
Con specifico riferimento al ruolo attribuito a COGNOME preme precisare che il fatto di essere il capo o l’organizzatore dell’associazione non costituisce una circostanza aggravante, ma configura un titolo autonomo di reato, atteso che «l’elemento materiale del delitto punito dall’art. 416 cod. pen. consiste nell’associarsi di tre o più persone allo scopo di commettere più delitti, senza che sia richiesta una distribuzione gerarchica di funzioni, l’esistenza di un rapporto di subordinazione e la presenza di un capo; evenienza quest’ultima che la norma, al pari dell’esistenza di promotori, costitutori od organizzatori, considera come eventuale, configurando un’autonoma e più grave fattispecie criminosa. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto irrilevante, ai fini della esclusione della responsabilità dell’imputato a titolo di partecipazione al reato associativo, l’intervenuta assoluzione, in parallelo giudizio, del capo della contestata associazione)» (Sez. 6, n. 52590 del 14/10/2016, COGNOME, Rv. 268485 – 01; Sez. 3, n. 19198 del 28/02/2017, COGNOME, Rv. 269937 – 01).
1.2. A fronte di una motivazione adeguata, logica, non contraddittoria e conforme ai principi di diritto fissati nella materia trattata, entrambi i motiv d’impugnazione si risolvono in una valutazione delle risultanze processuali
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alternativa a quella ritenuta dai giudici di merito e, in quanto tale, non è scrutinabile in sede di legittimità, atteso che il compito demandato dal legislatore alla Corte di cassazione -per quanto qui d’interesse- non è quello di stabilire se il giudice di merito abbia proposto la migliore ricostruzione dei fatti ovvero quello di condividerne la giustificazione. Il compito del giudice di legittimità è quello di verificare la conformità della sentenza impugnata alla legge sostanziale e a quella processuale, cui si aggiunge il controllo sulla motivazione che, però, è restrittivamente limitato alle ipotesi tassative della carenza, della manifesta illogicità e della contraddittorietà. Con l’ulteriore precisazione che la carenza va identificata con la mancanza della motivazione per difetto grafico o per la sua apparenza; che l’illogicità deve essere manifesta -ossia individuabile con immediatezza- e sostanzialmente identificabile nella violazione delle massime di esperienza o delle leggi scientifiche, così configurandosi quando la motivazione sia disancorata da criteri oggettivi di valutazione, e trascenda in valutazioni soggettive e congetturali, insuscettibili di verifica empirica; la contraddittorietà si configura quando la motivazione si mostri in contrasto -in termini di inconciliabilità assolutacon atti processuali specificamente indicati dalla parte e che rispetto alla struttura argomentativa abbiano natura portante, tale che dalla loro eliminazione deriva l’innplosione della struttura argomentativa impugnata.
Da quanto esposto discende l’inammissibilità del ricorso di COGNOME.
I ricorsi di COGNOME Costantino, COGNOME NOME COGNOME e COGNOME COGNOME lamentano l’omessa motivazione in punto di sussistenza di cause di proscioglimento ai sensi dell’art. 129 cod. proc. pen. ovvero il difetto di motivazione o la violazione di legge in punto di affermazione della responsabilità per i delitti rispettivamente contestati.
Ciò premesso, tali ricorsi sono inammissibili perché propongono questioni non consentite in presenza di una sentenza pronunciata a seguito di rinuncia ai motivi di ricorso, dovendosi richiamare il consolidato insegnamento della Corte di cassazione secondo il quale «in tema di concordato in appello, è ammissibile il ricorso in cassazione avverso la sentenza emessa ex art. 599-bis cod. proc. pen. che deduca motivi relativi alla formazione della volontà della parte di accedere al concordato, al consenso del pubblico ministero sulla richiesta ed al contenuto difforme della pronuncia del giudice, mentre sono inammissibili le doglianze relative a motivi rinunciati, alla mancata valutazione delle condizioni di proscioglimento ex art. 129 cod. proc. pen. e, altresì, a vizi attinenti alla determinazione della pena che non si siano trasfusi nella illegalità della sanzione inflitta, in quanto non rientrante nei limiti edittali ovvero diversa da quella prevista dalla legge», (Sez. 1, Sentenza n. 944 del 23/10/2019 Cc., dep. 13/01/2020, Rv. 278170).
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I ricorsi in esame si pongono, dunque, al di fuori delle ipotesi per cui è consentito il ricorso per cassazione nei confronti di una sentenza emessa ai sensi dell’art. 599-bis cod. proc. pen..
Quanto esposto comporta la declaratoria di inammissibilità di tutti i ricorsi ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna di tutti i ricorrenti al pagamento delle spese del procedimento nonché, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento in favore della cassa delle ammende della somma di euro tremila ciascuno, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così è deciso, 17/12/2024
Il Consigliere estensore
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NOME COGNOME
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