Ricorso Inammissibile in Cassazione: Il Caso di Bancarotta Fraudolenta
L’ordinanza della Corte di Cassazione che analizziamo oggi offre uno spunto fondamentale per comprendere i limiti del giudizio di legittimità, soprattutto quando ci si trova di fronte a un ricorso inammissibile. Il caso riguarda due imprenditori, un padre e un figlio, condannati per il grave reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale. La decisione della Suprema Corte non entra nel merito della colpevolezza, ma si concentra su un aspetto puramente procedurale, ribadendo un principio cardine del nostro sistema giudiziario.
I Fatti del Processo
La vicenda giudiziaria inizia con la condanna in primo grado da parte del Tribunale di Firenze. Entrambi gli imputati vengono ritenuti colpevoli di bancarotta fraudolenta patrimoniale. La Corte d’Appello, successivamente, interviene sulla decisione, riformandola solo parzialmente. Mentre la condanna per l’imprenditore più anziano viene confermata, la pena per il figlio viene rideterminata e ridotta a due anni di reclusione, con la concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena, grazie al riconoscimento di circostanze attenuanti.
Non soddisfatti della sentenza di secondo grado, entrambi gli imputati decidono di presentare ricorso alla Corte di Cassazione, l’ultimo grado di giudizio, nel tentativo di ottenere l’annullamento della condanna.
L’Analisi del Ricorso Inammissibile in Cassazione
I motivi presentati dai due ricorrenti erano vari. In primo luogo, entrambi hanno riproposto censure già formulate nei precedenti gradi di giudizio, senza però confrontarsi criticamente con le argomentazioni contenute nella sentenza della Corte d’Appello. In sostanza, hanno chiesto alla Cassazione di riesaminare i fatti e le prove, un’operazione che non rientra nelle competenze del giudice di legittimità.
Nello specifico, il figlio sosteneva che mancassero le prove di una sua gestione di fatto della società dopo le sue dimissioni formali. Anche in questo caso, la sua doglianza si traduceva nella richiesta di una diversa valutazione delle prove, attività preclusa in Cassazione. Analogamente, il terzo motivo del suo ricorso, relativo alla sussistenza del dolo specifico, è stato giudicato in parte infondato e in parte inammissibile per le medesime ragioni.
Le Motivazioni della Decisione
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile per tutti i motivi proposti. La motivazione di questa decisione è netta e si fonda su un principio consolidato: la Corte di Cassazione non è un ‘terzo grado’ di giudizio nel merito, ma un giudice di legittimità. Il suo compito non è quello di stabilire se gli imputati siano colpevoli o innocenti riesaminando le prove (la cosiddetta ‘rivalutazione delle fonti probatorie’), ma solo di verificare che la legge sia stata applicata correttamente e che la motivazione della sentenza impugnata sia logica e non contraddittoria.
Nel caso specifico, i ricorsi si limitavano a reiterare argomentazioni di fatto e a sollecitare una nuova lettura del materiale probatorio, ignorando le ragioni giuridiche e logiche esposte dalla Corte d’Appello per giungere alla condanna. Poiché i motivi del ricorso non evidenziavano vizi di legge o difetti di motivazione rilevanti, ma miravano a un riesame del merito, la Corte non ha potuto fare altro che dichiararli inammissibili.
Le Conclusioni: Conseguenze Pratiche del Ricorso Inammissibile
La dichiarazione di inammissibilità ha avuto conseguenze dirette e significative per i ricorrenti. Innanzitutto, la sentenza di condanna della Corte d’Appello è diventata definitiva. In secondo luogo, come previsto dall’articolo 616 del codice di procedura penale, i ricorrenti sono stati condannati al pagamento delle spese processuali. Infine, è stata disposta la loro condanna al pagamento di una somma di 3.000 euro in favore della Cassa delle ammende. Questa pronuncia sottolinea l’importanza di strutturare un ricorso per cassazione in modo tecnicamente corretto, concentrandosi esclusivamente su questioni di diritto e vizi logici della motivazione, pena l’inevitabile dichiarazione di inammissibilità.
Perché il ricorso presentato alla Corte di Cassazione è stato dichiarato inammissibile?
Perché i motivi del ricorso si limitavano a reiterare censure già formulate e a chiedere una nuova valutazione delle prove, attività non consentita alla Corte di Cassazione, che può giudicare solo sulla corretta applicazione della legge e non riesaminare i fatti.
Qual era l’accusa principale mossa ai due imprenditori?
L’accusa era quella di bancarotta fraudolenta patrimoniale, un reato che consiste nel sottrarre i beni dell’azienda ai creditori prima o durante il fallimento.
Quali sono state le conseguenze della dichiarazione di inammissibilità per i ricorrenti?
La sentenza di condanna della Corte d’Appello è diventata definitiva. Inoltre, i ricorrenti sono stati condannati al pagamento delle spese processuali e di una somma di 3.000 euro in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 36191 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 36191 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 24/09/2025
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME NOME nato a FIRENZE il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato a FIRENZE il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 19/12/2024 della CORTE APPELLO di FIRENZE
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
che con la sentenza in epigrafe la Corte di appello di Firenze ha parzialmente riformato la sentenza del 14 luglio 2021 del Tribunale di Firenze, che aveva condannato per il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale NOME COGNOME alla pena di anni quattro e mesi tre di reclusione e NOME COGNOME alla pena di anni tre e mesi tre di reclusione, rideterminando la pena di NOME COGNOME, previa concessione delle circostanze attenuanti di cui all’art. 62-bis cod. pen., in anni due di reclusione con il beneficio della sospensione condizionale della pena;
che il primo motivo del ricorso di NOME COGNOME e il primo motivo del ricorso di NOME COGNOME sono inammissibili poiché si limitano a reiterare le analoghe censure formulate con i gravami senza confrontarsi con le ragioni della decisione e comunque invocano una rivalutazione delle fonti probatorie non consentita in questa sede di legittimità;
che il secondo motivo del ricorrente NOME COGNOME è manifestamente infondato poiché vi è adeguata motivazione in merito al trattamento sanzionatorio;
che il secondo motivo di ricorso del ricorrente NOME COGNOME è inammissibile, in quanto sostenendo che mancano le prove che egli abbia amministrato di fatto la società dopo le sue dimissioni dalla carica, invoca una diversa valutazione delle prove non consentita in questa sede e comunque non si confronta con le ragioni della decisione che ha indicato gli argomenti che portano a ritenere che il ricorrente abbia continuato a gestire la società;
che il terzo motivo di ricorso di NOME COGNOME è manifestamente infondato in quanto è stata fornita adeguata motivazione in sentenza sulla sussistenza del dolo specifico, nonché risulta essere inammissibile nel resto in quanto il ricorrente invoca una rivalutazione delle fonti probatorie non consentita in sede di legittimità;
che all’inammissibilità dei ricorsi consegue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e, ai sensi dell’art. 616, comma 1, cod. proc. pen., al pagamento in favore della Cassa delle ammende di una somma che si reputa equo fissare in euro 3.000,00;
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso il 24/09/2025.