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Ricorso inammissibile: Cassazione e attenuanti

Un individuo condannato per detenzione di arma clandestina e ricettazione ha presentato appello in Cassazione. La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile a causa della genericità delle motivazioni, confermando il diniego delle attenuanti generiche per mancanza di reale pentimento. La decisione sottolinea il potere discrezionale del giudice di merito nella valutazione della pena e le conseguenze economiche di un appello infondato.

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Pubblicato il 27 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: Quando l’Appello in Cassazione è Vago

Nel complesso mondo della giustizia penale, l’esito di un processo non dipende solo dai fatti, ma anche dal modo in cui le questioni legali vengono presentate nelle sedi di impugnazione. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce le severe conseguenze di un appello formulato in modo generico, definendolo un ricorso inammissibile. Questo caso offre spunti fondamentali sul diniego delle attenuanti generiche e sui limiti del sindacato di legittimità sulla quantificazione della pena.

I Fatti del Processo

La vicenda giudiziaria ha origine da una condanna emessa dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Taranto. L’imputato era stato ritenuto responsabile dei reati di detenzione di arma clandestina, ricettazione e altro, con una pena fissata in quattro anni e otto mesi di reclusione, oltre a una multa. La Corte di Appello di Lecce, pur escludendo l’aggravante della recidiva e rimodulando leggermente la sanzione, aveva confermato la responsabilità penale dell’imputato. Contro questa decisione, la difesa ha proposto ricorso per cassazione.

Le Doglianze del Ricorrente e il Ricorso Inammissibile

I difensori hanno basato il loro appello su due principali motivi:
1. Errata qualificazione giuridica e illogicità della motivazione: La difesa contestava il modo in cui i fatti erano stati inquadrati giuridicamente dalla Corte territoriale.
2. Mancato riconoscimento delle attenuanti generiche e trattamento sanzionatorio eccessivo: Si lamentava che i giudici non avessero adeguatamente considerato il concreto disvalore dei fatti e la funzione rieducativa della pena, negando così una riduzione della sanzione.

Tuttavia, la Corte di Cassazione ha stroncato sul nascere queste argomentazioni, bollando l’intero appello come un ricorso inammissibile.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha fornito una spiegazione chiara e netta per la sua decisione, basata su principi consolidati della procedura penale.

La Mancanza di Reale Resipiscenza

Per quanto riguarda la richiesta di attenuanti generiche, i giudici di legittimità hanno avallato la valutazione della Corte d’Appello. Le dichiarazioni spontanee rese dall’imputato non sono state interpretate come un segno di genuino pentimento (resipiscenza), ma come una mera scelta di opportunità tattica, compiuta di fronte a un quadro probatorio ormai solido e “granitico”. In assenza di elementi positivi che dimostrino un reale cambiamento interiore, il diniego delle attenuanti è stato ritenuto corretto e privo di vizi logici.

Il Potere Discrezionale del Giudice di Merito

La Cassazione ha ribadito un principio cardine: la quantificazione della pena rientra nel potere discrezionale del giudice di merito. Questo potere, se esercitato in modo logico, coerente e senza contraddizioni, non può essere messo in discussione in sede di legittimità. Le critiche della difesa sono state giudicate aspecifiche e assertive, quasi una richiesta di rivalutare nel merito elementi già ponderati dai giudici dei gradi precedenti. La Corte ha precisato che il giudice non è tenuto a esaminare analiticamente tutti i parametri dell’art. 133 del codice penale, ma a fornire una motivazione congrua nel suo complesso. Le argomentazioni del ricorrente, essendo vaghe e puramente confutative, non sono riuscite a instaurare un “effettivo dialogo” con la sentenza impugnata, risultando quindi inefficaci.

Le Conclusioni

La decisione finale è stata la dichiarazione di inammissibilità del ricorso. Questa pronuncia comporta conseguenze significative per il ricorrente: non solo la condanna diventa definitiva, ma l’imputato è anche tenuto al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende. Questa ordinanza serve da monito: un ricorso per cassazione deve essere fondato su vizi specifici, logici e giuridici della sentenza impugnata. Appelli generici, che si limitano a riproporre le stesse argomentazioni già respinte o a chiedere una nuova valutazione dei fatti, sono destinati a essere dichiarati inammissibili, con un aggravio di costi per il condannato.

Perché la Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile?
La Corte ha ritenuto il ricorso inammissibile perché i motivi presentati erano generici, assertivi e meramente confutativi, privi di un confronto critico specifico con le argomentazioni della sentenza impugnata.

Per quale motivo non sono state concesse le attenuanti generiche all’imputato?
Le attenuanti generiche non sono state concesse perché le dichiarazioni dell’imputato sono state valutate come una mera scelta di opportunità, prive di un substrato di reale pentimento (resipiscenza), a fronte di un quadro probatorio definito di ‘granitica consistenza’.

Quali sono le conseguenze economiche di un ricorso dichiarato inammissibile?
In base all’art. 616 del codice di procedura penale, la dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, che in questo caso è stata determinata in tremila euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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