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Ricorso inammissibile: Cassazione e art. 393-bis

La Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile contro una condanna per resistenza a pubblico ufficiale. Il motivo è che l’appello era una mera riproduzione di censure già respinte, senza nuovi profili di legittimità, confermando la non applicabilità della scriminante dell’art. 393-bis cod. pen.

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Pubblicato il 23 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: la Cassazione Conferma i Limiti del Giudizio di Legittimità

Quando un cittadino si rivolge alla Corte di Cassazione, l’ultimo grado di giudizio, deve essere consapevole dei precisi limiti di questo esame. Un recente provvedimento ha ribadito un principio fondamentale: non si può utilizzare il ricorso in Cassazione per ottenere un nuovo processo sui fatti. Questa ordinanza ci offre lo spunto per analizzare il concetto di ricorso inammissibile e le sue conseguenze.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine da un ricorso presentato da un individuo condannato in Corte d’Appello per il reato di resistenza a pubblico ufficiale, previsto dall’articolo 337 del codice penale. L’imputato, nel suo ricorso per Cassazione, ha basato la sua difesa su un unico motivo: la presunta erronea mancata applicazione della causa di giustificazione prevista dall’articolo 393-bis del codice penale. Tale norma scriminante si applica quando un cittadino reagisce a un atto arbitrario del pubblico ufficiale.

La difesa sosteneva che le proprie azioni fossero una reazione legittima a un comportamento ingiusto dell’autorità, chiedendo di fatto ai giudici supremi di riconsiderare le dinamiche dell’accaduto, già valutate nei precedenti gradi di giudizio.

La Decisione sul ricorso inammissibile

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha dichiarato il ricorso inammissibile. Questa decisione non entra nel merito della colpevolezza o innocenza dell’imputato, ma si ferma a un livello procedurale. La Corte ha stabilito che i motivi presentati dal ricorrente non erano idonei a essere discussi in sede di legittimità.

Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende, una sanzione tipica per chi presenta ricorsi giudicati inammissibili o manifestamente infondati.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte ha basato la sua decisione su una constatazione chiara: il ricorso era meramente riproduttivo di argomenti già ampiamente esaminati e respinti dalla Corte d’Appello. Il giudice di merito aveva fornito una motivazione logica, coerente e puntuale per escludere l’applicazione dell’art. 393-bis, basandosi sia sulle prove raccolte sia sulle modalità specifiche della condotta del ricorrente.

Il ruolo della Cassazione, come sottolineato nell’ordinanza, non è quello di un ‘terzo grado’ di giudizio dove si possono rivalutare le prove e i fatti. Il suo compito è verificare la corretta applicazione della legge e la coerenza logica della motivazione della sentenza impugnata. Proporre argomenti che richiedono una nuova valutazione del merito, come tentare di dimostrare la sussistenza di una scriminante già esclusa con motivazione adeguata, trasforma il ricorso in un tentativo inaccettabile di rimettere in discussione l’accertamento dei fatti, compito che spetta esclusivamente ai giudici di primo e secondo grado.

In sostanza, il ricorso è stato considerato inammissibile perché non denunciava un vero e proprio errore di diritto o un vizio logico della sentenza, ma si limitava a riproporre una diversa interpretazione delle circostanze fattuali, già vagliate e motivatamente disattese.

Le Conclusioni

Questo provvedimento è un importante monito sui requisiti di accesso al giudizio di Cassazione. Un ricorso, per essere ammissibile, deve sollevare questioni di ‘legittimità’ (violazioni di legge, vizi di motivazione) e non di ‘merito’ (ricostruzione dei fatti). Quando un ricorso si limita a ripetere le stesse doglianze già respinte nei gradi precedenti senza evidenziare vizi specifici della sentenza impugnata, il suo destino è segnato: l’inammissibilità. Le conseguenze non sono solo la conferma della condanna, ma anche l’aggiunta di ulteriori sanzioni pecuniarie, che rappresentano un costo significativo per aver adito la Suprema Corte con argomenti non pertinenti alla sua funzione.

Quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Un ricorso viene dichiarato inammissibile quando risulta essere una mera riproduzione di censure già esaminate e respinte dal giudice di merito, senza presentare nuovi profili di legittimità, e quando mira a una rivalutazione dei fatti anziché a contestare vizi di legge o di motivazione.

È possibile contestare in Cassazione la mancata applicazione di una causa di giustificazione?
Sì, ma solo se si dimostra che la motivazione del giudice di merito è illogica, contraddittoria o giuridicamente errata. Non è ammissibile se il ricorso si limita a riproporre la stessa tesi fattuale già vagliata e disattesa con argomentazioni corrette.

Quali sono le conseguenze di un ricorso inammissibile?
La parte che ha proposto il ricorso viene condannata al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro, in questo caso tremila euro, in favore della Cassa delle ammende, come sanzione per aver inutilmente impegnato la Corte.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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