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Ricorso inammissibile: Cassazione e art. 131 bis c.p.

La Corte di Cassazione ha dichiarato un ricorso inammissibile, confermando la decisione della Corte d’Appello. Il ricorso verteva sulla mancata applicazione dell’art. 131 bis c.p. (particolare tenuità del fatto) e di un’attenuante. La Suprema Corte ha ritenuto che le motivazioni della sentenza impugnata fossero sufficienti e non illogiche, rendendo le censure inammissibili. La ricorrente è stata condannata al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende.

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Pubblicato il 5 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso inammissibile: Quando la Cassazione non entra nel merito

L’ordinanza in esame offre un chiaro esempio di come un ricorso inammissibile venga trattato dalla Corte di Cassazione, specialmente quando le censure riguardano il trattamento punitivo. Comprendere i limiti dell’appello in Cassazione è fondamentale per evitare condanne alle spese e sanzioni pecuniarie. In questo caso, la Suprema Corte ha rigettato le doglianze di una ricorrente contro una sentenza della Corte d’Appello di Torino, confermando la condanna e chiarendo i confini del proprio sindacato.

I Fatti del Processo

Una donna, condannata dalla Corte d’Appello di Torino con sentenza del 30 marzo 2023, ha presentato ricorso per Cassazione. Il suo obiettivo era ottenere una revisione della decisione dei giudici di secondo grado, contestando specifici aspetti legati alla valutazione della pena e alla qualificazione giuridica del fatto.

I Motivi del Ricorso: Focus sul Trattamento Punitivo

Il ricorso si concentrava su due punti principali, entrambi attinenti al cosiddetto “trattamento punitivo”:

1. Mancata Applicazione dell’art. 131 bis c.p.: La difesa sosteneva che il reato commesso dovesse essere considerato non punibile per la sua “particolare tenuità”, come previsto dall’articolo 131 bis del codice penale. Questa norma consente al giudice di escludere la punibilità per fatti di minima offensività.
2. Esclusione dell’Attenuante del Danno di Speciale Tenuità: La ricorrente lamentava anche la mancata applicazione dell’attenuante prevista dall’articolo 62, numero 4, del codice penale, relativa ai casi in cui il danno patrimoniale causato sia di lieve entità.

In sostanza, la difesa non contestava la colpevolezza in sé, ma la severità del trattamento sanzionatorio applicato, ritenendo che la Corte d’Appello avesse errato nel non riconoscere queste cause di non punibilità o di mitigazione della pena.

La Decisione della Corte: il Ricorso è Inammissibile

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza del 18 marzo 2025, ha dichiarato il ricorso inammissibile. Questa decisione non significa che la Corte abbia dato torto alla ricorrente nel merito delle sue argomentazioni, ma piuttosto che le argomentazioni stesse non potevano essere esaminate in quella sede. Di conseguenza, la Corte ha condannato la ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.

Le Motivazioni

La motivazione della Suprema Corte è di natura prettamente procedurale e si fonda su un principio cardine del giudizio di legittimità. La Corte ha ritenuto che i motivi del ricorso fossero inammissibili perché inerenti al trattamento punitivo, un’area in cui il giudice di merito (in questo caso, la Corte d’Appello) gode di un’ampia discrezionalità. La Cassazione può intervenire solo se la motivazione della sentenza impugnata è manifestamente illogica, contraddittoria o del tutto assente.

Nel caso specifico, la Corte ha osservato che la sentenza della Corte d’Appello era sorretta da una “sufficiente e non illogica motivazione”. I giudici di secondo grado avevano già esaminato adeguatamente le deduzioni difensive (come si evinceva dalle pagine 7 e 8 della loro sentenza) e avevano spiegato in modo coerente le ragioni per cui ritenevano di non applicare né l’art. 131 bis c.p. né l’art. 62 n. 4 c.p. Pertanto, il tentativo della ricorrente di ottenere una nuova valutazione nel merito da parte della Cassazione si è scontrato con i limiti strutturali del giudizio di legittimità, che non è un “terzo grado” di giudizio ma un controllo sulla corretta applicazione della legge.

Conclusioni

Questa ordinanza ribadisce un insegnamento fondamentale: il ricorso per Cassazione non è la sede per ridiscutere la valutazione dei fatti o l’adeguatezza della pena, a meno che non si possa dimostrare un vizio logico-giuridico palese nella motivazione del giudice precedente. Quando una sentenza di appello fornisce una giustificazione coerente e completa delle proprie scelte sanzionatorie, un ricorso che si limita a contestare tali scelte senza evidenziare vizi di legittimità è destinato a essere dichiarato inammissibile. Le conseguenze, come visto, non sono solo la conferma della condanna, ma anche l’aggiunta di ulteriori oneri economici per il ricorrente.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato ritenuto inammissibile perché le censure proposte riguardavano il trattamento punitivo, ma la sentenza della Corte d’Appello era supportata da una motivazione sufficiente e non illogica che aveva già esaminato le argomentazioni difensive.

Quali erano i principali argomenti della ricorrente?
La ricorrente contestava la mancata applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131 bis c.p.) e dell’attenuante per il danno di speciale tenuità (art. 62 n. 4 c.p.).

Quali sono le conseguenze economiche di un ricorso inammissibile?
La dichiarazione di inammissibilità comporta per il ricorrente la condanna al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro, in questo caso fissata in tremila euro, in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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