Ricorso Inammissibile: La Cassazione sui Limiti dell’Appello e l’Art. 131 bis
Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha chiarito i rigidi paletti procedurali che regolano l’impugnazione, dichiarando un ricorso inammissibile e fornendo importanti precisazioni sui motivi non deducibili in sede di legittimità. La decisione si concentra su due aspetti cruciali: l’impossibilità di presentare per la prima volta in Cassazione motivi non sollevati in appello e i limiti all’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131 bis c.p.) in presenza di precedenti penali.
I Fatti del Caso
Il caso trae origine dal ricorso presentato da un individuo avverso una sentenza della Corte d’Appello. Il ricorrente lamentava due vizi principali della decisione di secondo grado: in primo luogo, il mancato giudizio di prevalenza delle circostanze attenuanti generiche sulla recidiva contestata; in secondo luogo, l’errata motivazione sul mancato riconoscimento della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall’articolo 131 bis del codice penale.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile nella sua interezza. Di conseguenza, ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende. La decisione si fonda su una rigorosa applicazione delle norme procedurali che disciplinano il giudizio di legittimità.
Le Motivazioni sul Ricorso Inammissibile
La Corte ha analizzato separatamente i due motivi di ricorso, ritenendoli entrambi non meritevoli di un esame nel merito per diverse ragioni procedurali e sostanziali.
Il Primo Motivo: Motivi Nuovi in Cassazione
Relativamente alla prima doglianza, concernente il bilanciamento tra attenuanti e recidiva, la Cassazione ha evidenziato una preclusione di carattere processuale. La censura non era stata sollevata come specifico motivo di appello. L’articolo 606, comma 3, del codice di procedura penale, stabilisce chiaramente che non possono essere dedotti in Cassazione motivi diversi da quelli enunciati nei motivi di appello. Poiché il ricorrente non aveva contestato questo punto nel precedente grado di giudizio, la sua doglianza è stata ritenuta inammissibile in questa sede.
Il Secondo Motivo: Reiterazione e Art. 131 bis
Anche il secondo motivo, relativo all’applicazione dell’art. 131 bis c.p., è stato giudicato inammissibile. La Corte ha osservato che le argomentazioni del ricorrente costituivano una ‘pedissequa reiterazione’ di quelle già presentate e correttamente respinte dalla Corte d’Appello. Quest’ultima aveva negato il beneficio della non punibilità a causa dei numerosi precedenti penali dell’imputato, che delineavano un quadro di ‘abitualità del comportamento’. Secondo la Cassazione, tale abitualità è ostativa all’applicazione dell’istituto, in quanto il comportamento non può essere considerato episodico. La Corte ha inoltre richiamato un proprio precedente (Sez. 4, n. 27323/2017) per sottolineare che, ai fini della valutazione dell’abitualità, il giudice deve verificare se i reati presentino caratteri fondamentali comuni, valutazione che la Corte d’Appello aveva implicitamente compiuto.
Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Pronuncia
L’ordinanza in esame offre due importanti lezioni pratiche. In primo luogo, conferma il principio fondamentale secondo cui il giudizio di Cassazione non è un terzo grado di merito, ma un controllo di legittimità. È quindi essenziale che tutte le censure alla sentenza di primo grado siano chiaramente e completamente articolate nell’atto di appello, poiché non sarà possibile ‘recuperarle’ successivamente. In secondo luogo, la pronuncia rafforza l’interpretazione restrittiva dell’art. 131 bis c.p.: la presenza di precedenti penali, soprattutto se indicativi di una tendenza a delinquere, rappresenta un ostacolo quasi insormontabile al riconoscimento della particolare tenuità del fatto, rendendo il ricorso inammissibile su questo punto se non adeguatamente argomentato contro la logica della decisione impugnata.
È possibile presentare in Cassazione un motivo di ricorso non discusso in appello?
No, la Corte di Cassazione ha ribadito che, a pena di inammissibilità, non è consentito presentare motivi di ricorso che non siano stati specificamente dedotti nel precedente grado di giudizio (appello), come previsto dall’art. 606, comma 3, del codice di procedura penale.
Perché è stato negato il beneficio della non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131 bis c.p.)?
Il beneficio è stato negato perché il ricorso si limitava a ripetere argomenti già respinti in appello. Inoltre, la Corte ha ritenuto corretta la decisione dei giudici di merito, che hanno escluso l’applicabilità dell’art. 131 bis a causa dei numerosi precedenti penali del ricorrente, indicativi di un comportamento abituale ostativo alla concessione del beneficio.
Cosa significa che un motivo di ricorso è una ‘pedissequa reiterazione’?
Significa che il motivo presentato in Cassazione è una semplice e letterale ripetizione di quanto già sostenuto in appello, senza muovere una critica specifica e argomentata contro le ragioni della sentenza impugnata. Questo vizio rende il motivo di ricorso inammissibile.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 9022 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 9022 Anno 2025
Presidente: IMPERIALI NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 18/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a COSENZA il 27/07/1982
avverso la sentenza del 09/05/2024 della CORTE APPELLO di CATANZARO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di NOME COGNOME
ritenuto che il primo motivo di ricorso che denuncia il mancato giudizio di prevalenza delle circostanze attenuanti generiche sulla contestata recidiva, non è consentito in sede di legittimità poiché, in primo luogo, la censura non risulta essere stata previamente dedotta come motivo di appello secondo quanto è prescritto a pena di inammissibilità dall’art. 606 comma 3 cod. proc. pen., come si evince dal riepilogo dei motivi di gravame riportato nella sentenza impugnata (si veda pag. 1 della sentenza impugnata), che l’odierno ricorrente avrebbe dovuto contestare specificamente nell’odierno ricorso, se incompleto o comunque non corretto e considerata, in secondo luogo, l’inammissibilità della doglianza secondo quanto previsto all’art. 99 quarto comma cod. pen.;
ritenuto che il secondo motivo di ricorso, che contesta la correttezza della motivazione posta a base del mancato riconoscimento della causa di non punibilità di cui all’art. 131 bis cod. pen., è indeducibile perché fondato su motivi che si risolvono nella pedissequa reiterazione di quelli già dedotti in appello e puntualmente disattesi dalla corte di merito nella parte in cui ha correttamente ritenuto non applicabile l’invocata causa di non punibilità a causa dei numerosi precedenti penali da cui risulta essere gravato il ricorrente (si veda in particolare pag. 5 della sentenza impugnata);
che, inoltre, ai fini della configurabilità della abitualità del comportamento, ostativa all’applicazione della causa di non punibilità prevista dall’art. 131 bis cod. pen., l’identità dell’indole dei reati eventualmente commessi deve essere valutata dal giudice in relazione al caso esaminato, verificando se in concreto i reati presentino caratteri fondamentali comuni (Sez. 4, n. 27323 del 04/05/2017 , Rv. 270107 – 01);
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e al pagamento della somma di euro tremila alla cassa dell ammende.
Roma, 18/02/2025
Il Prepdejlte