Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 14169 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
REPUBBLICA ITALIANA
Penale Sent. Sez. 2 Num. 14169 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 25/03/2025
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SECONDA SEZIONE PENALE
PUBBLICA UDIENZA DEL 25.03.2025
Composta da:
SENTENZA
NOME COGNOME
Presidente
N. SEZ. 588/2025
NOME COGNOME
rel. Consigliere
REGISTRO GENERALE N. 3242/2025
NOME COGNOME
Consigliere
NOME COGNOME
Consigliere
NOME COGNOME
Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato ad Aci Catena il 23/03/1955
avverso la sentenza del 05/07/2024 della Corte di appello di Catania visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del Pubblico ministero, in persona della Sostituta Procuratrice generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo di voler dichiarare inammissibile il ricorso, con le conseguenti statuizioni.
Corte di Cassazione – copia non ufficiale
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 5 luglio 2024 la Corte di appello di Catania confermava la sentenza con la quale il primo Giudice, ad esito del giudizio abbreviato, aveva ritenuto NOME COGNOME colpevole del reato di concorso in usura continuata in danno di NOME COGNOME e lo aveva condannato alla pena di tre anni, un mese, dieci giorni di reclusione e 8.000,00 euro di multa.
Firmato Da: NOME COGNOME Emesso Da: TRUSTPRO QUALIFIED CA 1 Serial#: NUMERO_CARTA – Firmato Da: NOME COGNOME Emesso Da: TRUSTPRO QUALIFIED CA 1 Serial#: 627f66c00d1ad6da
Firmato Da: NOME COGNOME Emesso Da: TRUSTPRO QUALIFIED CA 1 Serial#: 388cdef69db42334
In particolare, i Giudici di merito ritenevano provato che COGNOME avesse svolto il ruolo di mediatore tra la famiglia COGNOME e COGNOME e avesse per questo ricevuto una percentuale della somma a titolo di interessi usurari.
Ha proposto ricors o l’ imputato chiedendo l’annullamento della sentenza in ragione di quattro motivi.
2.1. Erronea applicazione della legge penale in relazione alla ritenuta riconducibilità della condotta posta in essere dall’imputato alla fattispeci e di cui all’art. 644, secondo comma, cod. pen. nonché vizio della motivazione per travisamento del fatto in ordine al ritenuto accordo di mediazione usuraria perfezionatosi tra le parti.
Dagli atti è emerso solo che il ricorrente mise in contatto Selmi con i coniugi NOME COGNOME e NOME COGNOME su richiesta della vittima che gli aveva rappresentato di aver bisogno di denaro, senza partecipare però all’accordo usurario che ne seguì. La somma corrisposta a COGNOME non fu il frutto di un preventivo accordo con COGNOME per la mediazione usuraria bensì fu solo un ‘obolo’ corrispostogli da quest’ultimo.
2.2. Vizio di motivazione in ordine all’applicazione dell’aumento per l’aggravante della recidiva.
La Corte d’appello, nella sostanz a, ha ritenuto applicabile la recidiva solo sulla base dei precedenti penali dell’imputato senza verificare se la commissione del reato sia stato sintomatico della sua maggiore capacità a delinquere, in contrasto con i principi affermati dalla giurisprudenza di legittimità.
2.3. Manifesta illogicità ovvero mancanza della motivazione in ordine al diniego delle attenuanti generiche, che la Corte avrebbe dovuto riconoscere in ragione del ruolo marginale svolto dall’imputato, limitatosi ad accompagnare la persona offesa dai coniugi COGNOME.
2.4. Vizio di motivazione in ordine alla mancata applicazione della disciplina del reato continuato tra il fatto-reato di cui qui si tratta e quelli ex artt. 416bis e 629 cod. pen. giudicati con sentenza emessa il 24 maggio 2023 dal G.u.p. del Tribunale di Catania, divenuta irrevocabile.
Il ricorrente era intraneo al clan ‘RAGIONE_SOCIALE‘, fratello del capo del gruppo insistente sul territorio acese ed era dedito a commettere reati contro il patrimonio, come dichiarato anche da due collaboratori di giustizia.
Essendosi in presenza di un reato permanente, era concretamente riscontrabile l’unicità del disegno criminoso perché il reato di usura (reato -fine oggetto dell’associazione) era stato deliberato nell’arco temporale in cui COGNOME era partecipe del sodalizio.
Si è proceduto alla trattazione scritta del procedimento in cassazione, in mancanza di alcuna tempestiva richiesta di discussione proposta ai sensi dell’art. 611, commi 1bis e 1ter , del codice di rito.
Il Procuratore generale ha depositato conclusioni scritte, indicate in epigrafe.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile perché proposto con motivi generici, non consentiti o manifestamente infondati.
2. Il primo motivo è generico e non consentito.
Per sostenere che COGNOME non svolse il ruolo di intermediario retribuito tra COGNOME e la coppia di usurai la difesa, in primo luogo, ha proposto una lettura alternativa di una conversazione ambientale tra i coniugi, dimostrativa comunque del versamento di una somma di denaro all’imputato, in contrasto con il principio secondo il quale in sede di legittimità è possibile prospettare una interpretazione del significato di una intercettazione diversa da quella proposta dal giudice di merito solo in presenza del travisamento della prova ovvero nel caso in cui il contenuto sia stato indicato in modo difforme da quello reale e la difformità risulti decisiva e incontestabile (cfr., Sez. U, n. 22471 del 26/02/2015, Sebbar, Rv. 263715 -01; Sez. 3, n. 44938 del 05/10/2021, COGNOME, Rv. 282337 -01; Sez. 2, n. 50701 del 04/10/2016, COGNOME, Rv. 268389 -01; Sez. 3, n. 35593 del 17/05/2016, COGNOME, Rv. 267650 -01; Sez. 6, n. 46301 del 30/10/2013, Corso, Rv. 258164 -01).
In secondo luogo -ciò che più rileva -il ricorso ha obliterato che la sentenza di primo grado ha richiamato altre nove conversazioni (telefoniche o ambientali) a riprova del ruolo di intermediario retribuito svolto da COGNOME.
La pronuncia impugnata ha indicato a titolo esemplificativo quella citata dalla difesa, ma ha comunque aderito integralmente alla ricostruzione del fatto effettuata dal primo Giudice, sicché si è in presenza di una doppia conforme anche nell’iter motivazion ale.
Va ricordato in proposito che la sentenza di appello si salda con quella precedente per formare un unico complessivo corpo argomentativo, specie quando i motivi di gravame, come nel caso di specie, non abbiano riguardato elementi nuovi, ma si siano limitati a prospettare circostanze già esaminate e ampiamente chiarite nella pronuncia di primo grado (Sez. U, n. 6682 del 04/02/1992, COGNOME , Rv. 191229 -01; Sez. 2, n. 37295 del 12/06/2019, E., Rv. 277218 -01; Sez. 3, n. 44418 del 16/07/2013, COGNOME, Rv. 257595 -01; Sez. 3, n. 13926 del 01/12/2011, dep. 2012, NOME, Rv. 252615 -01).
Non sussiste, dunque, alcuna violazione di legge né alcun vizio nella motivazione, peraltro genericamente denunciato dalla difesa, che in sostanza ha lamentato una decisione erronea, perché fondata su una valutazione delle prove asseritamente contrastante con gli atti acquisiti nella fase delle indagini preliminari.
Il ricorrente ha evocato un ‘travisamento del fatto in ordine alla ricostruzione dell’accadimento e della condotta posta in essere dal Patanè’ e neppure un travisamento della prova, vizio che comunque vede circoscritta la cognizione del giudice di legittimità alla verifica di conformità delle rappresentazioni dell’elemento probatorio nella motivazione e, rispettivamente, nel relativo atto del processo per evidenziarne l’eventuale, incontrovertibile e pacifica distorsione, in termini quasi di “fotografia”, neutra e a-valutativa, del “significante”, ma non del “significato”, atteso il persistente divieto di rilettura e di re-interpretazione nel merito dell’elemento di prova (cfr., Sez. 1, n. 45331 del 17/02/2023, Rezzuto, Rv. 285504 -01; Sez. 5, n. 26455 del 09/06/2022, COGNOME, Rv. 283370 -01; Sez. 2, n. 9106 del 12/02/2021, COGNOME, Rv. 280747 -01; Sez. 6, n. 5465 del 04/11/2020, dep. 2021, F., Rv. 280601 -01; Sez. 3, n. 18521 del 11/01/2018, COGNOME, Rv. 273217 -01).
3. Il motivo in tema di recidiva è privo di fondamento.
Alla luce di numerose pronunce della Corte costituzionale, chiamata a verificare la compatibilità della nuova disciplina con vari principi della Carta fondamentale (sent. n. 192 del 14/06/2007, cui hanno fatto seguito molte ordinanze d’inammissibil ità di analogo tenore: n. 409 del 2007, nn. 33, 90, 193 e 257 del 2008, n. 171 del 2009), le Sezioni Unite della Corte di cassazione, in una ormai risalente pronuncia, seguita da molte altre conformi, hanno statuito che il giudice, in presenza di una corretta contestazione della recidiva, è tenuto a verificare in concreto se la reiterazione dell’illecito sia effettivo sintomo di riprovevolezza e pericolosità, dovendosi tenere conto, in particolare, «della natura dei reati, del tipo di devianza di cui sono il segno, della qualità dei comportamenti, del margine di offensività delle condotte, della distanza temporale e del livello di omogeneità esistente fra loro, dell’eventuale occasionalità della ricaduta e di ogni altro possibile parametro individualizzante significativo della personalità del reo e del grado di colpevolezza» (Sez. U, n. 35738 del 27/5/2010, COGNOME, Rv. 247839 -01).
Nel caso in esame la Corte di appello, con motivazione immune da vizi (neppure specificamente indicati nel ricorso, ove la stessa è stata censurata ‘perché eccessivamente sintetica ed apodittica’ ), ha ritenuto che il nuovo reato sia stato espressivo di maggiore pericolosità e colpevolezza dell’imputato in
ragione della gravità del fatto (precisando che la somma di venticinque euro veniva percepita mensilmente per tutto il periodo di durata della corresponsione degli interessi usurari) nonché della presenza di precedenti penali rilevanti e specifici (anche per estorsione e partecipazione ad associazione di tipo mafioso), elementi fondamentali fra quelli indicati nella sentenza COGNOME.
La motivazione sul diniego delle attenuanti generiche non è affatto mancante o manifestamente illogica, avendo la sentenza impugnata rimarcato la gravità del delitto commesso, i precedenti penali dell’imputato e l’assenza di elementi di segno positivo.
Va ribadito in proposito che l’omesso riconoscimento delle suddette attenuanti può essere legittimamente giustificato anche sulla base dei soli precedenti penali (cfr., Sez. 3, n. 34947 del 03/11/2020, S., Rv. 280444 -01; Sez. 6, n. 57565 del 15/11/2018, COGNOME, Rv. 274783 -01; Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017, COGNOME, Rv. 271269 -01) ovvero in assenza di elementi o circostanze di segno positivo (Sez. 3, n. 24128 del 18/03/2021, COGNOME, Rv. 281590 -01; Sez. 1, n. 39566 del 16/02/2017, COGNOME, Rv. 270986 -01; Sez. 3, n. 44071 del 25/09/2014, COGNOME, Rv. 260610 -01); inoltre, il giudice di merito non è tenuto a prendere in considerazione tutti gli elementi dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficiente che egli faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo tutti gli altri disattesi o superati da tale valutazione (cfr., Sez. 2, n. 23903 del 15/07/2020, Marigliano, Rv. 279549 -01; Sez. 3, n. 1913 del 20/12/2018, dep. 2019, COGNOME, Rv. 275509 -01; Sez. 2, n. 3896 del 20/01/2016, COGNOME, Rv. 265826 -01).
5. È manifestamente infondato anche l’ultimo motivo di ricorso.
La sentenza ha escluso il vincolo della continuazione fra i fatti-reato oggetto del presente processo e quelli giudicati con altra sentenza divenuta irrevocabile, in conformità al principio affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte, secondo il quale il giudice di merito deve procedere ad una «rigorosa, approfondita verifica della sussistenza di concreti indicatori -quali l’omogeneità delle violazioni e del bene protetto, la contiguità spazio-temporale, le singole causali, le modalità della condotta, la sistematicità e le abitudini programmate di vita -del fatto che, al momento della commissione del primo reato della serie, i successivi fossero stati realmente già programmati almeno nelle loro linee essenziali, non essendo sufficiente, a tal fine, valorizzare la presenza di taluno degli indici di cui sopra se i successivi reati risultino comunque frutto di determinazione estemporanea, di contingenze occasionali, di complicità
imprevedibili, ovvero di bisogni e necessità di ordine contingente, o ancora della tendenza a porre in essere reati della stessa specie o indole in virtù di una scelta delinquenziale compatibile con plurime deliberazioni» (Sez. U, n. 28569 del 18/05/2017, COGNOME, Rv. 270074 -01; in senso conforme, fra le tante, Sez. 1, n. 8937 del 06/02/2025, COGNOME , non mass.).
L’accertamento di tali indici -come di recente ribadito da questa Corte -«è rimesso all’apprezzamento del giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità, quando il convincimento del giudice sia sorretto da una motivazione adeguata e congrua, senza vizi logici e travisamento dei fatti» (Sez. 1, n. 25540 del 05/04/2024, COGNOME, non mass.), quale quella espressa nella sentenza impugnata là dove si è osservato che il delitto di qui si tratta è stato commesso dal ricorrente in via del tutto autonoma e per una iniziativa personale, tant’è che non è stata contestata l’aggravante dell’agevolazione mafiosa.
Inoltre, la Corte d’appello ha evidenziato che nella sentenza con la quale COGNOME è stato condannato per partecipazione ad associazione di tipo mafioso i reati di usura sono stati contestati ad altri imputati ma non al ricorrente.
6. All’inammissibilità dell’impugnazione proposta segue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento nonché, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento in favore della cassa delle ammende della somma di euro tremila, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 25/03/2025.
Il Consigliere estensore Il Presidente
NOME COGNOME COGNOME
NOME COGNOME