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Ricorso inammissibile: Cassazione conferma sentenza

La Corte di Cassazione ha dichiarato un ricorso inammissibile proposto da un imputato contro una sentenza della Corte d’Appello. I motivi, incentrati sulla valutazione dei fatti e sul trattamento sanzionatorio, sono stati ritenuti manifestamente infondati, in quanto mera riproposizione di questioni già decise. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 12 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso inammissibile: quando la Cassazione non riesamina i fatti

Un ricorso inammissibile è uno degli esiti più comuni e significativi nel processo davanti alla Corte di Cassazione. Con una recente ordinanza, i giudici supremi hanno ribadito un principio fondamentale: la Cassazione non è un terzo grado di giudizio dove si possono ridiscutere i fatti, ma un organo che valuta unicamente la corretta applicazione della legge. Analizziamo questo caso per capire meglio i confini del giudizio di legittimità.

I Fatti del Processo

La vicenda trae origine da un ricorso presentato avverso una sentenza della Corte d’Appello di Napoli. L’imputato, condannato nei primi due gradi di giudizio, ha tentato di ribaltare la decisione portando la questione davanti alla Corte di Cassazione. I motivi di doglianza erano essenzialmente due:

1. Una critica alla ricostruzione dei fatti operata dai giudici di merito. Nello specifico, si contestava la valutazione del rischio di investimento da parte di un militare che aveva intimato l’alt.
2. Una contestazione sul trattamento sanzionatorio, ritenuto eccessivo, con particolare riferimento alla mancata concessione delle attenuanti generiche e alla quantificazione finale della pena.

La Decisione della Corte: un ricorso inammissibile

La Corte di Cassazione ha esaminato i motivi presentati e li ha respinti entrambi, dichiarando il ricorso inammissibile. Questa decisione non entra nel merito delle questioni sollevate, ma si ferma a un livello preliminare, stabilendo che il ricorso non possiede i requisiti per essere giudicato.

La conseguenza diretta di tale pronuncia è la conferma definitiva della sentenza di condanna emessa dalla Corte d’Appello e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di 3.000 euro in favore della Cassa delle ammende.

Le Motivazioni della Cassazione

La Corte ha spiegato in modo chiaro e conciso le ragioni della sua decisione, analizzando separatamente i due motivi di ricorso.

Il Primo Motivo: la Riproposizione di Questioni di Fatto

Il primo motivo è stato giudicato manifestamente infondato. I giudici hanno sottolineato che il ricorrente non stava denunciando un errore di diritto o un vizio logico nella motivazione della sentenza impugnata. Al contrario, stava semplicemente riproponendo la stessa questione di fatto già ampiamente e correttamente valutata dal giudice di primo grado. La Cassazione ha ricordato che il suo ruolo non è quello di effettuare una nuova valutazione delle prove o una diversa ricostruzione degli eventi. Questo compito spetta esclusivamente ai tribunali di merito (primo grado e appello). Tentare di ottenere un terzo giudizio sui fatti è un’operazione destinata all’insuccesso e conduce, come in questo caso, all’inammissibilità.

Il Secondo Motivo: la Discrezionalità sul Trattamento Sanzionatorio

Anche il secondo motivo, relativo alla pena, è stato ritenuto manifestamente infondato. La Corte ha osservato che la Corte d’Appello aveva fornito una motivazione adeguata e logica sia per escludere la concessione delle attenuanti generiche, sia per determinare l’entità della pena. Quando la decisione del giudice di merito su questi aspetti è correttamente motivata, non è censurabile in sede di legittimità. La Cassazione non può sostituire la propria valutazione a quella del giudice di merito sulla congruità della pena, se questa è sorretta da argomentazioni non palesemente illogiche.

Le Conclusioni

Questa ordinanza è un esempio emblematico della funzione della Corte di Cassazione nel sistema penale italiano. La decisione di dichiarare il ricorso inammissibile serve a ribadire che non è possibile utilizzare il giudizio di legittimità come un’ulteriore istanza per ridiscutere i fatti del processo. Gli avvocati devono strutturare i ricorsi evidenziando vizi di legge o di motivazione, non semplici divergenze sulla valutazione delle prove. Per l’imputato, la pronuncia di inammissibilità comporta non solo la definitività della condanna, ma anche un ulteriore onere economico, rendendo cruciale una valutazione attenta sull’opportunità di presentare ricorso.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi presentati sono stati ritenuti manifestamente infondati. Nello specifico, il primo motivo si limitava a riproporre questioni di fatto già valutate nei precedenti gradi di giudizio, mentre il secondo contestava una decisione sul trattamento sanzionatorio che era stata adeguatamente motivata dalla Corte d’Appello.

Cosa significa che un motivo di ricorso è una ‘riproposizione di questioni di fatto’?
Significa che l’appellante sta chiedendo alla Corte di Cassazione di riesaminare le prove e la dinamica degli eventi, un compito che spetta esclusivamente ai giudici di primo e secondo grado (giudici di merito). La Corte di Cassazione, invece, è un giudice di legittimità, il cui ruolo è verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione, non rivalutare i fatti.

Quali sono le conseguenze per il ricorrente quando un ricorso viene dichiarato inammissibile?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna definitiva del ricorrente alla pena stabilita dalla sentenza impugnata. Inoltre, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, che in questo caso ammonta a tremila euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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