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Ricorso inammissibile: Cassazione conferma la condanna

La Corte di Cassazione ha dichiarato un ricorso inammissibile presentato da un imputato contro una sentenza di condanna della Corte d’Appello per resistenza e oltraggio a pubblico ufficiale. La Suprema Corte ha ritenuto che i motivi del ricorso non fossero validi in sede di legittimità, confermando la correttezza giuridica della decisione impugnata e condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 4 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: La Cassazione Conferma la Condanna per Resistenza e Oltraggio

Con l’ordinanza n. 27235 del 2024, la Corte di Cassazione si è pronunciata su un caso di resistenza e oltraggio a pubblico ufficiale, chiarendo i limiti entro cui è possibile contestare una sentenza di condanna in sede di legittimità. La decisione sottolinea un principio fondamentale del nostro sistema processuale: la Suprema Corte non è un terzo grado di giudizio sul merito dei fatti. Quando un’impugnazione non solleva questioni di pura legittimità, il risultato è un ricorso inammissibile, con conseguenze economiche per chi lo propone. Analizziamo questa pronuncia per comprendere meglio la sua portata.

I Fatti del Processo

Il caso ha origine da un ricorso presentato da un cittadino contro la sentenza della Corte d’Appello di Campobasso. Quest’ultima, riformando la decisione di primo grado, lo aveva ritenuto colpevole dei reati di resistenza a pubblico ufficiale (art. 337 c.p.) e oltraggio a un pubblico ufficiale in presenza di più persone (art. 341 bis c.p.).

La difesa del ricorrente contestava la decisione della Corte territoriale su due fronti principali:
1. Sulla resistenza: Si sosteneva che la condotta tenuta non fosse idonea a configurare una reale opposizione all’operato del pubblico ufficiale.
2. Sull’oltraggio: Si contestava la sussistenza del requisito della percezione delle espressioni oltraggiose da parte di più persone, elemento necessario per la configurabilità del reato secondo l’art. 341 bis c.p.

Il ricorrente, attraverso il suo legale, aveva anche depositato una memoria difensiva per ribadire la fondatezza dei suoi motivi, sperando di ottenere un annullamento della condanna.

La Decisione della Cassazione e il ricorso inammissibile

La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha esaminato il ricorso e lo ha dichiarato inammissibile. Questa decisione non entra nel merito delle argomentazioni difensive, ma si concentra sulla loro natura. La Suprema Corte ha stabilito che i motivi presentati non erano “consentiti dalla legge in sede di legittimità”.

In altre parole, le censure proposte dal ricorrente non sollevavano vizi di violazione di legge o difetti di motivazione, ma miravano a una nuova e diversa valutazione dei fatti già esaminati dalla Corte d’Appello. Questo tipo di richiesta è preclusa in Cassazione, il cui compito è verificare la corretta applicazione delle norme giuridiche e la coerenza logica della motivazione della sentenza impugnata, non ricostruire la vicenda.

Di conseguenza, oltre a dichiarare l’inammissibilità, la Corte ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende, come previsto dall’articolo 616 del codice di procedura penale.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La motivazione dell’ordinanza è sintetica ma estremamente chiara. I giudici di legittimità hanno evidenziato che la Corte d’Appello aveva già affrontato e risolto le questioni sollevate dalla difesa. La sentenza di secondo grado aveva fornito “argomenti giuridicamente corretti” per spiegare perché la condotta dell’imputato integrasse sia il reato di resistenza sia quello di oltraggio.

La Corte di Cassazione ha ritenuto che la decisione impugnata fosse ben motivata e coerente, senza le contraddizioni o le violazioni di legge che avrebbero potuto giustificare un annullamento. I motivi del ricorso, pertanto, si traducevano in un mero dissenso rispetto alla valutazione dei fatti compiuta dal giudice di merito, un’operazione non consentita davanti alla Suprema Corte. L’inammissibilità del ricorso è stata quindi una conseguenza diretta della natura delle censure sollevate.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Decisione

Questa ordinanza ribadisce un principio cruciale per chiunque intenda impugnare una sentenza penale in Cassazione. È fondamentale che i motivi del ricorso si concentrino su questioni di diritto (violazione di legge) o su vizi logici evidenti della motivazione, e non su una semplice rilettura delle prove o dei fatti. Un ricorso inammissibile non solo non porta al risultato sperato, ma comporta anche un’ulteriore condanna economica per il ricorrente. La decisione serve da monito: il ricorso per cassazione è uno strumento straordinario di controllo della legalità, non una terza istanza per discutere nuovamente il merito della causa.

Per quali motivi il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi presentati non erano consentiti in sede di legittimità. Essi, infatti, non contestavano la violazione della legge o vizi di motivazione, ma miravano a una nuova valutazione dei fatti già correttamente esaminati e decisi dalla Corte d’Appello.

Quali sono le conseguenze di un ricorso inammissibile?
Secondo l’art. 616 del codice di procedura penale, la dichiarazione di inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e di una somma pecuniaria in favore della Cassa delle ammende, che in questo caso è stata fissata in 3.000 euro.

Cosa aveva stabilito la Corte d’Appello nel caso di specie?
La Corte d’Appello, ribaltando la decisione di primo grado, aveva ritenuto l’imputato colpevole dei reati ascritti, fornendo argomentazioni giuridicamente corrette e una coerente configurazione dei reati di resistenza e oltraggio a pubblico ufficiale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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