Ricorso Inammissibile: Quando la Cassazione Chiude la Porta a Motivi Ripetitivi
L’ordinanza in esame offre un chiaro esempio di come la Corte di Cassazione gestisce un ricorso inammissibile, ovvero un’impugnazione che non supera il vaglio preliminare di ammissibilità. Comprendere le ragioni di tale decisione è fondamentale per capire i limiti del giudizio di legittimità e l’importanza di formulare un ricorso in modo tecnicamente corretto, senza limitarsi a ripetere argomenti già sconfessati.
I Fatti del Caso
Un individuo, condannato dalla Corte di Appello di Palermo, decideva di presentare ricorso per Cassazione avverso la sentenza. L’obiettivo era ottenere un annullamento della pronuncia di secondo grado, contestando diversi aspetti della decisione, tra cui la qualificazione giuridica del fatto, la mancata concessione di attenuanti e la misura della pena inflitta.
La Decisione della Corte di Cassazione: il Ricorso Inammissibile
La Suprema Corte, con l’ordinanza del 31 ottobre 2024, ha tagliato corto, dichiarando il ricorso inammissibile. Questa decisione non entra nel merito delle questioni sollevate, ma si ferma a un livello precedente: la verifica dei requisiti che un ricorso deve possedere per poter essere esaminato. Quando questi requisiti mancano, il risultato è una declaratoria di inammissibilità, che comporta la conferma definitiva della sentenza impugnata e sanzioni aggiuntive per il ricorrente.
I Motivi alla Base dell’Inammissibilità del Ricorso
La Corte ha stabilito che i motivi addotti dal ricorrente non erano consentiti nella sede di legittimità. In parole semplici, il ricorso non sollevava questioni sulla corretta interpretazione o applicazione della legge, ma si limitava a riproporre le stesse critiche già avanzate e respinte dai giudici di merito. La Cassazione ha sottolineato come tali argomentazioni fossero ‘meramente riproduttivi’ di profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi.
La Conferma della Valutazione di Merito
Pur dichiarando il ricorso inammissibile, la Corte ha implicitamente confermato la correttezza del lavoro dei giudici di appello, definendo le loro argomentazioni ‘giuridicamente corrette, puntuali e coerenti’. In particolare, sono stati ritenuti incensurabili i seguenti punti della sentenza di secondo grado:
1. Qualificazione del Fatto: L’esclusione dell’ipotesi di reato di lieve entità (prevista dall’art. 73, comma 5, del Testo Unico Stupefacenti) è stata giustificata sulla base del ‘dato ponderale’, cioè la quantità della sostanza sequestrata, ritenuto elemento decisivo.
2. Mancata Concessione delle Attenuanti: La decisione di non applicare le attenuanti generiche (art. 62-bis c.p.) e quella del danno di speciale tenuità (art. 62 n. 4 c.p.) è stata considerata ben motivata.
3. Misura della Pena: La pena inflitta è stata giudicata congrua, tenendo conto sia della riduzione già ottenuta in appello sia del fatto che si discostava minimamente dal limite minimo previsto dalla legge.
Le Motivazioni della Corte
Le motivazioni della Corte si fondano su un principio cardine del nostro sistema processuale: il ruolo della Cassazione non è quello di un terzo grado di giudizio sul fatto. La Corte non può rivalutare le prove o sostituire il proprio apprezzamento a quello dei giudici di merito. Il suo compito è garantire l’uniforme interpretazione della legge e il rispetto delle norme processuali. Un ricorso che, invece di denunciare vizi di legittimità (come un’errata applicazione della legge o un vizio logico manifesto della motivazione), si limita a riproporre una diversa lettura delle risultanze processuali, esula dalle competenze della Corte e viene, pertanto, dichiarato inammissibile. La pronuncia ribadisce che i motivi devono essere specifici e pertinenti al giudizio di legittimità, non una sterile ripetizione di doglianze già esaminate.
Conclusioni
L’ordinanza in commento rappresenta un monito importante: il ricorso per Cassazione è uno strumento tecnico che richiede argomentazioni giuridiche nuove e specifiche. La mera riproposizione di questioni di fatto già decise nei gradi di merito è una strategia destinata al fallimento. Le conseguenze di un ricorso inammissibile sono severe: la sentenza di condanna diventa irrevocabile e il ricorrente viene condannato non solo al pagamento delle spese processuali, ma anche a versare una somma significativa (in questo caso, tremila euro) alla Cassa delle ammende, come previsto dall’art. 616 del codice di procedura penale. Questo caso evidenzia l’importanza di affidarsi a una difesa tecnica specializzata, capace di individuare reali vizi di legittimità da sottoporre al vaglio della Suprema Corte.
Perché un ricorso in Cassazione può essere dichiarato inammissibile?
Un ricorso viene dichiarato inammissibile quando presenta motivi non consentiti dalla legge in sede di legittimità, come la semplice riproposizione di argomenti di fatto già valutati e respinti dai giudici di merito, senza sollevare reali questioni di diritto.
Quali sono le conseguenze di un ricorso inammissibile?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la conferma definitiva della sentenza impugnata. Inoltre, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria in favore della Cassa delle ammende, come stabilito dall’art. 616 del codice di procedura penale.
In questo caso, perché è stata esclusa l’ipotesi di reato di lieve entità?
L’ipotesi di reato di lieve entità è stata esclusa sulla base del ‘decisivo rilievo’ attribuito al ‘dato ponderale’, ovvero alla quantità della sostanza illecita, che i giudici hanno ritenuto incompatibile con una valutazione di minore gravità del fatto.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 47411 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 47411 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 31/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a PALERMO il 01/03/1997
avverso la sentenza del 07/03/2024 della CORTE APPELLO di PALERMO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME
7
letto il ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME avverso la sentenza in epigrafe;
esaminati gli atti e il provvedimento impugnato;
ritenuto che il ricorso è inammissibile perché i motivi prospettati non sono consentiti dal legge in sede di legittimità in quanto meramente riproduttivi di profili di censura adeguatamente vagliati e disattesi dai giudici del merito con argomenti giuridicamente corretti puntuali rispetto al portato delle doglianze difensive, coerenti con riguardo alle emergenz acquisite oltre che immuni da manifeste incongruenze logiche in relazione alla corretta qualificazione data al fatto contestato ( escludendo l’ipotesi di cui al comma 5 dell’ad 73 a luce del decisivo rilievo da ascrivere al dato ponderale), alla esclusa applicabilità delle attenu di cui agli artt. 62-bis e 62 n. 4 cp, alla misura della pena irrogata ( veppiù considerando sostanziale riduzione apportata accogliendo sul punto l’appello e il minimo discostamento dal relativo limite edittale);
rilevato che all’inammissibilità del ricorso conseguono le pronunce di cui all’art. 616 co proc. pen.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in data 31 ottobre 2024.