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Ricorso inammissibile: Cassazione conferma condanna

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, dichiara un ricorso inammissibile avverso una sentenza della Corte d’Appello di Napoli. La Suprema Corte ha ritenuto i motivi del ricorso ‘aspecifici’, confermando la decisione impugnata e condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria di 3.000 euro.

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Pubblicato il 9 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: quando la Cassazione chiude la porta a motivi generici

Presentare un ricorso in Cassazione è l’ultimo grado di giudizio nel nostro ordinamento, ma non è un’opportunità per ridiscutere l’intera vicenda processuale. Un’ordinanza recente della Suprema Corte ci ricorda un principio fondamentale: i motivi di ricorso devono essere specifici e puntuali. In caso contrario, la conseguenza è la dichiarazione di ricorso inammissibile, con conseguente condanna al pagamento di spese e sanzioni. Analizziamo insieme questa decisione per capire meglio.

I Fatti del Caso

La vicenda trae origine da una sentenza della Corte di Appello di Napoli. Un imputato, non soddisfatto della decisione dei giudici di secondo grado, decideva di presentare ricorso per Cassazione. I punti contestati erano diversi e riguardavano aspetti cruciali della condanna, tra cui:

* La determinazione della pena (la cosiddetta dosimetria sanzionatoria).
* Il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche.
* La valutazione sulla recidiva.
* La mancata applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall’art. 131-bis del codice penale.

In sostanza, il ricorrente lamentava una valutazione a suo dire troppo severa da parte della Corte d’Appello, auspicando una pena più mite.

La Decisione della Corte di Cassazione sul ricorso inammissibile

La Corte di Cassazione, con una motivazione sintetica ma estremamente chiara, ha dichiarato il ricorso inammissibile. Gli Ermellini hanno stabilito che le argomentazioni presentate dal ricorrente erano ‘aspecifiche’. Questo significa che, invece di individuare precise illogicità o violazioni di legge nella sentenza d’appello, i motivi si limitavano a una generica richiesta di un trattamento sanzionatorio più favorevole.

L’importanza della specificità dei motivi

La Cassazione non è un terzo grado di merito. Il suo compito non è quello di riesaminare i fatti e decidere se l’imputato è colpevole o innocente, né di scegliere una pena diversa da quella decisa dai giudici precedenti. Il ruolo della Suprema Corte è quello di ‘giudice della legittimità’: verifica che i giudici di merito abbiano applicato correttamente la legge e abbiano motivato la loro decisione in modo logico e coerente.
Un ricorso, per essere accolto, deve quindi attaccare la ‘struttura’ logico-giuridica della sentenza, non semplicemente il suo ‘risultato’.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte ha ritenuto che la motivazione della Corte di Appello di Napoli fosse adeguata e puntuale su tutti i punti contestati. I giudici di secondo grado avevano spiegato in modo esauriente perché avevano determinato la pena in quella misura, perché non avevano concesso le attenuanti generiche e perché non ritenevano applicabile la causa di non punibilità.

A fronte di questa motivazione, il ricorrente, secondo la Cassazione, si è limitato a ‘invocare una pena più mite’, senza però instaurare un ‘confronto effettivo’ con le argomentazioni dei giudici di merito. Mancava, in altre parole, l’indicazione di un concreto vizio di illogicità che potesse giustificare l’intervento della Suprema Corte. La richiesta era, in sostanza, una velata istanza di riesame del merito, inammissibile in sede di legittimità.

Le Conclusioni: le conseguenze pratiche del ricorso inammissibile

La dichiarazione di ricorso inammissibile non è priva di conseguenze. Ai sensi dell’articolo 616 del codice di procedura penale, essa comporta due effetti automatici per il ricorrente:

1. La condanna al pagamento delle spese processuali del grado di giudizio.
2. La condanna al versamento di una somma di denaro alla cassa delle ammende. In questo caso, la Corte ha stabilito un importo di 3.000 euro, ritenuto equo in ragione delle questioni sollevate.

Questa ordinanza ribadisce un messaggio importante per chi intende adire la Corte di Cassazione: il ricorso deve essere un atto tecnico, fondato su critiche precise e pertinenti alla legittimità della decisione impugnata, e non un semplice tentativo di ottenere una valutazione più favorevole. In caso contrario, oltre alla conferma della condanna, si andrà incontro a ulteriori sanzioni economiche.

Perché la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile?
Perché i motivi presentati dal ricorrente sono stati giudicati ‘aspecifici’, ossia si limitavano a una generica richiesta di una pena più mite senza contestare in modo puntuale e argomentato eventuali vizi di legittimità o illogicità della sentenza impugnata.

Quali sono le conseguenze economiche di un ricorso inammissibile?
La dichiarazione di inammissibilità comporta, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma in denaro a favore della cassa delle ammende, che in questo caso specifico è stata fissata in 3.000 euro.

La Corte di Cassazione può riesaminare i fatti per decidere una pena diversa?
No, la Corte di Cassazione è un giudice di legittimità, non di merito. Il suo compito non è rivalutare i fatti, ma verificare che la legge sia stata applicata correttamente e che la motivazione della sentenza precedente sia logica e non contraddittoria. Non può sostituire la propria valutazione a quella dei giudici di merito per determinare una pena diversa.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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