Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 10354 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 10354 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 21/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a SAN NOME LA COSTA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 15/09/2023 della CORTE APPELLO di CATANZARO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Motivi della decisione
COGNOME NOME ricorre, a mezzo del difensore, avverso la sentenza di cui in epigrafe deducendo: violazione di legge in riferimento all’art. 192 cod. proc. pen. per erronea ed illogica interpretazione delle risultanze probatorie per il reato di cui all’art. 4 L. 110/75, e all’art. 62 bis cod. pen. per mancato riconoscimento delle attenuanti generiche, per il quale la difesa chiede di valutare in maniera positiva la risalenza nel tempo delle condotte contestate, il corretto comportamento assunto dal COGNOME durante le operazioni di controllo operate dalla Polizia Giudiziaria, nonché il comportamento processuale completamente esente da rilievi critici durante tutta la fase dibattimentale; vizio motivazionale in relazione all’erronea applicazione dell’art. 186 co. 2, lett. c), cod. strada, poiché all’arrivo della fo pubblica presso la stazione di rifornimento l’autovettura era ferma con il motore avviato e non marciante.
Chiede, pertanto, annullarsi la sentenza impugnata.
I motivi sopra richiamati sono manifestamente infondati, in quanto assolutamente privi di specificità in tutte le loro articolazioni e del tutto assertivi.
I motivi in questione non sono consentiti dalla legge in sede di legittimità perché sono riproduttivi di profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi con corretti argomenti giuridici dal giudice di merito e non sono scanditi da necessaria critica analisi delle argomentazioni poste a base della decisione impugnata ed afferiscono al trattamento punitivo benché sorretto da sufficiente e non illogica motivazione e da adeguato esame delle deduzioni difensive
3. Ne deriva che il proposto ricorso va dichiarato inammissibile.
Il ricorrente, in concreto, non si confronta adeguatamente con la motivazione della corte di appello, che appare logica e congrua, nonché corretta in punto di diritto -e pertanto immune da vizi di legittimità.
3.1. I giudici del gravame del merito, hanno dato infatti conto degli elementi di prova in ordine alla responsabilità del prevenuto, ed in particolare hanno accertato che alla guida ci fosse l’imputato ed hanno ritenuto privi di rilevanza i rilie difensivi alla validità e/o attendibilità degli esiti degli esami alcolemici effett sulla persona dell’imputato posto che gli stessi sono stati effettuati attraverso un etilometro che era regolarmente omologato, oltre che sottoposto a revisione periodica.
Quanto alla contestata circostanza che l’imputato fosse alla guida dell’auto si rimanda alla condivisibile e recente disamina della questione operata da Sez. 4 n. 4931 del 23/1/2024, COGNOME, non mass. che ha affermato il principio di diritto che: “In tema di guida in stato di ebbrezza, qualora l’imputato sia controllato dagli
operanti al di fuori della propria autovettura, a fronte di plurimi elementi indizia che portino a ritenere che egli si trovasse alla guida già in stato di ebbrezza, è onere dell’imputato introdurre elementi di prova atti a suffragare la tesi difensiva che egli non fosse alla guida o che il consumo di alcolici sia stato successivo all’incidente, ad esempio, attraverso la produzioni degli scontrini di acquisto dell’alcool, la constatazione della presenza sul luogo dei fatti di bicchieri o bottiglie, o una prova testimoniale che collochi l’assunzione dell’alcool in un momento intercorrente tra le cessazione della guida e l’intervenuto controllo.
3.2. In ordine al reato di cui all’art. 4 L. 110/75, i giudici hanno poi dato att che il COGNOME non ha mai addotto alcuna giustificazione in merito al possesso dell’ascia ritrovata nel bagagliaio dell’autovettura.
Tali dichiarazioni -si legge in sentenza- sono di certa e insuperabile attendibilità trovando integrale rispondenza nei verbali di perquisizione e sequestro acquisiti agli atti (nei quali non si dà atto delle giustificazioni sul possesso dell’ascia l’appellante afferma essere stata fornite nell’immediatezza del ritrovamento) nonché nella logica considerazione che le medesime non sono mai state oggetto, nel corso del giudizio di primo grado, né di alcuna richiesta difensiva di delucidazioni né di alcuna “contestazione” tesa a evidenziare le ben diverse circostanze che oggi si deducono a sostegno del proposto gravame.
Con motivazione logica e congrua il provvedimento impugNOME confuta le argomentazioni difensive, secondo le quali l’imputato nell’immediatezza dei fatti ha giustificato il possesso dell’ascia ritrovata nel bagagliaio della autovettura, spie gando che la medesima era “di proprietà del sig. NOME COGNOME, proprietario dell’autovettura prestata al fratello e taglialegna di professione”, evidenziando che tali affermazioni cozzano in maniera evidente con le chiare emergenze processuali dalle quali non emerge neppure un elemento a sostegno della tardiva tesi sopra esposta. Si ricorda, infatti, che nel corso dell’esame il teste COGNOME è stato esamiNOME in maniera specifica dal PM in ordine alle circostanze e alle modalità del ritrovamento dell’ascia di cui si discute e, nel rispondere alle diverse domande postegli su tale argomento, ha in maniera netta e precisa dichiarato che il COGNOME, nell’immediatezza dei fatti. non ne ha in alcun modo giustificato la detenzione, quantunque a ciò espressamente invitato e ha aggiunto. dopo avere precisato che l’ascia di cui si discute è solitamente utilizzata per i lavori in campagna, che i fat che qui occupano si sono verificati di sera (alle 20.10 circa) e che l’imputato non indossava abiti da lavoro. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Coerentemente, pertanto, i giudici di appello hanno ritenuto che non potesse, dunque, muoversi alcuna censura al ragionamento del giudice di primo grado an-
che nella parte in cui ha ritenuto la sussistenza del reato che qui occupa evidenziando come il COGNOME non abbia mai addotto alcuna giustificazione del possesso dell’ascia ritrovata nel bagagliaio della sua autovettura.
3.3. Infine, manifestamente infondato è il motivo relativo alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche, negate motivatamente dalla Corte territoriale sul rilievo della mancata concreta allegazione di alcun elemento volto a supportarla, tenuto conto della gravità dei fatti per cui si procede, così come sopra ricostruiti e della capacità a delinquere dell’imputato, che risulta già gravato da diversi precedenti.
Il provvedimento impugNOME appare collocarsi nell’alveo del costante dictum di questa Corte di legittimità, che ha più volte chiarito che, ai fini dell’assolviment dell’obbligo della motivazione in ordine al diniego della concessione delle attenuanti generiche, non è necessario che il giudice prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma sufficiente che egli faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo disattesi o superati tutti gli altri da tale valutazione (così Sez. 3, n 23055 del 23/4/2013, Banic e altro, Rv. 256172, fattispecie in cui la Corte ha ritenuto giustificato il diniego delle attenuanti generiche motivato con esclusivo riferimento agli specifici e reiterati precedenti dell’imputato, nonché al suo negativo comportamento processuale).
Il reato per cui, si procede, come correttamente rilevato dalla Corte territoriale, non era prescritto all’atto dell’emanazione della sentenza impugnata, e non lo è nemmeno oggi, in quanto i reati per cui si procede, commessi nel dicembre 2017, non sono prescritti, atteso che ricadono sotto le previsioni della c.d. riforma Orlando che, per tutti i reati commessi dopo la sua entrata in vigore (agosto 2017) ha introdotto un termine di sospensione di diciotto mesi decorrente dalla data del deposito della motivazione della sentenza di primo grado. Le contravvenzioni, in esame, pertanto, si sarebbero prescritte non prima del mese di giugno 2024.
Peraltro, nemmeno si sarebbe potuta porre in questa sede la questione di un’eventuale declaratoria della prescrizione maturata dopo la sentenza d’appello, in considerazione della manifesta infondatezza del ricorso. La giurisprudenza di questa Corte Suprema ha, infatti, più volte ribadito che l’inammissibilità del ricorso per cassazione dovuta alla manifesta infondatezza dei motivi non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione e preclude, pertanto, la possibilità di rilevare e dichiarare le cause di non punibilità a norma dell’art. 129 cod. proc. pen (così Sez. U. n. 32 del 22/11/2000, COGNOME, Rv. 217266 relativamente ad un caso in cui la prescrizione del reato era maturata successivamente alla sentenza impugnata con il ricorso; conformi, Sez. U., n. 23428 del 2/3/2005, COGNOME, Rv.
231164, e Sez. U. n. 19601 del 28/2/2008, COGNOME, Rv. 239400; in ultimo Sez. 2, n. 28848 del 8/5/2013, COGNOME, Rv. 256463).
Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura indicata in dispositivo
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 21 febbraio 2024
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