Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 7130 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 7130 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 14/12/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a Bergamo il DATA_NASCITA avverso la sentenza del 24/05/2022 della Corte di Appello di Brescia visti gli atti, il provvedimento impugnato, il ricorso e le conclusioni scritte delle parti;
udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore generale NOME AVV_NOTAIO, che ha chiesto dichiararsi l’annullamento senza rinvio del provvedimento impugnato;
lette le conclusioni depositate in data 29 novembre 2023 con le quali il difensore del ricorrente, AVV_NOTAIO, ha insistito nell’accoglimento dei motivi di ricorso ed ha chiesto l’annullamento della sentenza impugnata.
RITENUTO IN FATTO
NOME COGNOME, a mezzo del suo difensore, propone ricorso per cassazione avverso la sentenza del 24 maggio 2022 con la quale la Corte di Appello di Brescia, in parziale riforma della sentenza dell’Il ottobre 2018 del Tribunale di Bergamo, lo ha condannato alla pena di anni 4, mesi 2 di reclusione ed euro 4.0000,00 di multa in relazione al reato di cui all’art. 648 cod. pen. ed ha sostituito la pena accessoria dell’interdizione perpetua dai pubblici uffici con la pena accessoria dell’interdizione temporanea per anni 5.
Il ricorrente, con il primo motivo di impugnazione, lamenta inosservanza ed erronea applicazione degli artt. 125, 530 cod. proc. pen. e 648 cod. pen., travisamento della prova e manifesta illogicità della motivazione in ordine alla penale responsabilità dell’imputato.
La Corte territoriale avrebbe fondato la condanna esclusivamente sulle dichiarazioni rese dal teste NOME COGNOME senza procedere al necessario vaglio della sua attendibilità e senza valutare le ipotesi alternative prospettate nell’atto di appello fondate sul coinvolgimento del COGNOME nella commissione del reato di ricettazione.
Il ricorrente ha evidenziato che il COGNOME ha contattato la società RAGIONE_SOCIALE fornendo false generalità e dichiarando di lavorare per una azienda risultata inesistente, circostanze incompatibili, in punto di logica, con la genuina volontà di verificare la regolarità della situazione possessoria della autovettura di cui al capo di imputazione.
La motivazione sarebbe meramente congetturale nella parte in cui la Corte di merito afferma che il COGNOME voleva evitare di essere coinvolto in operazioni illecite in quanto a conoscenza dei precedenti penali del ricorrente. La difesa ha sostenuto, in proposito, che tale pregressa conoscenza sarebbe esclusa, in punto di logica, dal fatto che il ricorrente, a dire del COGNOME, si sarebbe rivolto ad un suo conoscente (NOME COGNOME) per proporgli di effettuare l’accertamento tecnico sulla vettura in questione con conseguente travisamento della prova.
Il COGNOME avrebbe mentito anche laddove ha riferito di aver contattato la società RAGIONE_SOCIALE solo dopo aver saputo della mancanza del certificato di proprietà della vettura, dichiarazione che appare illogica in quanto il teste avrebbe potuto più agevolmente chiedere delucidazioni al proprietario COGNOME.
Il COGNOME avrebbe, inoltre, falsamente affermato di aver utilizzato l’utenza telefonica NUMERO_TELEFONO esclusivamente per contattare l’RAGIONE_SOCIALE in quanto tale utenza era in uso al COGNOME o al COGNOME, in presenza dei quali avrebbe effettuato la chiamata; tale affermazione sarebbe smentita dalla deposizione dell’AVV_NOTAIO il quale avrebbe riferito che la predetta utenza era in uso all’imputato Tajocch i.
La motivazione sarebbe carente in ordine alla dimostrazione della consapevolezza del ricorrente della provenienza delittuosa del veicolo; i giudici di appello, con percorso argomentativo apodittico e congetturale, si sarebbero limitati ad affermare che l’imputato era consapevole dell’anomalia dei documenti inerenti la Porsche e del fatto che la stessa risultava oggetto di un leasing non riscattato senza indicare gli elementi probatori posti a fondamento di tale affermazione e senza tenere conto che lo stesso COGNOME ha riferito che il COGNOME
non era stato in grado di spiegargli i motivi della mancanza del certificato di proprietà.
Il ricorrente, con il secondo motivo di impugnazione, lamenta inosservanza ed erronea applicazione degli artt. 129 cod. proc. pen. e 99 cod. pen. conseguente alla mancata esclusione della recidiva ed alla mancata declaratoria di non doversi procedere per sopravvenuta prescrizione del reato contestato.
La Corte di merito, con motivazione carente ed erronea, avrebbe rigettato la richiesta di esclusione della recidiva senza tenere conto del fatto che tutti i delitti in relazione ai quali l’imputato è stato condannato sarebbero stati dichiarati estinti per esito positivo dell’affidamento in prova o comunque estinti ex lege ai sensi degli artt. 445, 460 e 578 cod. proc. pen.
La difesa ha, inoltre, sostenuto che, in conseguenza dell’esclusione della recidiva, il reato dovrebbe essere dichiarato estinto per il decorso del termine decennale di prescrizione.
Il ricorrente, con il terzo motivo di impugnazione, lamenta inosservanza ed erronea applicazione degli artt. 27 Cost., 132, 133 cod. proc. pen. nonché contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in ordine alla determinazione del trattamento sanzionatorio ed alla mancata concessione delle attenuanti generiche.
La Corte territoriale avrebbe adoperato delle mere formule di stile per giustificare la determinazione di una pena superiore al minimo edittale ed il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche, senza tenere conto dell’ottimo comportamento tenuto dal ricorrente «nell’esecuzione delle pene indicate» e delle «disagiate condizioni di vita ed economiche dello stesso al momento dei fatti» (vedi pag. 14 del ricorso).
Il difensore del ricorrente, in data 30 novembre 2023, ha depositato conclusioni scritte con le quali ha insistito nei motivi di ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile per le ragioni che seguono.
Il primo motivo di ricorso è articolato esclusivamente in fatto e, quindi, proposto al di fuori dei limiti del giudizio di legittimità, restando estranei ai poteri della Corte di RAGIONE_SOCIALEzione quello di una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione o l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti.
Il motivo è, al contempo, aspecifico in quanto reiterativo di medesime doglianze inerenti alla ricostruzione dei fatti e all’interpretazione del materiale
probatorio già espresse in sede di appello ed affrontate in termini precisi e concludenti dalla Corte territoriale
Tenuto conto della peculiare modalità di redazione del ricorso, che ha sostanzialmente riprodotto il relativo motivo di appello, si rende opportuno premettere, inoltre, che la funzione tipica dell’impugnazione è quella della critica argomentata avverso il provvedimento cui si riferisce. Il requisito della specificità dei motivi implica, infatti, l’onere di indicare, in modo chiaro e preciso, gli elementi fondanti le censure addotte, al fine di consentire al giudice di legittimità di individuare i rilievi mossi ed esercitare il proprio sindacato (Sez. U, n. 8825 del 27/10/2016, COGNOME, Rv. 268822 – 01; Sez. 6, n. 17372 del 08/04/2021, COGNOME, Rv. 281112 – 01).
Risulta, di conseguenza, di chiara evidenza che se il ricorso si limita a riprodurre i motivi di appello, per ciò solo si destina all’inammissibilità, venendo meno in radice l’unica funzione per la quale è previsto e ammesso (la critica argomentata al provvedimento), posto che con siffatta mera riproduzione il provvedimento impugnato, lungi dall’essere destinatario di specifica critica argomentata, è di fatto del tutto ignorato (vedi Sez. 2, n. 42046 del 17/07/2019, COGNOME, Rv. 277710 – 01; Sez. 6, n. 23014 del 29/04/2021, B., Rv. 281521 – 01).
2.1. Ciò premesso deve essere rimarcato che entrambe le sentenze hanno dato adeguatamente conto delle ragioni che hanno indotto i giudici di merito ad affermare che il ricorrente abbia commesso il reato di truffa, a seguito di una valutazione degli elementi probatori che appare rispettosa dei canoni di logica e dei principi di diritto che governano l’apprezzamento delle prove.
I giudici di appello, con motivazione esaustiva e conforme alle risultanze processuali, che riprende le argomentazioni dal Giudice di primo grado, come è fisiologico in presenza di una doppia conforme, hanno indicato e valutato gli elementi probatori idonei a dimostrare la penale responsabilità del ricorrente (vedi pagg. da 3 a 6 della sentenza di primo grado e pag. 4 della sentenza impugnata).
I giudici di primo e secondo grado hanno motivato adeguatamente in ordine all’attendibilità delle dichiarazioni del teste COGNOME (vedi pagg. 5 e 6 della sentenza di primo grado e pag. 4 della sentenza di appello): la versione dei fatti offerta dal teste risulta essere stata valutata in maniera logica, congrua, lineare, anche in considerazione della portata dei rimanenti elementi di prova, che non hanno evidenziato alcun profilo di contrasto significativo con le dichiarazioni rese dal teste né alcun interesse all’accusa da parte del COGNOME.
Tale ricostruzione, in nessun modo censurabile sotto il profilo della completezza e della razionalità, è fondata su apprezzamenti di fatto non
qualificabili in termini di contraddittorietà o di manifesta illogicità e perciò insindacabili in questa sede.
2.2. Il ricorso, obliterando le argomentazioni dei giudici di merito in ordine alla completezza ed attendibilità delle propalazioni del teste, non offre la compiuta rappresentazione e dimostrazione, di alcuna evidenza di per sé dotata di univoca, oggettiva e immediata valenza esplicativa, tale, cioè, da disarticolare, a prescindere da ogni soggettiva valutazione, il costrutto argomentativo della decisione impugnata, per l’intrinseca incompatibilità degli enunciati.
Il ricorrente, invocando una rilettura di elementi probatori estranea al sindacato di legittimità, chiede a questa Corte di entrare nella valutazione dei fatti e di privilegiare, tra le diverse ricostruzioni, quella a lui più gradita, senza confrontarsi con quanto motivato dalla Corte territoriale al fine di confutare le censure difensive prospettate in sede di appello e con le emergenze probatorie determinanti per la formazione del convincimento dei giudici di merito con conseguente aspecificità del motivo di ricorso.
3. Il secondo motivo di ricorso è manifestamente infondato.
L’analisi del certificato del casellario giudiziale del ricorrente comprova che i giudici di merito hanno correttamente ritenuto sussistente la contestata recidiva; in particolare le condanne di cui ai numeri 1, 2, 7, 8 e 9 del casellario, diversamente da quanto affermato nel ricorso, sono valutabili ai fini del riconoscimento della recidiva per i seguenti motivi:
in relazione ai reati di cui alla sentenza della Pretura di Bergamo del 15/10/1982 ed alla sentenza del Tribunale di Bergamo del 28/10/1985 (nn. 1 e 2 del certificato del casellario) deve essere ribadito che l’amnistia e l’indulto non fanno cessare gli effetti penali, tra i quali rientra la recidiva, che può quindi essere contestata anche in relazione ai reati la cui pena, inflitta con precedenti sentenze definitive, sia stata oggetto di amnistia o indulto. (vedi Sez. 3, n. 50617 del 18/06/2014, COGNOME, Rv. 261384 – 01; Sez. 2, n. 34147 del 30/04/2015, Agostino, Rv. 264629 – 01; Sez. 1, n. 48405 del 12/04/2017, F, Rv. 271415 – 01; da ultimo Sez. 1, n. 29877 del 24/03/2023, Susino, non massimata);
il delitto di cui alla sentenza del 29/06/1992 del Tribunale di Bergamo (n. 7 del certificato del casellario) non si è estinto ai sensi dell’art. 445 cod. proc. pen. in quanto il ricorrente, nel termine di cinque anni dalla data di irrevocabilità della sentenza (29/06/1992-29/06/1997) ha commesso in data 14 febbraio 1994 il delitto di cui all’art. 4 legge 516/1982, delitto
giudicato dal Tribunale di Bergamo con sentenza emessa in data 27/09/1996;
in relazione al reato oggetto della sentenza del Tribunale di Bergamo del 27/09/1996 (n. 8 del certificato del casellario) va rimarcato che la difesa ha affermato, in modo del tutto apodittico e privo di fondamento giuridico, la sopravvenuta abrogazione dell’art. 4 della legge 516/1982;
la sentenza emessa dalla Pretura di Bergamo in data 28/07/1997 (n. 9 del certificato del casellario), diversamente da quanto erroneamente affermato dal ricorrente, non è stata deliberata a seguito di applicazione concordata della pena e, di conseguenza, è destituito di fondamento il richiamo difensivo all’estinzione ex art. 445 cod. proc. pen. di tale statuizione.
Il terzo motivo di ricorso è aspecifico e non consentito non risultando adeguatamente enunciati e argomentati rilievi critici rispetto alle ragioni poste a fondamento del mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche e della determinazione del trattamento sanzionatorio.
4.1. I giudici di merito hanno correttamente valorizzato, ai fini del diniego delle generiche l’intensa capacità criminale del ricorrente desumibile dai numerosi precedenti penali e la mancanza di elementi favorevoli alla mitigazione della pena (vedi pagg. 6 e 7 della sentenza di primo grado e pag. 5 della sentenza impugnata).
Deve esser, in proposito, ribadito il principio affermato da questa Corte secondo cui non è necessario che il giudice di merito, nel motivare il diniego della concessione delle attenuanti generiche, prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficiente che, come nel caso di specie, la motivazione faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo disattesi o superati tutti gli altri da tale valutazione (Sez. 3, n. 2233 del 17/06/2021, COGNOME, Rv. 282693 – 01; Sez. 2, n. 23903 del 15/07/2020, COGNOME, Rv. 279549 – 02).
4.2. L’ulteriore doglianza con cui il ricorrente deduce la violazione di legge ed il vizio di motivazione in ordine alla determinazione della pena in misura superiore al minimo edittale, non è consentita in sede di legittimità in quanto mira ad una nuova valutazione della congruità della pena la cui determinazione, sorretta da sufficiente motivazione, non è stata frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico (vedi Sez. 2, n. 36104 del 27/04/2017, COGNOME ed altro, Rv. 271243 Sez. 2, n. 47512 del 03/11/2022, COGNOME, non massimata).
La Corte territoriale, con argomentazioni coerenti con le risultanze processuali ed immuni da illogicità manifeste, ha ritenuto congrua la pena determinata dal
primo giudice in misura di poco superiore al minimo edittale in ragione della gravità del reato desumibile dalle particolare modalità delle condotte e dal valore significativo del corpo del reato (vedi pag. 7 della sentenza di primo grado e pag. 5 della sentenza impugnata), elementi con i quali il ricorso ha omesso di confrontarsi adeguatamente.
Il Collegio intende ribadire, in proposito, il consolidato orientamento di questa Corte in materia di oneri motivazionali correlati alla definizione del trattamento sanzionatorio, secondo il quale la determinazione della pena costituisce il risultato di una valutazione complessiva e non di un giudizio analitico sui vari elementi offerti dalla legge, sicché l’obbligo di una motivazione rafforzata sussiste solo allorché la pena si discosti significativamente dal minimo edittale, mentre, nel caso in cui venga irrogata una pena al di sotto della media, è sufficiente il richiamo al criterio di adeguatezza della pena, nel quale sono impliciti gli elementi di cui all’art. 133 cod. pen. (Sez. 3, n. 29968 del 22/02/2019, COGNOME, Rv. 276288 – 01; Sez. 5, n. 47783 del 27/10/2022, COGNOME, non massimata).
5. All’inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento nonché, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento in favore della cassa delle ammende della somma di euro tremila, così equitativamente fissata.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE delle Ammende.
Così deciso il 14 dicembre 2023
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