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Ricorso inammissibile: Cassazione conferma condanna

La Corte di Cassazione ha dichiarato un ricorso inammissibile contro una condanna per detenzione di stupefacenti. I motivi, ritenuti generici e di fatto, non hanno scalfito la logica della sentenza d’appello, basata sulla quantità di droga, strumenti di confezionamento e frequentazioni sospette. Di conseguenza, l’imputato è stato condannato al pagamento delle spese e di un’ammenda.

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Pubblicato il 13 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: Analisi di una Decisione della Cassazione

Quando una sentenza di condanna viene impugnata, l’ultima speranza per l’imputato è spesso la Corte di Cassazione. Tuttavia, accedere a questo ultimo grado di giudizio richiede il rispetto di rigidi requisiti formali e sostanziali. Un’ordinanza recente ci offre un chiaro esempio di come un ricorso inammissibile venga gestito dalla Suprema Corte, confermando la decisione dei giudici di merito e mettendo la parola fine alla vicenda processuale.

I Fatti del Caso: Dalla Condanna all’Appello

Il caso ha origine da una sentenza di condanna emessa dalla Corte d’Appello di Bari nei confronti di un individuo per detenzione di sostanze stupefacenti ai fini di spaccio. L’imputato, non accettando la decisione, ha proposto ricorso per Cassazione, affidandosi a tre distinti motivi per cercare di ribaltare il verdetto.

L’Analisi della Corte: Perché il Ricorso è Inammissibile?

La Corte di Cassazione, esaminando il caso, ha rapidamente individuato la debolezza dell’impugnazione. I primi due motivi, analizzati congiuntamente per la loro stretta connessione, sono stati giudicati inammissibili. La ragione è duplice: erano ‘versati in fatto’ e ‘generici’.

La Valutazione degli Elementi di Prova

L’imputato tentava di rimettere in discussione l’interpretazione delle prove già valutate dalla Corte d’Appello. Tuttavia, la Cassazione non è un terzo grado di merito; non può riesaminare i fatti, ma solo verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione. I giudici di secondo grado avevano già argomentato in modo adeguato e non manifestamente illogico la loro decisione, basandosi su elementi concreti e significativi:

* La considerevole quantità di cocaina rinvenuta.
* La presenza di strumenti idonei al confezionamento delle dosi.
* La frequentazione dell’abitazione da parte di noti tossicodipendenti.
* L’assenza di prove di una condizione di dipendenza personale dell’imputato, che avrebbe potuto giustificare la detenzione per uso personale.

Questi elementi, nel loro insieme, costituivano un quadro probatorio solido a sostegno dell’accusa di spaccio.

Il Terzo Motivo di Ricorso e le Attenuanti Generiche

Il terzo motivo di ricorso lamentava una presunta illogicità nella riduzione della pena. Pur avendo concesso le circostanze attenuanti generiche, il giudice di merito aveva ridotto la pena detentiva e quella pecuniaria in percentuali diverse. Anche questa doglianza è stata respinta come manifestamente infondata. La Corte ha ribadito che rientra nel potere discrezionale del giudice di merito modulare la riduzione delle due pene, purché lo scostamento sia contenuto, come nel caso di specie.

Le Motivazioni della Decisione

Le motivazioni della Suprema Corte si fondano su principi cardine del nostro sistema processuale. Il ricorso inammissibile è la sanzione processuale per chi tenta di trasformare il giudizio di legittimità in un nuovo giudizio di merito. La Corte ha semplicemente constatato che la motivazione della sentenza d’appello era logica, coerente e basata su prove concrete, rendendo i tentativi dell’imputato di ‘disarticolarla’ del tutto inefficaci. Inoltre, è stato riaffermato il principio della discrezionalità del giudice di merito nel quantificare la pena e gli effetti delle attenuanti, un potere sindacabile in Cassazione solo in caso di palese illogicità, qui non riscontrata.

Le Conclusioni: Conseguenze Pratiche della Decisione

La dichiarazione di inammissibilità del ricorso comporta conseguenze molto concrete per l’imputato. La condanna della Corte d’Appello diventa definitiva, e non ci sono ulteriori possibilità di impugnazione. Oltre a ciò, l’imputato è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende. Questa sanzione pecuniaria, come chiarito dalla Corte Costituzionale, è giustificata dal fatto che l’imputato, proponendo un ricorso privo dei requisiti di legge, ha colpevolmente attivato un procedimento giudiziario senza fondamento, causando un inutile dispendio di risorse per il sistema giudiziario.

Perché i motivi principali del ricorso sono stati dichiarati inammissibili?
Perché erano considerati generici e basati su questioni di fatto. Il ricorrente cercava di ottenere una nuova valutazione delle prove, un compito che non spetta alla Corte di Cassazione, la quale si limita a controllare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione della sentenza impugnata.

Quali elementi hanno convinto i giudici che la droga non fosse per uso personale?
La decisione si è basata su una serie di elementi convergenti: la quantità di cocaina trovata, l’assenza di una provata condizione di dipendenza dell’imputato, la presenza di strumenti per il confezionamento delle dosi e la frequentazione della sua abitazione da parte di soggetti tossicodipendenti.

È legittimo che il giudice riduca la pena detentiva e quella pecuniaria in misura diversa dopo aver concesso le attenuanti generiche?
Sì, secondo la Corte rientra nei poteri del giudice di merito ridurre le due tipologie di pena (detentiva e pecuniaria) in misura diversa, anche dopo aver concesso le attenuanti generiche. Questo potere è discrezionale, a condizione che lo scostamento percentuale tra le riduzioni sia minimo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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