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Ricorso inammissibile: Cassazione conferma condanna

La Corte di Cassazione ha dichiarato un ricorso inammissibile presentato contro una condanna per resistenza a pubblico ufficiale. La decisione si basa sul fatto che l’appello riproponeva le stesse motivazioni già respinte dalla Corte d’Appello, senza introdurre nuovi elementi giuridici. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 11 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: la Cassazione e la Ripetitività dei Motivi

Quando si presenta un ricorso in Cassazione, è fondamentale introdurre nuove e specifiche censure legali contro la decisione impugnata. La recente ordinanza della Suprema Corte chiarisce che la semplice riproposizione di argomenti già esaminati e respinti nel grado precedente conduce a una declaratoria di ricorso inammissibile, con conseguente condanna alle spese e a una sanzione. Questo principio è stato ribadito in un caso riguardante il reato di resistenza a pubblico ufficiale.

I Fatti del Processo

Il caso ha origine da una condanna per il delitto previsto dall’art. 337 del codice penale, ovvero resistenza a un pubblico ufficiale. L’imputato, dopo la conferma della condanna da parte della Corte di Appello di Milano, ha deciso di portare la questione dinanzi alla Corte di Cassazione. Il fulcro del suo ricorso era la contestazione della sussistenza dell’elemento oggettivo del reato, in particolare sostenendo che la sua condotta violenta non fosse finalizzata a evitare l’arresto, ma avesse altre motivazioni.

La Decisione sul Ricorso Inammissibile

La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione, con una sintetica ma chiarissima ordinanza, ha tagliato corto, dichiarando il ricorso inammissibile. Gli Ermellini hanno osservato che il motivo presentato dal ricorrente non era altro che una mera riproduzione della stessa linea difensiva già adeguatamente analizzata e confutata dai giudici della Corte d’Appello. La sentenza di secondo grado, infatti, aveva già spiegato in modo esauriente come la condotta violenta dell’imputato fosse palesemente diretta a sottrarsi all’arresto.

Le Motivazioni

La Corte Suprema non è entrata nel merito della questione, poiché ha rilevato un vizio procedurale insuperabile. La motivazione della decisione si fonda su un principio cardine del giudizio di legittimità: il ricorso per cassazione non è un terzo grado di giudizio dove si possono rivalutare i fatti. Esso serve a controllare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione della sentenza impugnata. Riproporre doglianze identiche a quelle già respinte, senza evidenziare vizi di legittimità specifici (come un’errata applicazione della legge o una motivazione manifestamente illogica o contraddittoria da parte della Corte d’Appello), trasforma il ricorso in un tentativo di ottenere una nuova valutazione del merito, non consentita in quella sede. Di conseguenza, l’impugnazione è stata ritenuta priva dei requisiti minimi per essere esaminata.

Le Conclusioni

Le implicazioni di questa pronuncia sono significative. In primo luogo, essa conferma la condanna per il ricorrente. In secondo luogo, comporta per quest’ultimo una condanna al pagamento non solo delle spese processuali, ma anche di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende. Questa sanzione ha una funzione deterrente, per scoraggiare la presentazione di ricorsi palesemente infondati o meramente dilatori. Per gli operatori del diritto, questa ordinanza è un monito sull’importanza di strutturare i ricorsi in Cassazione su critiche specifiche e pertinenti ai vizi della sentenza impugnata, evitando la sterile ripetizione di argomenti fattuali già vagliati nei gradi di merito.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché riproduceva in modo identico una censura che era già stata adeguatamente esaminata e respinta dalla Corte di Appello, senza sollevare nuove questioni di legittimità.

Qual era l’argomento principale del ricorrente?
Il ricorrente sosteneva che mancasse l’elemento oggettivo del reato di resistenza a pubblico ufficiale (art. 337 c.p.), in quanto la sua condotta violenta non era finalizzata a evitare l’arresto.

Quali sono state le conseguenze economiche per il ricorrente?
Il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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