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Ricorso inammissibile: Cassazione conferma condanna

La Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile presentato da un imprenditore condannato per l’indebita compensazione di crediti IVA inesistenti. L’appello è stato respinto perché considerato una mera riproposizione di argomenti già vagliati in appello e mirante a una non consentita rivalutazione dei fatti. La condanna si fondava sull’assenza di prove documentali e materiali a sostegno dei crediti utilizzati.

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Pubblicato il 2 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: Quando l’Appello in Cassazione è Solo una Ripetizione

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha ribadito un principio fondamentale del nostro sistema processuale: il giudizio di legittimità non è una terza istanza di merito. Il caso in esame, relativo a un reato di indebita compensazione, si è concluso con la dichiarazione di ricorso inammissibile, offrendo spunti cruciali su come strutturare efficacemente un appello alla Suprema Corte.

I Fatti del Caso

La vicenda giudiziaria ha origine dalla condanna di un imprenditore per il reato previsto dall’art. 10-quater del D.Lgs. 74/2000. L’accusa era quella di aver utilizzato in compensazione crediti IVA ritenuti inesistenti, in quanto derivanti dall’acquisto di beni ammortizzabili di cui non è mai stata provata l’esistenza materiale.

La Corte di Appello di Milano aveva confermato la sentenza di primo grado, pur dichiarando la prescrizione per una parte delle condotte e rideterminando la pena. Contro questa decisione, l’imputato ha proposto ricorso per cassazione, articolando due principali motivi di doglianza:

1. La violazione dell’art. 507 del codice di procedura penale, per la mancata assunzione di una prova ritenuta decisiva che, a dire della difesa, avrebbe permesso di contrastare il quadro indiziario.
2. La violazione dell’art. 546 del codice di procedura penale, per il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche.

La Struttura di un ricorso inammissibile

L’imputato lamentava di non aver potuto accedere alla documentazione sequestrata per controbattere alle accuse. Tuttavia, la Corte ha sottolineato come la difesa non avesse fornito elementi concreti per contrastare le prove raccolte, che dimostravano l’assenza sia fisica dei beni, sia contabile nei bilanci societari. La richiesta di attenuanti, d’altro canto, è stata rigettata per la mancata partecipazione dell’imputato al processo.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha respinto integralmente il ricorso, dichiarandolo inammissibile sulla base di argomentazioni nette e consolidate.

In primo luogo, il ricorso è stato definito come meramente “riproduttivo” di censure già adeguatamente esaminate e respinte dalla Corte di Appello, senza l’introduzione di critiche specifiche e pertinenti contro la motivazione della sentenza impugnata. Questo vizio, da solo, è sufficiente a rendere l’atto inammissibile.

In secondo luogo, e in modo ancora più decisivo, la Corte ha ribadito che il primo motivo di ricorso mirava a sollecitare una “rivalutazione di merito”, ovvero un nuovo esame dei fatti e delle prove. Tale attività è preclusa in sede di legittimità. La Cassazione non può sostituire la propria valutazione a quella dei giudici di merito, ma deve limitarsi a verificare la correttezza giuridica e la coerenza logica della decisione impugnata. La difesa, secondo i giudici, proponeva una “rilettura” alternativa del quadro probatorio, compito che non spetta alla Suprema Corte.

La Corte ha inoltre specificato come la motivazione della Corte di Appello fosse solida e ben argomentata, basandosi su dati oggettivi incontrovertibili: durante le perquisizioni, non solo non furono trovati i beni ammortizzabili da cui sarebbe sorto il credito IVA, ma nemmeno i bilanci relativi agli esercizi di interesse ne facevano menzione.

Anche il secondo motivo, relativo alle attenuanti generiche, è stato giudicato inammissibile, poiché la Corte di Appello aveva fornito un’ampia e logica motivazione per il loro diniego, evidenziando la mancata partecipazione dell’imputato.

Conclusioni: L’Inammissibilità del Ricorso e le Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza è un monito per chi intende adire la Corte di Cassazione. Un ricorso, per superare il vaglio di ammissibilità, non può essere una semplice riproposizione delle argomentazioni già sconfitte nei gradi di merito. Deve, invece, individuare vizi specifici di violazione di legge o difetti manifesti di logicità nella motivazione della sentenza impugnata, senza mai sconfinare in una richiesta di nuova valutazione delle prove. La decisione sottolinea che un ricorso inammissibile è la conseguenza diretta di un’impostazione difensiva che non rispetta i confini rigorosi del giudizio di legittimità.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato ritenuto inammissibile perché era una semplice riproposizione di censure già valutate dalla Corte di Appello, senza critiche specifiche, e perché mirava a una rivalutazione delle prove e dei fatti, attività non consentita in sede di Cassazione.

Quali prove hanno sostenuto la condanna per indebita compensazione?
La condanna si è basata su elementi concreti: nel corso delle perquisizioni della Guardia di Finanza non è stato trovato nessuno dei beni ammortizzabili che avrebbero dovuto generare il credito IVA, e i bilanci societari non contenevano alcun riferimento a tali beni.

È possibile chiedere alla Corte di Cassazione di riesaminare le prove di un processo?
No, in base a quanto stabilito in questa ordinanza e alla funzione stessa della Corte, non è possibile chiedere un riesame delle prove. La Corte di Cassazione giudica sulla corretta applicazione della legge (giudizio di legittimità) e non sui fatti del caso (giudizio di merito).

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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