Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 6389 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 6389 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 21/01/2025
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da:
COGNOME NOMECOGNOME nato a Palermo il 05/03/1973
COGNOME nato a Fiumefreddo di Sicilia il 29/12/1971
COGNOME NOMECOGNOME nato a Sant’Alfio il 16/04/1977
avverso la sentenza del 22/05/2023 della Corte d’appello di Messina dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME
considerato che il primo motivo, con cui si lamenta il vizio di motivazione con riguardo all’affermazione di responsabilità dell’imputato per i reati di tentata truffa in concorso e di sostituzione di persona in concorso, non è formulato in termini consentiti in questa sede in quanto, reiterando profili di censura già avanzati e adeguatamente vagliati e disattesi dalla Corte territoriale (si vedano, in particolare, le pagg. 4-6 della sentenza impugnata, nelle quali la Corte d’appello ha esposto, in modo del tutto logico, il contributo concorsuale dell’imputato ai due reati a lui attribuiti, in quanto creatore di vari account e-mail con generalit riconducibili al giudice NOME COGNOME), prospettano doglianze finalizzate a prefigurare una rivalutazione e/o un’alternativa rilettura delle fonti di prova invero, estranee al sindacato di legittimità, se avulse, come nel caso di specie, da
pertinente individuazione di specifici travisamenti di emergenze processuali valorizzate dai giudici del merito;
ritenuto che il secondo motivo, con cui si contesta il vizio di motivazione con riguardo alla mancata esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto ex art. 131-bis cod. pen., non è consentito perché, come risulta dal riassunto dei motivi di appello (pag. 4-5 della sentenza impugnata), che il ricorrente aveva l’onere di contestare qualora lo avesse ritenuto incompleto o inesatto, non era stato chiesto il riconoscimento della suddetta causa di non punibilità prevista dall’art. 131-bis cod. pen. e la relativa questione non può essere dedotta per la prima volta in cassazione, ostandovi il disposto di cui all’art. 606, comma 3, cod. proc. pen., se, come nella specie, il suddetto art. 131-bis era già in vigore alla data della deliberazione della sentenza d’appello (Sez. 5, n. 4835 del 27/10/2021, dep. 2022, COGNOME, Rv. 282773-01; Sez. 2, n. 21465 del 20/03/2019, Semmah, Rv. 275782-01; Sez. 3, n. 23174 del 21/03/2018, COGNOME, Rv. 272789-01; Sez. 5, n. 57491 del 23/11/2017, COGNOME, Rv. 271877-01; Sez. 7, n. 43838 del 27/05/2016, COGNOME, Rv. 268281-01; Sez. 6, n. 20270 del 27/04/2016, Gravina, Rv. 26667801);
considerato che il terzo motivo, con cui si lamenta la violazione di legge con riguardo al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, non è consentito atteso che, in tema di attenuanti ex art. 62-bis cod. pen., il giudice di merito esprime un giudizio di fatto, la cui motivazione è incensurabile in sede di legittimità, purché sia non contraddittoria e dia conto, anche richiamandoli, degli elementi, tra quelli indicati nell’art. 133 cod. pen., considerati preponderanti ai fi della concessione o dell’esclusione – come è avvenuto nel caso in esame, nel quale la Corte d’appello ha congruamente motivato il contestato diniego in ragione dell’idoneità delle compiute condotte delittuose a trarre in inganno un numero considerevole di utenti di Internet -, non essendo necessario, invece, che si prendano in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti (Sez. 3, n. 24128 del 18/03/2021, COGNOME, Rv. 281590; Sez. 1, n. 39566 del 16/02/2017, COGNOME, Rv. 270986; Sez. 3, n. 44071 del 25/09/2014, COGNOME, Rv. 260610);
ritenuto che il quarto motivo, con cui si lamenta la violazione di legge con riguardo alla determinazione della misura della pena, non è consentito atteso che, secondo l’indirizzo consolidato della giurisprudenza di legittimità, la graduazione della pena rientra nella discrezionalità del giudice di merito, che la esercita in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen., cosicché nel giudizio di cassazione non è consentita la censura che miri ad una nuova valutazione della congruità della pena, la cui determinazione – come nel caso di specie – non sia frutto di arbitrio o di ragionamento illogico (Sez. 3, n. 29968 del 22/02/2019, Del
Papa, Rv. 276288; Sez. 2, n. 39716 del 12/07/2018, COGNOME, Rv. 273819, in motivazione; Sez. 2, n. 36104 del 27/04/2017, COGNOME, Rv. 271243; Sez. 5, n. 5582 del 30/09/2013, dep. 2014, COGNOME, Rv. 259142).
Letto il ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME
considerato che il primo motivo, con cui si lamenta la violazione di legge e il vizio di motivazione con riguardo all’affermazione di responsabilità dell’imputato per i reati di tentata truffa in concorso e di sostituzione di persona in concorso non è formulato in termini consentiti in questa sede in quanto, reiterando profili di censura già avanzati e adeguatamente vagliati e disattesi dalla Corte territoriale (si vedano, in particolare, le pagg. 4-6 della sentenza impugnata, nelle quali la Corte d’appello ha esposto, in modo del tutto logico, il contributo concorsuale dell’imputato ai due reati a lui attribuiti, in quanto soggetto che aveva l disponibilità dell’utenza telefonica utilizzata per avere i contatti con le vittim prospettano doglianze finalizzate a prefigurare una rivalutazione e/o un’alternativa rilettura delle fonti di prova, invero, estranee al sindacato di legittimità, se avuls come nel caso di specie, da pertinente individuazione di specifici travisamenti di emergenze processuali valorizzate dai giudici del merito;
ritenuto che il secondo motivo, con cui si lamenta la violazione di legge e il vizio di motivazione con riguardo al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, non è consentito atteso che, in tema di attenuanti ex art. 62-bis cod. pen., il giudice di merito esprime un giudizio di fatto, la cui motivazione è incensurabile in sede di legittimità, purché sia non contraddittoria e dia conto, anche richiamandoli, degli elementi, tra quelli indicati nell’art. 133 cod. pen. considerati preponderanti ai fini della concessione o dell’esclusione – come è avvenuto nel caso in esame, nel quale la Corte d’appello ha congruamente motivato il contestato diniego in ragione dell’idoneità delle compiute condotte delittuose a trarre in inganno un numero considerevole di utenti di Internet -, non essendo necessario, invece, che si prendano in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti (Sez. 3, n. 241 del 18/03/2021, COGNOME, Rv. 281590; Sez. 1, n. 39566 del 16/02/2017, COGNOME, Rv. 270986; Sez. 3, n. 44071 del 25/09/2014, COGNOME, Rv. 260610);
considerato che il terzo motivo, cui si lamenta la violazione di legge e il vizio di motivazione con riguardo all’applicazione della recidiva è manifestamente infondato poiché – come emerge dalla pag. 6 della sentenza impugnata – la Corte territoriale sul punto ha offerto un’adeguata motivazione, facendo corretta applicazione dei principi della giurisprudenza di legittimità secondo cui la valutazione del giudice non può fondarsi esclusivamente sulla gravità dei fatti e sull’arco temporale in cui questi risultano consumati, essendo egli tenuto a esaminare in concreto, in base ai criteri di cui all’art. 133 cod. pen., il rappor
esistente tra il fatto per cui si procede e le precedenti condanne, verificando se e in quale misura la pregressa condotta criminosa sia indicativa di una perdurante inclinazione al delitto che abbia influito quale fattore criminogeno per la commissione del reato sub iudice, perciò indicativo di una maggiore pericolosità.
Letto il ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME
considerato che il primo motivo, con cui si lamenta la violazione di legge con riguardo all’affermazione di responsabilità dell’imputato per i reati di tentata truff in concorso e di sostituzione di persona in concorso non è formulato in termini consentiti in questa sede in quanto, reiterando profili di censura già avanzati e adeguatamente vagliati e disattesi dalla Corte territoriale (si vedano, in particolare, le pagg. 4-6 della sentenza impugnata, nelle quali la Corte d’appello ha esposto, in modo del tutto logico, il contributo concorsuale dell’imputato ai due reati a lui attribuiti, in quanto soggetto al quale era intestata la carta Postepa sulla quale avrebbero dovuto essere accreditate le somme costituenti il profitto delle truffe), prospettano doglianze finalizzate a prefigurare una rivalutazione e/o un’alternativa rilettura delle fonti di prova, invero, estranee al sindacato d legittimità, se avulse, come nel caso di specie, da pertinente individuazione di specifici travisamenti di emergenze processuali valorizzate dai giudici del merito;
ritenuto che il secondo motivo, con cui si lamenta il vizio di motivazione con riguardo alla determinazione della misura della pena, non è consentito atteso che, secondo l’indirizzo consolidato della giurisprudenza di legittimità, la graduazione della pena rientra nella discrezionalità del giudice di merito, che la esercita in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen., cosicché nel giudizio di cassazione non è consentita la censura che miri ad una nuova valutazione della congruità della pena, la cui determinazione – come nel caso di specie – non sia frutto di arbitrio o di ragionamento illogico (Sez. 3, n. 29968 del 22/02/2019, COGNOME, Rv. 276288; Sez. 2, n. 39716 del 12/07/2018, COGNOME, Rv. 273819, in motivazione; Sez. 2, n. 36104 del 27/04/2017, COGNOME, Rv. 271243; Sez. 5, n. 5582 del 30/09/2013, dep. 2014, COGNOME, Rv. 259142);
considerato che il terzo motivo, con cui si lamenta la violazione di legge con riguardo al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, non è consentito atteso che, in tema di attenuanti ex art. 62-bis cod. pen., il giudice di merito esprime un giudizio di fatto, la cui motivazione è incensurabile in sede di legittimità, purché sia non contraddittoria e dia conto, anche richiamandoli, degli elementi, tra quelli indicati nell’art. 133 cod. pen., considerati preponderanti ai fi della concessione o dell’esclusione – come è avvenuto nel caso in esame, nel quale la Corte d’appello ha congruamente motivato il contestato diniego in ragione dell’idoneità delle compiute condotte delittuose a trarre in inganno un numero considerevole di utenti di Internet -, non essendo necessario, invece, che si
prendano in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti (Sez. 3, n. 24128 del 18/03/2021, COGNOME, Rv. 281590; Sez. 1, n. 39566 del 16/02/2017, COGNOME, Rv. 270986; Sez. 3, n. 44071 del 25/09/2014, COGNOME, Rv. 260610).
Rilevato, pertanto, che i ricorsi devono essere dichiarati inammissibili, con la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila ciascuno in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 21 gennaio 2025.