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Ricorso inammissibile: Cassazione conferma condanna

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per tentato furto in abitazione. Il ricorso è stato giudicato inammissibile poiché riproponeva censure già esaminate e respinte dai giudici di merito, senza introdurre nuovi elementi validi. Di conseguenza, l’imputato è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 28 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: Quando l’Appello alla Cassazione è Vano

L’ordinanza in esame offre un chiaro esempio di come un ricorso inammissibile in Cassazione possa portare non solo alla conferma della condanna, ma anche a sanzioni aggiuntive. La Suprema Corte ha rigettato l’appello di un individuo condannato per tentato furto in abitazione, sottolineando un principio fondamentale della procedura penale: il ricorso per cassazione non può essere una semplice riproposizione delle stesse argomentazioni già valutate nei gradi di giudizio precedenti.

I Fatti del Processo

Il caso ha origine da una sentenza della Corte d’Appello che aveva ritenuto un soggetto responsabile del reato di tentato furto aggravato in abitazione, ai sensi degli articoli 56, 624 bis e 625 n. 2 del codice penale. L’imputato, non accettando la decisione, ha proposto ricorso per cassazione, contestando la corretta qualificazione giuridica dei fatti, in particolare la sussistenza della fattispecie di furto in abitazione.

La Decisione della Cassazione: Analisi del Ricorso Inammissibile

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 23777 del 2024, ha esaminato il ricorso e lo ha dichiarato inammissibile. Questa decisione non entra nel merito della colpevolezza o innocenza dell’imputato, ma si concentra sulla validità stessa dell’atto di impugnazione. I giudici hanno constatato che il motivo di ricorso non era altro che una riproduzione di profili di censura già ampiamente esaminati e motivatamente respinti dai giudici di merito (Tribunale e Corte d’Appello).

In sostanza, il ricorrente non ha introdotto nuovi e validi argomenti di diritto o vizi procedurali che potessero giustificare un riesame da parte della Suprema Corte, ma si è limitato a manifestare il proprio dissenso rispetto alla valutazione dei fatti, un’attività preclusa in sede di legittimità. Di conseguenza, il ricorso è stato giudicato privo dei requisiti necessari per essere accolto.

Le Motivazioni

La motivazione della Corte è lapidaria ma estremamente chiara: il motivo di ricorso è “riproduttivo di profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi con corretti argomenti giuridici dai giudici di merito”. La Cassazione ribadisce così il suo ruolo di giudice di legittimità, il cui compito non è rivalutare le prove, ma verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione delle sentenze impugnate. Un ricorso che si limita a criticare l’interpretazione dei fatti data dai giudici precedenti, senza evidenziare vizi di legge, è destinato a essere dichiarato inammissibile.

Le Conclusioni

La dichiarazione di inammissibilità ha comportato due conseguenze dirette per il ricorrente. In primo luogo, la condanna inflitta dalla Corte d’Appello è diventata definitiva. In secondo luogo, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende. Questa pronuncia serve da monito: un ricorso per cassazione deve essere fondato su solidi motivi di diritto, altrimenti si trasforma in un’azione processuale non solo inutile, ma anche economicamente svantaggiosa.

Per quale motivo il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché riproponeva gli stessi motivi di censura che erano già stati esaminati, valutati e respinti con argomentazioni giuridiche corrette dai giudici dei precedenti gradi di giudizio.

Quali sono state le conseguenze economiche per il ricorrente a seguito della decisione?
Il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.

Quale reato era stato contestato all’imputato?
All’imputato era stato contestato il delitto di tentato furto in abitazione, aggravato ai sensi dell’art. 625 n. 2 del codice penale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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