Ricorso Inammissibile: Quando la Cassazione Mette la Parola Fine
Nel complesso iter della giustizia penale, il ricorso in Cassazione rappresenta l’ultimo grado di giudizio. Tuttavia, non tutte le istanze sono destinate ad essere esaminate nel merito. Un’ordinanza recente della Suprema Corte ci offre un chiaro esempio di quando e perché un ricorso inammissibile viene rigettato, con conseguenze significative per il ricorrente. Il caso in esame dimostra l’importanza di formulare motivi di ricorso specifici e pertinenti per il giudizio di legittimità, evitando la semplice riproposizione di argomenti già discussi.
I Fatti del Processo
La vicenda processuale ha origine da un ricorso presentato avverso una sentenza della Corte d’Appello di Milano. L’imputato, condannato nei primi due gradi di giudizio per il reato previsto dall’art. 341 bis del codice penale, ha tentato di ottenere l’annullamento della decisione proponendo ricorso per Cassazione. Le censure sollevate riguardavano diversi aspetti: la sussistenza degli elementi costitutivi del reato, il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche e la congruità della pena inflitta.
La Decisione della Corte sul Ricorso Inammissibile
La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione, con l’ordinanza in commento, ha dichiarato il ricorso inammissibile. La Corte ha stabilito che i motivi presentati dal difensore non erano idonei a superare il vaglio di ammissibilità. Di conseguenza, non solo la condanna è diventata definitiva, ma il ricorrente è stato anche condannato al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende, come previsto dall’articolo 616 del codice di procedura penale.
Le Motivazioni della Sentenza
Il cuore della decisione risiede nelle motivazioni con cui i giudici hanno respinto l’istanza. La Corte ha chiarito che il ricorso per Cassazione non può trasformarsi in un terzo grado di merito. I motivi proposti erano, infatti, una mera riproduzione delle doglianze già ampiamente esaminate e respinte dai giudici della Corte d’Appello. Questi ultimi avevano fornito una motivazione giuridicamente corretta, puntuale e priva di vizi logici, rendendo il giudizio di merito incensurabile in sede di legittimità.
La Suprema Corte ha sottolineato che i motivi prospettati non rientravano tra quelli consentiti dalla legge per un ricorso in Cassazione. Non sono state evidenziate violazioni di legge o vizi di motivazione manifesti, ma si è tentato, in sostanza, di ottenere una nuova valutazione dei fatti, attività preclusa ai giudici di legittimità. L’inammissibilità è stata quindi la conseguenza diretta della natura dei motivi, considerati meramente riproduttivi e non idonei a mettere in discussione la coerenza e la correttezza giuridica della sentenza impugnata.
Le Conclusioni
Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale del nostro ordinamento processuale: il ricorso in Cassazione deve basarsi su censure specifiche relative a errori di diritto e non può essere una semplice riproposizione delle argomentazioni difensive già disattese. Per gli avvocati, ciò significa che la redazione del ricorso richiede uno studio approfondito per individuare vizi specifici della sentenza impugnata, anziché limitarsi a reiterare le medesime difese. Per gli imputati, la decisione serve da monito: un ricorso presentato senza validi motivi di legittimità non solo non porterà all’annullamento della condanna, ma comporterà anche un aggravio di spese. La giustizia ha i suoi percorsi e le sue regole, e conoscerle è il primo passo per potersi difendere efficacemente.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile dalla Corte di Cassazione?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi presentati erano una semplice riproposizione di censure già adeguatamente esaminate e respinte dai giudici di merito. Tali motivi non sono consentiti in sede di legittimità, dove la Corte valuta solo la corretta applicazione della legge e non riesamina i fatti.
Quali sono le conseguenze economiche per chi presenta un ricorso inammissibile?
In base alla decisione e all’art. 616 del codice di procedura penale, la dichiarazione di inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma pecuniaria, in questo caso fissata in 3.000 euro, a favore della Cassa delle ammende.
È possibile contestare la valutazione dei fatti davanti alla Corte di Cassazione?
No. La Corte di Cassazione è un giudice di legittimità, non di merito. Questo significa che il suo compito non è quello di riesaminare i fatti del processo o di valutare nuovamente le prove, ma solo di verificare che i giudici dei gradi precedenti abbiano applicato correttamente la legge e abbiano motivato la loro decisione in modo logico e coerente.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 24030 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 24030 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 22/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato a MERATE il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 19/10/2023 della CORTE APPELLO di MILANO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
7
letto il ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME avverso la sentenza in epigrafe; esaminati gli atti e il provvedimento impugnato;
ritenuto che il ricorso è inammissibile perché i motivi prospettati non sono consentiti dal legge in sede di legittimità in quanto meramente riproduttivi di profili di censura adeguatamente vagliati e disattesi dai giudici del merito con argomenti giuridicamente corretti puntuali rispetto al portato delle doglianze difensive, coerenti con riguardo alle emergenz acquisite oltre che immuni da manifeste incongruenze logiche così da rendere il relativo giudizio di merito non censurabile in questa sede in relazione ai tratti costitutivi del reato ex art 34 cp ritenuto, al negato riconoscimento delle generiche, alla misura della irrogata;
rilevato che all’inammissibilità del ricorso conseguono le pronunce di cui all’art. 616 c proc. pen.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso in data 22 aprile 2024.