Ricorso inammissibile: quando la Cassazione respinge l’appello
Recentemente, la Corte di Cassazione ha dichiarato un ricorso inammissibile, offrendo importanti chiarimenti sui limiti del giudizio di legittimità e sulle conseguenze di un’impugnazione basata su motivi manifestamente infondati. Questa ordinanza sottolinea l’importanza di formulare correttamente i motivi di ricorso, evitando richieste di rivalutazione del merito, non consentite davanti alla Suprema Corte.
I Fatti di Causa
Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza della Corte d’Appello. Il ricorrente sollevava quattro distinti motivi di doglianza:
1. Omessa notifica: Sosteneva di non aver ricevuto la notifica della fissazione dell’udienza d’appello.
2. Errata valutazione dei fatti: Contestava l’interpretazione data dai giudici di merito a determinate frasi denigratorie pronunciate in presenza di più persone, chiedendone una diversa valutazione.
3. Mancata applicazione della non punibilità: Lamentava la mancata applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall’art. 131-bis del codice penale.
4. Mancata sostituzione della pena: Censurava la mancata sostituzione della pena detentiva con una sanzione diversa.
La Corte di Cassazione ha esaminato ciascun motivo, giungendo a una declaratoria di inammissibilità totale del ricorso.
L’Analisi della Corte sul ricorso inammissibile
La Suprema Corte ha smontato, punto per punto, le argomentazioni del ricorrente, qualificando ogni motivo come manifestamente infondato.
La questione della notifica dell’udienza
Il primo motivo è stato respinto poiché la citazione a giudizio in appello era stata notificata personalmente all’imputato. All’udienza, la sua difesa aveva chiesto un rinvio per preparare memorie. La Corte ha chiarito che tale situazione non impone una nuova notifica all’imputato assente per la data successiva, in quanto il rinvio era avvenuto su istanza della difesa stessa, che era quindi a conoscenza della nuova data.
Il divieto di rivalutazione dei fatti in sede di legittimità
Il secondo motivo è stato giudicato inammissibile perché tendeva a una riconsiderazione delle prove e dei fatti, operazione preclusa in sede di legittimità. La Cassazione non è un ‘terzo grado’ di giudizio dove si possono rivalutare le prove, ma ha il compito di verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione. Richiedere di ‘apprezzare diversamente’ le risultanze processuali esula dalle sue competenze.
La non applicabilità della causa di non punibilità
Anche il terzo motivo è stato respinto. La Corte ha osservato che la censura era una mera riproduzione di quanto già adeguatamente confutato dalla Corte d’Appello, la quale aveva motivato in modo esauriente le ragioni per cui il fatto non poteva essere considerato di ‘non scarsa offensività’, escludendo così l’applicazione dell’art. 131-bis c.p.
La sostituzione della pena e la sospensione condizionale
Infine, l’ultimo motivo è stato ritenuto infondato. La Corte ha evidenziato che all’imputato era già stato concesso il beneficio della sospensione condizionale della pena. L’art. 545-bis c.p.p. prevede la possibilità per il giudice di sostituire la pena detentiva quando non si concede la sospensione condizionale. Essendo quest’ultima già stata concessa, non vi erano i presupposti per la sostituzione. Inoltre, il ricorrente non aveva nemmeno formulato una specifica richiesta in tal senso nel suo atto di gravame.
Le Motivazioni
La decisione della Corte si fonda su principi consolidati del diritto processuale penale. La manifesta infondatezza di tutti i motivi proposti ha portato inevitabilmente a dichiarare il ricorso inammissibile. La Corte ribadisce che il giudizio di Cassazione è un controllo sulla legittimità della decisione impugnata, non un’occasione per ridiscutere il merito della vicenda. I motivi del ricorso devono individuare vizi di legge o difetti logici evidenti nella motivazione della sentenza precedente, non limitarsi a proporre una lettura alternativa dei fatti.
Le Conclusioni
L’ordinanza in esame rappresenta un monito importante: la presentazione di un ricorso in Cassazione richiede un’attenta preparazione tecnica. Proporre motivi generici, ripetitivi o che invadono la sfera del merito non solo non ha possibilità di successo, ma comporta conseguenze economiche negative. La declaratoria di inammissibilità, infatti, ha comportato la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende, come sanzione per aver attivato inutilmente il sistema giudiziario.
Se l’udienza d’appello viene rinviata su richiesta della difesa, è necessaria una nuova notifica all’imputato assente?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che se la citazione iniziale è stata notificata personalmente e il rinvio è concesso su richiesta della difesa, non è necessaria una nuova notifica della data successiva all’imputato che ha scelto di non essere presente.
Può la Corte di Cassazione valutare nuovamente le prove o i fatti di un processo?
No, non può. Il giudizio della Corte di Cassazione è una ‘sede di legittimità’, il che significa che il suo compito è controllare la corretta applicazione delle norme di diritto e la coerenza logica della motivazione della sentenza impugnata, senza poter entrare nel merito della valutazione delle prove, che spetta ai giudici dei gradi precedenti.
Quali sono le conseguenze se un ricorso viene dichiarato inammissibile?
Quando un ricorso viene dichiarato inammissibile, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma di denaro, in questo caso tremila euro, in favore della Cassa delle ammende, come sanzione per aver proposto un’impugnazione priva dei requisiti di legge.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 21219 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 21219 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 17/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a NAPOLI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 23/06/2023 della CORTE APPELLO di NAPOLI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
o
visti gli atti e la sentenza impugnata; esaminato il ricorso di COGNOME NOME;
OSSERVA
Ritenuto che il primo motivo con cui si censura l’omessa notifica all’imputato della fissazione dell’udienza del 23 giugno 2023 è manifestamente infondato, tenuto conto che la citazione a giudizio in appello è stata notificata personalmente all’imputato la cui difesa, all’udie chiedeva termine per memorie, situazione che non impone una nuova notifica della data del rinvio all’imputato assente;
rilevato che declinato in fatto risulta il secondo motivo con cui si tenta di assegnare u distinto significato alle risultanze processuali valutate dai Giudici di merito, specie là dove è posta in evidenza la valenza denigratoria delle frasi pronunciate alla presenza di più persone che si richiede a questa Corte di diversamente apprezzare, operazione non consentita in sede di legittimità;
rilevato che il terzo motivo con cui si censura la mancata applicazione della causa di non punibilità ex art. 131-bis cod. pen. è riproduttivo di identica censura adeguatamente confutata dalla Corte di appello che ha complessivamente apprezzato il fatto di non scarsa offensività;
ritenuto che manifestamente infondato risulta anche l’ultimo motivo con cui si censura la mancata sostituzione della pena detentiva, avendo la Corte territoriale rappresentato come fosse stato riconosciuto il beneficio della sospensione condizionale della pena; che, invero, lo stes art. 545-bis cod. proc. pen. facoltizza la Corte di appello a sostituire la pena allorché non rit di concedere la sospensione condizionale della pena, non avendo il ricorrente rivolto istanza d sostituzione in sede di gravame;
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 17/05/2024