Ricorso Inammissibile: La Cassazione e i Limiti del Giudizio di Legittimità
Con l’ordinanza n. 14245 del 2024, la Corte di Cassazione ha dichiarato un ricorso inammissibile, fornendo importanti chiarimenti sulla funzione del giudizio di legittimità. La vicenda riguarda tre persone condannate per violenza privata, la cui impugnazione è stata respinta poiché mirava a una rivalutazione dei fatti, compito che non spetta alla Suprema Corte. Questo caso offre uno spunto fondamentale per comprendere i confini tra il giudizio di merito e quello di legittimità.
Il Percorso Giudiziario: Dalla Condanna al Ricorso
La vicenda processuale ha origine con una sentenza del Tribunale di Nola, che aveva affermato la responsabilità penale di tre individui per il reato di violenza privata, commesso in concorso tra loro. La decisione è stata successivamente confermata dalla Corte di Appello di Napoli.
Non soddisfatti dell’esito, gli imputati hanno presentato ricorso alla Corte di Cassazione, basandolo su tre motivi principali:
1. Contraddittorietà della motivazione: Sostenevano che la decisione dei giudici d’appello fosse illogica.
2. Erronea applicazione della legge: Contestavano l’applicazione degli articoli relativi al concorso di persone nel reato (art. 110 c.p.) e alla violenza privata (art. 610 c.p.), ritenendo la loro condotta non idonea a configurare il reato.
3. Mancata applicazione del reato tentato: Lamentavano che non fosse stata considerata l’ipotesi del tentativo (art. 56 c.p.).
L’Analisi della Corte e il Ricorso Inammissibile
La Corte di Cassazione ha esaminato i motivi del ricorso e li ha dichiarati tutti inammissibili. La decisione si fonda su un principio cardine del nostro sistema processuale: la netta distinzione tra il giudizio di merito e il giudizio di legittimità.
Primo Motivo: Il Divieto di Rivalutare le Prove
La Corte ha respinto il primo motivo, relativo alla contraddittorietà della motivazione, spiegando che la sentenza d’appello era ampiamente motivata e giuridicamente corretta. Le censure degli imputati, secondo la Corte, non erano altro che un tentativo di sovrapporre una propria interpretazione delle prove a quella, logica e coerente, del giudice di merito. La Cassazione ha ribadito che non può esaminare la persuasività o l’adeguatezza delle prove, ma solo la manifesta illogicità o la totale mancanza di motivazione su punti essenziali.
Secondo e Terzo Motivo: Censure di Fatto Mascherate da Questioni di Diritto
Anche gli altri due motivi sono stati giudicati inammissibili. La contestazione sull’applicazione degli articoli 110 e 610 del codice penale è stata vista come una critica basata sulla pretesa inidoneità dei fatti a costituire reato, una valutazione che spetta esclusivamente al giudice di merito. Allo stesso modo, il motivo sulla mancata applicazione del reato tentato è stato considerato una semplice riproposizione di argomenti già esaminati e respinti nei gradi precedenti, senza una critica specifica alle argomentazioni della sentenza impugnata. Questo ha reso il ricorso inammissibile anche su questi punti.
Le Motivazioni della Decisione
La motivazione centrale dell’ordinanza è che la Corte di Cassazione è un ‘giudice di legittimità’, non un ‘terzo grado di giudizio’. Il suo compito non è rivedere l’intero processo per stabilire come si sono svolti i fatti, ma assicurare l’uniforme interpretazione e la corretta applicazione della legge. Pertanto, sono inammissibili tutti i ricorsi che, pur lamentando formalmente vizi di legge, in realtà sollecitano una diversa lettura del materiale probatorio o una differente valutazione dell’attendibilità delle prove. La Corte ha chiarito che non può sostituire la propria valutazione a quella dei giudici di merito, a meno che quest’ultima non sia palesemente illogica o giuridicamente errata.
Le Conclusioni
Questa pronuncia consolida un orientamento giurisprudenziale pacifico: il ricorso in Cassazione deve essere fondato su precise e specifiche critiche di diritto alla sentenza impugnata. Non può diventare un pretesto per rimettere in discussione l’accertamento dei fatti già compiuto nei primi due gradi di giudizio. La conseguenza diretta per i ricorrenti è stata non solo la conferma della condanna, ma anche il pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria di 3.000 euro. Per gli operatori del diritto, questa decisione è un monito a strutturare i ricorsi per cassazione concentrandosi esclusivamente sui vizi di legittimità, evitando argomentazioni che invadono la sfera del merito.
Quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Secondo l’ordinanza, un ricorso è inammissibile quando, invece di denunciare vizi di legittimità (errori nell’applicazione della legge), tenta di ottenere una nuova valutazione delle prove e dei fatti, proponendo una diversa interpretazione del materiale probatorio. È inoltre inammissibile se si limita a riprodurre censure già respinte nei gradi precedenti senza una critica specifica alla sentenza impugnata.
Cosa si intende per ‘giudizio di legittimità’?
Significa che la Corte di Cassazione non riesamina i fatti del caso per decidere sulla colpevolezza o meno, ma si limita a verificare che i giudici di merito (Tribunale e Corte d’Appello) abbiano interpretato e applicato correttamente le norme di legge e di procedura, e che la loro motivazione non sia manifestamente illogica o inesistente.
Quali sono le conseguenze della dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e, come in questo caso, al versamento di una somma di denaro alla Cassa delle ammende. La sentenza impugnata diventa definitiva.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 14245 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 14245 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 31/01/2024
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME NOME nato a POMIGLIANO D’ARCO il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato a POMIGLIANO D’ARCO il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato a CASTELLO DI CISTERNA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 13/03/2023 della CORTE APPELLO di NAPOLI
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
– che con la sentenza in epigrafe la Corte di appello di Napoli ha confermato la sentenza emessa dal Tribunale di Noia in data 3 giugno 2019, che aveva affermato la penale responsabilità di NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME per il reato di violenza privata, commesso in concorso fra loro, e li aveva condannati alla pena ritenuta di giustizia;
che il secondo motivo di ricorso degli imputati, che lamentano l’erronea applicazione della legge in relazione agli artt. 110 e 610, cod. pen., è inammissibile, poiché appare volto a sollevare censure in fatto fondate sulla pretesa inidoneità della condotta a configurare il reato, non essendo, pertanto, consentito dalla legge in sede di legittimità;
– che il terzo motivo di ricorso degli imputati, che lamentano violazione di legge in relazione alla mancata applicazione dell’art. 56, cod. pen., è inammissibile, in quanto riproduttivo di profili di censura già adeguatamente
NOME“
vagliati e disattesi con corretti argomenti giuridici dal giudice di merito e no scanditi da specifica critica delle argomentazioni a base della sentenza impugnata;
che all’inammissibilità dei ricorsi consegue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e, ai sensi dell’art. 616, comma 1, cod. proc. pen., al pagamento in favore della Cassa delle ammende di una somma che si reputa equo fissare in euro 3.000,00;
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso il 31/01/2024.