Ricorso Inammissibile: Quando la Cassazione Mette un Punto Fermo
L’ordinanza n. 10958/2024 della Corte di Cassazione offre un chiaro esempio di come un ricorso inammissibile venga gestito nel nostro sistema giudiziario. Questa decisione ribadisce un principio fondamentale: la Corte Suprema non è un terzo grado di giudizio dove si possono ridiscutere i fatti, ma un organo che valuta la corretta applicazione della legge. Analizziamo insieme questo caso per capire quali sono i limiti di un ricorso in Cassazione.
I Fatti del Processo
Il caso nasce da una condanna emessa dalla Corte d’Appello di Roma per i reati di resistenza a pubblico ufficiale (art. 337 c.p.) e danneggiamento (art. 635 c.p.). L’imputato, ritenuto colpevole nei primi due gradi di giudizio, ha deciso di presentare ricorso alla Corte di Cassazione per contestare la sentenza di condanna.
I Motivi del Ricorso e il Ruolo della Cassazione
Il ricorrente ha basato la sua difesa su diversi punti, contestando:
* Il giudizio di responsabilità per entrambi i reati.
* Il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche.
* L’esclusione della recidiva.
* L’aumento di pena applicato per la continuazione tra i reati.
In sostanza, la difesa ha cercato di rimettere in discussione elementi già ampiamente valutati dai giudici di merito.
La Decisione della Corte: il Ricorso Inammissibile
La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. Questa decisione non significa che la Corte abbia confermato nel merito la colpevolezza o la correttezza della pena, ma che ha ritenuto l’impugnazione stessa non meritevole di essere esaminata. I motivi sono stati giudicati “non consentiti dalla legge e generici”, poiché non si confrontavano realmente con le argomentazioni della sentenza d’appello.
Le Motivazioni
La Corte ha spiegato che i motivi presentati dal ricorrente erano volti, in sostanza, a “sollecitare una diversa valutazione delle prove e una rivisitazione dei fatti”. Questo è un compito che spetta esclusivamente ai giudici di primo e secondo grado (il cosiddetto “giudizio di merito”). La Corte di Cassazione, invece, è un “giudice di legittimità”, il cui ruolo è verificare che la legge sia stata applicata correttamente, senza poter entrare nel merito delle prove (ad esempio, stabilire se un testimone sia più o meno credibile).
Poiché i motivi del ricorso non evidenziavano vizi di legge o errori procedurali, ma si limitavano a proporre una lettura alternativa dei fatti, sono stati ritenuti inammissibili. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende.
Le Conclusioni
Questa ordinanza è un monito importante: il ricorso in Cassazione non è un’ulteriore possibilità per ridiscutere l’intera vicenda processuale. Per avere successo, un ricorso deve essere specifico, tecnicamente fondato su vizi di legittimità e deve confrontarsi criticamente con la motivazione della sentenza impugnata. Tentare di ottenere dalla Suprema Corte una nuova valutazione dei fatti porta quasi inevitabilmente a una declaratoria di inammissibilità, con conseguente condanna alle spese e a una sanzione pecuniaria.
Per quali motivi la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile?
La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile perché i motivi erano generici, non consentiti dalla legge e non si confrontavano adeguatamente con la motivazione della sentenza impugnata. Essi miravano a ottenere una diversa valutazione delle prove e una rivisitazione dei fatti, attività precluse al giudice di legittimità.
Cosa non è permesso chiedere alla Corte di Cassazione con un ricorso?
Secondo quanto stabilito nella pronuncia, non è permesso chiedere alla Corte di Cassazione di riesaminare le prove o di fornire una nuova interpretazione dei fatti già accertati nei gradi di merito. Il ricorso deve concentrarsi su presunti errori di diritto o vizi procedurali, non sulla ricostruzione della vicenda.
Quali sono state le conseguenze per il ricorrente?
A seguito della dichiarazione di inammissibilità del ricorso, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 10958 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 10958 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 24/11/2023
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME NOME a ROMA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 26/01/2023 della CORTE APPELLO di ROMA udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
R.G. n. 27142/2023
CONSIDERATO IN FATTO E IN DIRITTO
Visti gli atti e la sentenza impugnata (condanna per i reati previsti dagli artt. 337- 63 pen.);
Esaminati i motivi di ricorso, relativi al giudizio di responsabilità per entrambi i mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, alla esclusione della recidiva all’aumento di pena inflitto per la continuazione;
ritenuti i motivi inammissibili perché non consentiti dalla legge e generici rispett motivazione della sentenza impugnata con la quale obiettivamente non si confrontano, essendo sostanzialmente volti anche a sollecitare una diversa valutazione delle prove e una rivisitazi dei fatti (cfr., pagg. 6-7-8 sentenza impugnata);
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna d ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore dell Cassa delle ammende;
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processual e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 24 novembre 2023.