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Ricorso inammissibile: Cassazione chiarisce i limiti

La Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile contro una condanna per falsa testimonianza. I motivi, considerati mere doglianze di fatto e ripetitivi di censure già respinte, non superano il vaglio di legittimità, rendendo irrilevante anche la successiva prescrizione del reato e comportando la condanna del ricorrente alle spese e a un’ammenda.

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Pubblicato il 30 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: Quando la Cassazione Chiude la Porta all’Appello

Un recente provvedimento della Corte di Cassazione offre un’importante lezione sui limiti del giudizio di legittimità, chiarendo perché un ricorso inammissibile non possa essere esaminato nel merito, anche di fronte a circostanze come la prescrizione del reato. La decisione analizza un caso di falsa testimonianza, mettendo in luce i requisiti essenziali che un ricorso deve possedere per superare il vaglio della Suprema Corte.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine da una condanna per il reato di falsa testimonianza, previsto dall’art. 372 del codice penale, emessa dalla Corte d’Appello. L’imputato, ritenendo ingiusta la sentenza, ha deciso di presentare ricorso per Cassazione, affidandosi a una serie di motivi per chiederne l’annullamento. Tuttavia, l’esito del giudizio di legittimità ha preso una direzione diversa da quella sperata dal ricorrente.

La Decisione della Corte: il Ricorso Inammissibile

La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. Questa decisione non entra nel merito della colpevolezza o innocenza dell’imputato, ma si ferma a un livello preliminare, ovvero alla valutazione della validità stessa dell’impugnazione. La Corte ha stabilito che i motivi presentati non erano conformi ai requisiti richiesti dalla legge per un ricorso in sede di legittimità. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte ha basato la sua decisione su tre pilastri argomentativi fondamentali.

1. Motivi come Mere Doglianze di Fatto

Il primo punto cruciale è che i motivi del ricorso sono stati qualificati come “mere doglianze in punto di fatto”. Questo significa che il ricorrente non contestava errori nell’applicazione della legge da parte dei giudici di merito, ma piuttosto la loro ricostruzione dei fatti e la valutazione delle prove. La Corte di Cassazione, tuttavia, non è un “terzo grado” di giudizio dove si possono ripresentare le prove; il suo compito è garantire la corretta applicazione del diritto (giudizio di legittimità), non rivedere i fatti.

2. Ripetitività dei Motivi e Adeguata Valutazione del Merito

In secondo luogo, la Corte ha osservato che i motivi proposti erano “meramente riproduttivi” di censure già esaminate e respinte con argomenti giuridici corretti dai giudici dei precedenti gradi. I giudici di merito avevano già ricostruito in modo completo l’elemento psicologico del reato e avevano spiegato perché non fosse applicabile la causa di non punibilità della ritrattazione (art. 376 c.p.), sottolineando la persistenza del diniego dell’imputato. Proporre nuovamente le stesse questioni senza evidenziare vizi logici o giuridici specifici nella sentenza impugnata rende il ricorso inammissibile.

3. L’Irrilevanza della Prescrizione Sopravvenuta

Un aspetto di grande interesse è la gestione della prescrizione del reato, intervenuta dopo la sentenza d’appello. La Corte, richiamando un principio consolidato delle Sezioni Unite, ha affermato che la prescrizione è irrilevante quando il ricorso è inammissibile. L’inammissibilità dell’impugnazione, infatti, impedisce la costituzione di un valido rapporto processuale. In altre parole, se il ricorso non ha i requisiti minimi per essere esaminato, è come se il processo non fosse mai validamente proseguito in Cassazione, e quindi non si può dichiarare l’estinzione del reato per prescrizione.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale del nostro sistema processuale: l’accesso alla Corte di Cassazione è limitato a specifiche censure di legittimità. Non è sufficiente essere in disaccordo con la decisione dei giudici di merito; è necessario individuare e argomentare precisi vizi giuridici o logici nella motivazione della sentenza. La dichiarazione di ricorso inammissibile comporta non solo il rigetto delle proprie istanze, ma anche conseguenze economiche significative, come la condanna alle spese processuali e al versamento di una somma alla Cassa delle ammende. Pertanto, la redazione di un ricorso per Cassazione richiede un’attenta analisi tecnica, focalizzata esclusivamente sui profili consentiti dalla legge, per evitare una pronuncia di inammissibilità.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi presentati erano mere contestazioni sulla ricostruzione dei fatti, non ammesse nel giudizio di Cassazione, e ripetevano argomentazioni già adeguatamente valutate e respinte dai giudici di merito.

La prescrizione del reato ha avuto qualche effetto sulla decisione?
No. La Corte ha stabilito che la prescrizione del reato, intervenuta dopo la sentenza di appello, è irrilevante in caso di ricorso inammissibile. L’inammissibilità impedisce la formazione di un valido rapporto processuale di impugnazione e, di conseguenza, non permette di dichiarare l’estinzione del reato.

Quali sono state le conseguenze per il ricorrente a seguito della dichiarazione di inammissibilità?
Il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e a versare una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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