Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 3050 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 3050 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 15/09/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a CERIGNOLA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 05/05/2022 della CORTE APPELLO di BARI
visti gli atti, il provvedimento impugNOME e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso. udito il difensore, avvocato COGNOME NOME COGNOME del foro di FOGGIA in difesa di
COGNOME NOME che conclude chiedendo l’accoglimento dei motivi di ricorso.
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Bari, con la sentenza impugnata, ha confermato la condanna alla pena di anni uno mesi quattro di reclusione, pronunciata il 14 giugno 2018 dal Tribunale di Foggia, nei confronti di NOME COGNOME, in relazione ai reati di cui ai capi A) e C) (artt. 9, comma 2, della legge 1423 del 1956 e 496 , 61 n. 2 cod. pen.), concesse all’imputato le circostanze attenuanti generiche equivalenti alla recidiva e alla circostanza di cui all’art. 61 n. 2 cod. pen., con la continuazione perché, sottoposto alla sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno in data 22 febbraio 2008, con ri-sottoposizione avvenuta in data 20 luglio 2010, l’imputato contravveniva all’obbligo, recandosi in Foggia, nonché per avere reso false dichiarazioni sulla propria identità, a personale della Squadra mobile di Foggia.
Avverso detto provvedimento propone tempestivo ricorso l’imputato, per il tramite dei difensori, denunciando mancanza o manifesta illogicità della motivazione.
Si sostiene che l’apparato argomentativo della pronuncia impugnata, nel giustificare il giudizio di colpevolezza, sarebbe manifestamente illogico e contraddittorio, che vi è assoluta indeterminatezza e genericità della motivazione quanto all’entità della pena irrogata e che non vi è alcun argomento esplicitato per giustificare l’entità della pena applicata anche a titolo di aumento ex art. 81 cod. pen.
2.1. Dalle risultanze istruttorie non emergerebbe la penale responsabilità dell’imputato.
NOME COGNOME è stato tratto a giudizio a seguito di accertamento effettuato il 24 ottobre 2010 dagli agenti della questura di Foggia e non di Cerignola.
In questa data, infatti, in Foggia gli agenti notavano NOME COGNOME, pluripregiudicato da sottoporre a controllo.
Tra le persone che si trovavano in sua compagnia vi era tale NOME COGNOME così qualificatosi ma, nel visionare le foto segnaletiche dei pregiudicati di Cerignola, si riscontrava, da parte del personale di polizia giudiziaria operante, che colui che si era dichiarato essere NOME COGNOME, in realtà corrispondeva ad altro soggetto di nome NOME COGNOME, risultato sottoposto alla sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno in Cerignola.
Si assume che non si comprende quale sia stato l’album visioNOME dalla polizia giudiziaria né vi sarebbe traccia di tale fascicolo all’interno degli atti; si conte l’errore in cui sarebbe incorso il teste COGNOME nell’ambito dell’attività di identificazi di COGNOME, trattandosi di individuazione frutto di errore commesso pur se in buona fede.
I/
Infatti, all’udienza in cui si è svolto l’esame del teste, su domande della difesa, questi asseriva che i soggetti pregiudicati di Cerignola, identificati durante il controll non erano da lui conosciuti tranne il COGNOME.
Si contesta l’attendibilità del teste perché questi ha proceduto all’identificazione dopo dieci anni dal periodo in cui aveva lavorato presso il Commissariato di Cerignola, periodo cessato nel 2003 a fronte di un fatto avvenuto nel 2010.
Non sarebbero state, poi, valutate correttamente le dichiarazioni dell’unico teste della difesa NOME COGNOME, moglie dell’imputato la quale aveva asserito che, nel giorno del controllo, non era in compagnia di suo marito ma di un suo amico NOME COGNOME e che dichiarava come al momento del controllo sia lei che il COGNOME avessero effettivamente mostrato i documenti alla polizia giudiziaria.
Si rimarca la effettiva esistenza di un omonimo, documentata come risulterebbe dai documenti esibiti e allegati al ricorso.
2.2. Sotto altro profilo, si rileva che sono state riconosciute le circostanze attenuanti generiche con il criterio dell’equivalenza rispetto alla circostanza aggravante e alla recidiva, diversamente da quanto chiesto dalla difesa cioè un bilanciamento con giudizio di prevalenza; inoltre, era stato richiesto di partire dal minimo edittale e operare il minimo aumento per la continuazione.
Si rimarca la natura facoltativa della recidiva contestata perché non si procede per alcuno dei delitti previsti dall’articolo 407 comma 2, lett. cod. proc. pen.
Inoltre, si sarebbe dovuto tenere conto del contegno processuale dell’imputato, della non particolare gravità delle condotte, della risalenza nel tempo dei precedenti penali.
Si evidenzia che, quando il giudice intende discostarsi dal minimo edittale, questi ha il dovere, nell’esercizio del proprio potere discrezionale, di indicare specificamente, criteri oggettivi e soggettivi indicati dall’articolo 133 cod. pen. ch sono stati ritenuti rilevanti ai fini di tale giudizio, non essendo sufficiente un me richiamo al citato articolo di legge.
La pena irrogata si discosta, invece, dal minimo edittale e il giudice anche con riferimento all’aumento ai sensi dell’articolo 81 cod. pen., non ha specificato dettagliatamente le ragioni della misura.
Infine, il ricorrente rileva come la Corte di appello avrebbe dovuto rilevare l’intervenuta prescrizione del reato di cui all’articolo 9, comma 2 legge n. 1423 del 1956; tanto pur considerando la recidiva qualificata, individuandosi un termine massimo di anni dieci cui aggiungere periodi di sospensione che condurrebbero, per la difesa, alla data del 14 dicembre 2021, con prescrizione, quindi, compiutasi prima della sentenza di secondo grado resa nel mese di maggio 2022.
3.La difesa ha fatto pervenire a mezzo p.e.c. tempestiva richiesta di trattazione orale per l’udienza del 4 luglio 2023, rinviata a quella odierna a causa delle documentate ragioni di salute del difensore, riconosciuto come legittimo impedimento a comparire.
All’odierna udienza le parti presenti hanno concluso nel senso precisato in epigrafe.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è inammissibile.
1.1. Le prime due censure sono manifestamente infondate o, comunque, inammissibili perché devolvono questioni non consentite nella presente sede e reiterative dei motivi di appello, cui la Corte territoriale ha risposto con ragionamento ineccepibile.
Il primo motivo relativo all’attendibilità del teste di accusa è, in parte, versato i fatto e, in parte, si confronta con il contenuto della prova dichiarativa e non con la motivazione del provvedimento censurato, proponendo una rilettura della fonte probatoria inibita a questa Corte di legittimità.
Nella sostanza, infatti, con le critiche proposte il ricorrente non censura la motivazione mancante, contraddittoria o manifestamente illogica, vizi proponibili ai sensi dell’art. 606, lett. e), cod. proc. pen., ma si duole di una decisione erronea, in quanto fondata su valutazioni asseritamente sbagliate. È noto, invece, che il controllo di legittimità concerne il rapporto tra motivazione e decisione, non quello tra prova e decisione; sicché il ricorso per cassazione che devolva il vizio di motivazione, per essere valutato ammissibile, deve rivolgere le censure nei confronti della motivazione posta a fondamento della decisione, non già nei confronti della valutazione probatoria che, in quanto riservata al giudizio di merito, è estranea al perimetro cognitivo del giudice di legittimità.
Peraltro, si osserva che, nel caso al vaglio, la prova valutata dai giudici di merito con i convergenti provvedimenti, non è rappresentata da una ricognizione fotografica, ma dalla deposizione del teste di accusa che ha espresso, nelle dichiarazioni rese, il proprio ricordo, reputato affidabile con ragionamento non manifestamente illogico dai convergenti provvedimenti di merito, anche perché ha assunto di aver svolto apposito controllo degli album fotografici in possesso dell’Ufficio di riferimento, in considerazione del tempo in cui è stata svolta la deposizione rispetto al fatto.
Ancora, quanto alla dedotta mancata valutazione della prova a discarico, il Collegio osserva che non viene indicato il carattere decisivo della prova che si assume trascurata. Peraltro, trattandosi di cd. doppia conforme affermazione di responsabilità, il travisamento per omissione non è vizio ammissibile tenuto conto che, conformemente al consolidato indirizzo di legittimità (Sez. 2, n. 7986 del
18/11/2016, dep. 2017, La Gumina, Rv. 269217; Sez. 2, n. 47035 del 3710/2013, COGNOME, Rv. 257499; Sez. 4, n. 4060 del 12/12/2013, dep. 2014, COGNOME, Rv. 258438) nel caso di cd. doppia conforme, il vizio di omessa valutazione di una prova indicata come decisiva, può essere dedotto con il ricorso per cassazione, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., solo nel caso in cui si rappresenti, con specifica deduzione, che il dato probatorio asseritamente travisato è stato per la prima volta introdotto, come oggetto di valutazione, nella motivazione del provvedimento di secondo grado.
Infine, quanto all’omessa considerazione della prova a discarico rappresentata dall’esistenza di un omonimo, secondo la documentazione prodotta, si rileva che si richiede la rilettura di atti e documenti e comunque, si devolve una censura versata in fatto, operazione non consentita in questa sede.
1.2. Il secondo profilo di critica è, del pari, inammissibile posto che, in parte non è specifico e, per altra parte, non tiene conto che, comunque, la pena non si distacca significativamente dal minimo edittale quanto all’entità di quella posta alla base del calcolo. Né l’aumento ex art. 81 cod. pen. è eccessivo.
Sul giudizio di bilanciamento, deve rilevarsi che, effettivamente, la motivazione resa dalla Corte di appello si basa sul divieto di prevalenza. Tuttavia, si deve notare che il primo giudice aveva correttamente motivato sulle ragioni poste a base dell’operato bilanciamento. Inoltre, non va trascurato che le statuizioni relative al giudizio di comparazione tra circostanze aggravanti ed attenuanti, effettuato in riferimento ai criteri di cui all’art. 133 cod. pen., sono censurabili in cassazione sol quando siano frutto di mero arbitrio o ragionamento illogico. Né va taciuta l’esistenza del costante orientamento di questa Corte, secondo cui ai fini del giudizio di comparazione fra circostanze aggravanti e circostanze attenuanti, anche la sola enunciazione dell’eseguita valutazione delle circostanze concorrenti soddisfa l’obbligo della motivazione, trattandosi di un giudizio rientrante nella discrezionalità del giudice e che, come tale, non postula un’analitica esposizione dei criteri di valutazione (Sez. 7, Ord. n. 11571 del 19/02/2016, N., Rv. 266148 – 01; Sez. 2, n. 36265 del 08/07/2010, COGNOME, Rv. 248535; Sez. 1, n. 2668 del 9/12/2010, dep. 2011, Falaschi, Rv. 249549).
1.3.La terza deduzione svolta in tema di prescrizione è manifestamente infondata.
Va, infatti, considerato che, anche a considerare la recidiva ritenuta soltanto reiterata (e non specifica reiterata, come contestato), seguendo la linea proposta dalla difesa del ricorrente, la relativa applicazione, ai sensi dell’art. 99, quar comma, sul primo termine e, ai sensi dell’art. 161, sul secondo termine, comporta che si perviene ad anni dodici e mesi sei dalla data del commesso reato, giungendo così sino al 25 maggio 2023.
A tale scadenza occorre aggiungere, sempre per come prospettato dal ricorrente, un lasso temporale pari ad anni uno, mesi uno, giorni venti per sospensioni del termine prescrizionale, anche secondo il calcolo operato dalla difesa, sicché alla data della presente sentenza, il detto termine non risulta ancora spirato.
Il ricorso, dunque, non tiene conto dell’orientamento largamente maggioritario affermatosi nel calcolare il termine prescrizionale del recidivo reiterato, secondo il quale (tra le altre, Sez. 2, n. 57755 del 12/10/2018, Saetta, Rv. 274721 – 01) la recidiva reiterata, specifica e infraquinquennale, in quanto circostanza aggravante ad effetto speciale, incide sia sul computo del termine-base di prescrizione ai sensi dell’art. 157, comma secondo, cod. pen., sia sull’entità della proroga di suddetto termine in presenza di atti interruttivi, ai sensi dell’art. 161, comma secondo, cod. pen. (in motivazione, la Corte ha chiarito che una diversa interpretazione rimetterebbe al giudice la scelta della rilevanza da attribuire alla recidiva qualificat caso per caso, contraddicendo il principio costituzionale di tassatività; conf. n. 13463 del 2016, Rv. 266532 – 01; n. 6152 del 2018, Rv. 272021 – 01; n. 50089 del 2016 Rv. 268214 – 01). Infine, è appena il caso di rimarcare che si deve tenere conto della recidiva ai fini del calcolo del termine di prescrizione, anche se detta circostanza è stata posta in bilanciamento nel senso dell’equivalenza, con le circostanze attenuanti generiche, conformemente ai principi affermati da Sez. U, n. 20808 del 25/10/2018, dep. 2019, Schettino Rv. 275319 – 01, ripresa in parte motiva da Sez. U, n. 30046 del 23/06/2022, Cirelli, Rv. 283328 – 01.
Segue alla pronuncia, la condanna alle spese processuali, nonché al pagamento dell’ulteriore somma indicata in dispositivo, in favore della Cassa delle ammende, non ricorrendo le condizioni previste dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 186 del 13 giugno 2000, importo che si ritiene di determinare equitativamente, tenuto conto dei motivi devoluti.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, il 15 settembre 2023
Il Consigliere estensore
Il Presidente