Ricorso Inammissibile: Quando la Cassazione Rigetta l’Appello
Presentare un ricorso in Cassazione è l’ultimo grado di giudizio nel nostro ordinamento, ma non è una terza istanza sul merito dei fatti. La Suprema Corte ha il compito di verificare la corretta applicazione della legge, non di riesaminare le prove. Un ricorso inammissibile è proprio quello che non supera questo vaglio preliminare, venendo rigettato senza entrare nel vivo della questione. L’ordinanza n. 2423/2024 della Corte di Cassazione offre un chiaro esempio dei motivi che portano a tale esito, delineando i confini invalicabili per chi si appella al giudice di legittimità.
I Fatti del Caso: La Contestazione della Condanna
Il caso in esame riguarda un imputato condannato in primo grado e in appello per un reato previsto dall’art. 223, comma 2, n. 2 del R.D. 267/42 (bancarotta fraudolenta). L’imputato decideva di presentare ricorso in Cassazione, basandolo principalmente su due motivi.
Il primo motivo contestava la mancata applicazione dell’istituto della continuazione con una precedente condanna irrevocabile, sostenendo l’esistenza di un unico disegno criminoso. Il secondo motivo, invece, criticava sia il diniego delle circostanze attenuanti generiche sia l’aumento di pena applicato per la recidiva, ritenendoli ingiustificati.
La Decisione della Corte: il Ricorso Inammissibile
La Corte di Cassazione ha analizzato entrambi i motivi e li ha ritenuti entrambi inammissibili, confermando integralmente la sentenza della Corte d’Appello di Milano. La decisione si fonda su principi consolidati della procedura penale che limitano strettamente il campo d’azione del giudizio di legittimità.
Primo Motivo: La Mera Reiterazione delle Argomentazioni
La Corte ha qualificato il primo motivo come una semplice e pedissequa reiterazione di argomenti già presentati e respinti dalla Corte d’Appello. I giudici hanno sottolineato che un ricorso per cassazione deve avere una funzione critica e argomentata contro la decisione impugnata, non può limitarsi a riproporre le stesse difese. Inoltre, la richiesta di riconoscere la continuazione si traduceva in un tentativo di ottenere una nuova valutazione delle prove e dei fatti (come il presunto disegno criminoso unitario, lo iato temporale tra i reati e altri elementi di connessione), un’attività preclusa alla Corte di Cassazione, il cui compito non è quello di una ‘rilettura’ degli elementi di fatto, ma solo di controllare la corretta applicazione del diritto.
Secondo Motivo: La Valutazione delle Attenuanti e della Recidiva
Anche il secondo motivo è stato giudicato manifestamente infondato. Per quanto riguarda le attenuanti generiche, la Corte ha ribadito un principio consolidato: il giudice di merito non è tenuto a esaminare analiticamente tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli, ma è sufficiente che motivi la sua decisione basandosi sugli aspetti ritenuti decisivi. Nel caso di specie, la motivazione della Corte d’Appello è stata considerata esente da vizi logici.
Relativamente alla recidiva, la sentenza impugnata aveva correttamente evidenziato come il comportamento dell’imputato non derivasse da un singolo disegno criminoso, ma da una vera e propria ‘abitualità criminosa’ e una ‘scelta esistenziale’ orientata alla commissione sistematica di illeciti, specialmente a danno dell’Erario e dei creditori. Questa valutazione, basata sull’art. 133 c.p., è stata ritenuta una corretta applicazione dei principi giurisprudenziali.
Le Motivazioni della Corte
Le motivazioni alla base della dichiarazione di ricorso inammissibile risiedono nella natura stessa del giudizio di legittimità. La Cassazione non è un terzo grado di merito. I motivi di ricorso devono essere specifici e non apparenti, devono cioè criticare puntualmente la logica giuridica della sentenza impugnata, non semplicemente riproporre le tesi difensive già sconfessate o sollecitare una diversa interpretazione delle prove. La Corte ha chiarito che tentare di ottenere una ‘rilettura’ dei fatti è un’operazione estranea ai suoi poteri. La decisione impugnata, secondo i giudici, era motivata in modo logico e coerente con i principi di diritto, sia nel negare la continuazione, sia nel valutare le attenuanti e la recidiva.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche
L’ordinanza ribadisce un’importante lezione per chi intende adire la Corte di Cassazione: il ricorso deve concentrarsi esclusivamente su vizi di legittimità, come l’errata applicazione di una norma di legge o un’illogicità manifesta nella motivazione. Non è sufficiente essere in disaccordo con la valutazione dei fatti operata dai giudici di merito. La conseguenza diretta di un ricorso inammissibile è non solo la conferma della condanna, ma anche l’obbligo per il ricorrente di pagare le spese del procedimento e una somma di denaro a titolo di sanzione a favore della Cassa delle ammende, in questo caso quantificata in tremila euro.
Perché il primo motivo di ricorso è stato considerato inammissibile?
È stato ritenuto inammissibile perché si limitava a ripetere le stesse argomentazioni già respinte dalla Corte d’Appello, senza muovere una critica specifica alla sentenza impugnata. Inoltre, mirava a una rivalutazione dei fatti e delle prove, attività che non rientra nelle competenze della Corte di Cassazione.
Come ha giustificato la Corte il diniego delle attenuanti generiche e la conferma della recidiva?
La Corte ha stabilito che la motivazione della sentenza d’appello era logica e sufficiente. Per le attenuanti, non è necessario che il giudice analizzi ogni singolo elemento, ma basta che si concentri su quelli decisivi. Per la recidiva, ha confermato la valutazione del giudice di merito, che aveva ravvisato una ‘abitualità criminosa’ e una ‘scelta esistenziale’ dell’imputato, e non un singolo disegno criminoso.
Qual è la conseguenza della dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro, in questo caso tremila euro, in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 2423 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 2423 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 06/12/2023
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME NOME NOME PAVIA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 04/04/2023 della CORTE APPELLO di MILANO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Rilevato che COGNOME NOME ricorre avverso la sentenza della Corte di appello di Mila che ha confermato la condanna riportata in primo grado dal predetto in ordine al reato di cu all’art. 223 comma 2, n. 2 r.d. n. 267/42;
ritenuto che il primo motivo di ricorso, che deduce inosservanza della legge penale e contesta la correttezza della motivazione con riferimento alla mancata applicazione dell’istit della continuazione a riguardo di una non meglio precisata condanna irrevocabile inflitta dal Corte d’appello di Bologna il 23 ottobre 2015, è indeducibile in questa sede perché fondato s ragioni che si risolvono nella pedissequa reiterazione di quelle già dedotte in appell puntualmente disattese dalla corte di merito, dovendosi dunque i suddetti motivi considerare non specifici e soltanto apparenti, in quanto omettono di assolvere la tipica funzione di una cri argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso (cfr. in particolare pagg. 9 e 10 sent. secondo grado, a riguardo della impossibilità di ravvisare un disegno criminoso unitario tra i fatti giu e quelli sub judice, lo iato temporale, l’inesistenza di elementi di connessione altriment individuabili tra le rispettive vicende);
Ritenuto che, in ogni caso, detto motivo sia volto a sollecitare una rivalutazione alternativa rivisitazione delle fonti probatorie, estranea al sindacato di legittimità, e a pertinente individuazione di specifici travisamenti di emergenze processuali valorizzate d giudici di merito e rammentato che esula, infatti, dai poteri della Corte di cassazione quell una ‘rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione via esclusiva, riservata al giudice di merito (per tutte: Sez. U, n. 6402, del 30/4/ Dessimone, Rv. 207944);
Considerato che il secondo motivo di ricorso, che contesta la mancata applicazione delle circostanze attenuanti generiche e l’aumento sanzioNOMErio per la recidiva, non è consentito i sede di legittimità ed è manifestamente infondato in presenza (si vedano pag. 10 e 11 della sentenza impugnata) di una motivazione esente da evidenti illogicita, considerato il princip affermato da questa Corte, secondo cui non è necessario che il giudice di merito, nel motivare i diniego della concessione delle attenuanti generiche, prenda in considerazione tutti gli elemen favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficiente ch riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo disattesi o superati tu altri da tale valutazione; mentre, quanto alla ritenuta recidiva, la sentenza impugnata ha da conto di “una scelta di vita caratterizzata dalla propensione dell’imputato alla commissione d reati coinvolgenti l’Erario, ma non solo (segnatamente il patrimonio dei singoli e le garanzie creditori), ciò che sta a testimoniare non già un unico disegno ctiminoso, bensì abitual criminosa ed una scelta esistenziale improntata alla sistematica e contingente consumazione di illeciti”; sicchè il giudice di merito ha fatto corretta applicazione dei principi della giurisprud di legittimità secondo cui la valutazione del giudice non può fondarsi esclusivamente sulla gravi
dei fatti e sull’ arco temporale in cui questi risultano consumati, essendo egli tenuto ad esamina in concreto, in base ai criteri di cui all’art. 133 cod. pen., il rapporto esistente tra il fa si procede e le precedenti condanne, verificando se ed in quale misura la pregressa condotta criminosa sia indicativa di una perdurante inclinazione al delitto che zibbia influito quale fa criminogeno per la commissione del reato “sub iudice”;
Rilevato che, in conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 6 dicembre 2023
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