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Ricorso inammissibile: Cassazione chiarisce i limiti

La Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile contro una condanna per resistenza a pubblico ufficiale. I motivi sono stati giudicati mere doglianze di fatto, censure generiche e questioni non sollevate nei gradi di merito. L’ordinanza conferma la condanna e l’obbligo di pagare le spese e una sanzione.

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Pubblicato il 19 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: Quando l’Appello in Cassazione non Supera il Vaglio

L’ordinanza n. 1070/2024 della Corte di Cassazione offre un chiaro esempio di come un ricorso inammissibile venga gestito nel nostro sistema giudiziario, delineando con precisione i confini del giudizio di legittimità. Il caso riguarda un imputato condannato per resistenza a pubblico ufficiale che ha visto la sua istanza respinta senza un esame del merito. Questo provvedimento è un’importante lezione sulle corrette modalità di impugnazione e sui limiti intrinseci del ricorso davanti alla Suprema Corte.

I Fatti del Processo

La vicenda processuale ha origine da una condanna per il reato di resistenza a pubblico ufficiale, previsto dall’art. 337 del codice penale. Dopo la conferma della sentenza da parte della Corte d’Appello di Milano, l’imputato ha deciso di presentare ricorso per Cassazione, sperando in un annullamento della condanna. Tuttavia, i motivi addotti a sostegno del ricorso non hanno superato il vaglio preliminare di ammissibilità della Suprema Corte.

La Decisione della Corte di Cassazione e il concetto di ricorso inammissibile

La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria di tremila euro a favore della Cassa delle ammende. La decisione si fonda su tre pilastri argomentativi principali che mettono in luce i vizi dell’impugnazione.

I Motivi di Fatto e la Ripetizione delle Censure

In primo luogo, la Cassazione ha ritenuto che i motivi del ricorso fossero costituiti da ‘mere doglianze in punto di fatto’. In altre parole, l’imputato non ha contestato un’errata applicazione della legge da parte dei giudici di merito, ma ha tentato di proporre una diversa ricostruzione dei fatti. Questo tipo di valutazione è preclusa alla Corte di Cassazione, che agisce come giudice di legittimità e non può riesaminare le prove o sostituire il proprio apprezzamento a quello dei giudici dei gradi precedenti. Inoltre, i motivi erano in gran parte riproduttivi di censure già esaminate e respinte dalla Corte d’Appello con argomentazioni giuridiche corrette.

La Mancata Deduzione della Causa di Giustificazione

Un punto cruciale riguarda la causa di giustificazione prevista dall’art. 393-bis del codice penale, che esclude la punibilità per chi reagisce a un atto arbitrario di un pubblico ufficiale. Il ricorrente ha tentato di invocare questa norma per la prima volta in Cassazione. La Corte ha sottolineato che tale difesa non era mai stata sollevata nei precedenti gradi di giudizio. Poiché l’accertamento di un ‘atto arbitrario’ richiede una valutazione di merito basata sui fatti, non può essere introdotto ex novo nel giudizio di legittimità.

La Genericità dei Motivi sulla Pena

Infine, anche le censure relative all’eccessività della pena (sette mesi di reclusione) sono state giudicate intrinsecamente generiche. La Corte ha osservato che il ricorrente non si è confrontato specificamente con la motivazione della sentenza d’appello. I giudici di secondo grado avevano infatti spiegato in modo adeguato che la pena era proporzionata alla gravità dei fatti e frutto di un corretto bilanciamento tra la recidiva e le circostanze generiche, ritenute equivalenti.

Le Motivazioni della Sentenza

Le motivazioni della Corte si concentrano sul ruolo del giudice di legittimità. La Cassazione ribadisce che il suo compito non è quello di fungere da ‘terzo grado’ di giudizio nel merito, ma di garantire l’uniforme interpretazione della legge e il rispetto delle norme processuali. I motivi di ricorso devono essere specifici, pertinenti e focalizzati su questioni di diritto. Qualsiasi tentativo di rimettere in discussione l’accertamento dei fatti o di introdurre nuove difese che richiedano valutazioni fattuali è destinato a essere dichiarato inammissibile. La Corte ha quindi agito in stretta conformità con i principi che regolano il processo penale, sanzionando un’impugnazione che non rispettava i requisiti di legge.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza rappresenta un monito per chi intende adire la Corte di Cassazione. Evidenzia l’importanza di strutturare un ricorso in modo tecnicamente ineccepibile, concentrandosi esclusivamente sulle violazioni di legge o sui vizi di motivazione logico-giuridica. Dimostra, inoltre, che tutte le strategie difensive, comprese le cause di giustificazione, devono essere articolate fin dal primo grado di giudizio. Un ricorso inammissibile non solo porta alla conferma della condanna, ma comporta anche ulteriori oneri economici per l’imputato, rendendo l’impugnazione un’arma a doppio taglio se non utilizzata con perizia e cognizione di causa.

Perché il ricorso dell’imputato è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi presentati erano considerati mere doglianze sui fatti, riproducevano censure già respinte e sollevavano per la prima volta questioni, come la causa di giustificazione dell’art. 393-bis c.p., che richiedono valutazioni di merito precluse alla Corte di Cassazione.

La Corte di Cassazione può riesaminare i fatti di un processo?
No, la Corte di Cassazione è un giudice di legittimità. Il suo compito è verificare che la legge sia stata applicata correttamente dai giudici dei gradi precedenti, ma non può effettuare una nuova valutazione delle prove o della ricostruzione dei fatti.

Cosa comporta per il ricorrente la dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
La dichiarazione di inammissibilità comporta che la sentenza di condanna impugnata diventa definitiva. Inoltre, il ricorrente è condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro (in questo caso, tremila euro) in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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