Ricorso Inammissibile: Quando l’Appello Non Supera il Vaglio della Cassazione
L’ordinanza in esame offre un’importante lezione sui requisiti di ammissibilità dei ricorsi in Cassazione. Quando un ricorso viene definito ricorso inammissibile, significa che la Corte Suprema non entra nemmeno nel merito della questione, fermandosi a una valutazione preliminare che ne decreta l’inidoneità. Questo accade per vizi procedurali o per la manifesta infondatezza dei motivi. Analizziamo come la Corte ha applicato questi principi in un caso concreto, delineando confini precisi per l’attività difensiva.
I Fatti del Caso
La difesa di un imputato ha presentato ricorso alla Corte di Cassazione contro una sentenza della Corte d’Appello. I motivi del ricorso erano principalmente due:
1. Il mancato riconoscimento del vizio parziale di mente, basato su argomentazioni già presentate e respinte nei precedenti gradi di giudizio.
2. Il presunto travisamento (per omissione) di un dato documentale, che a dire della difesa avrebbe potuto cambiare l’esito del processo.
La difesa, in sostanza, chiedeva alla Corte Suprema di rivalutare elementi già ampiamente discussi e decisi dalla Corte d’Appello.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile in ogni sua parte. Questa decisione ha comportato non solo la conferma della sentenza impugnata, ma anche la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro a favore della Cassa delle ammende. La Corte non ha analizzato il merito delle accuse, ma si è concentrata esclusivamente sulla correttezza formale e sostanziale dei motivi di ricorso.
Le Motivazioni: Analisi dei Motivi di Inammissibilità del Ricorso
La decisione della Corte si fonda su due pilastri argomentativi distinti, uno per ciascun motivo di ricorso.
Primo Motivo: La Reiterazione delle Doglianze e il Ruolo del Perito
La Corte ha ritenuto il primo motivo, relativo al vizio parziale di mente, una semplice riproposizione di argomenti già affrontati e respinti dalla Corte d’Appello. Quest’ultima aveva basato la sua decisione sulle conclusioni di una perizia disposta durante il processo di primo grado.
La Cassazione ha colto l’occasione per ribadire la differenza fondamentale tra il perito, nominato dal giudice come suo ausiliario imparziale, e il consulente di parte, che agisce nell’interesse della parte che lo ha incaricato. Il giudice può aderire alle conclusioni del perito senza dover dimostrare scientificamente l’erroneità delle tesi del consulente di parte. È sufficiente che il giudice dimostri di aver valutato le argomentazioni del consulente, anche se per disattenderle. Riproporre la stessa questione in Cassazione senza nuovi e specifici profili di illegittimità rende il motivo del ricorso inammissibile.
Secondo Motivo: La Violazione del Principio di Autosufficienza
Il secondo motivo di ricorso è stato dichiarato manifestamente infondato per una ragione puramente procedurale: la violazione del principio di autosufficienza del ricorso. La difesa lamentava il travisamento di un documento, ma non ha allegato una copia dello stesso all’atto di impugnazione.
Questo principio impone che il ricorso debba contenere tutti gli elementi necessari affinché la Corte di Cassazione possa decidere sulla questione senza dover cercare e consultare altri atti del processo. Non fornendo il documento in questione, la difesa ha impedito alla Corte di valutare se il presunto travisamento fosse reale e, soprattutto, decisivo ai fini della sentenza. Questa omissione procedurale è stata fatale e ha condotto direttamente alla dichiarazione di inammissibilità.
Conclusioni: Implicazioni Pratiche per la Difesa
L’ordinanza è un chiaro monito per la pratica legale. Evidenzia che il ricorso in Cassazione non è un terzo grado di giudizio dove si possono semplicemente riproporre le stesse argomentazioni. È necessario formulare censure specifiche contro la logicità o la legalità della motivazione della sentenza impugnata. Inoltre, il rispetto rigoroso delle norme procedurali, come il principio di autosufficienza, non è un mero formalismo, ma una condizione essenziale per consentire al giudice di legittimità di svolgere la propria funzione. Un ricorso inammissibile non solo non ottiene il risultato sperato, ma comporta anche ulteriori costi per l’assistito.
Perché il primo motivo di ricorso sul vizio parziale di mente è stato respinto?
È stato respinto perché si limitava a reiterare argomenti già esaminati e motivatamente disattesi dalla Corte d’Appello, la quale aveva fondato la propria decisione sulle conclusioni del perito nominato dal tribunale. La Cassazione non può riesaminare nel merito tali valutazioni.
Qual è la differenza tra il ruolo del perito e quello del consulente di parte secondo la Corte?
Il perito è un ausiliario del giudice, tenuto a un dovere di imparzialità, mentre il consulente di parte opera nell’interesse della parte che lo ha nominato. Pertanto, il giudice può aderire alle conclusioni del perito senza dover dimostrare l’erroneità scientifica di quelle del consulente, a condizione che dimostri di averle comunque valutate.
Cosa significa “autosufficienza del ricorso” e perché ha reso inammissibile il secondo motivo?
Significa che l’atto di ricorso deve contenere tutti gli elementi necessari per permettere alla Corte di decidere, senza dover consultare altri documenti del fascicolo. Il secondo motivo è stato dichiarato inammissibile perché la difesa, pur lamentando il travisamento di un documento, non lo ha allegato al ricorso, impedendo alla Corte di verificare la fondatezza e la decisività della doglianza.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 45701 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 45701 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 05/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME nato il 03/01/2003
avverso la sentenza del 07/02/2024 della CORTE APPELLO di CALTANISSETTA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto viste
il ricorso di NOME NOME COGNOME le conclusioni trasmesse in data 14.10.2024;
ritenuto che il primo motivo di ricorso, con cui la difesa deduce vizio di motivazione in ordine al mancato riconoscimento del vizio parziale di mente, è formulato in termini non consentiti in questa sede, finendo per reiterare doglianza che è stata affrontata (cfr., in particolare pag. 3-5 della sentenza impugnata) dalla Corte d’appello e disattesa facendo congruo riferimento agli esiti della perizia eseguita nel corso del giudizio di primo grado; è appena il caso di ribadire che il perito assume una posizione processuale diversa anche rispetto a quella del consulente di parte, chiamato a prestare la sua opera nel solo interesse di colui che lo ha nominato, senza assumere l’impegno di cui all’art. 226 cod. proc. pen., con la conseguenza che il giudice che ritenga di aderire alle conclusioni del perito, in difformità da quelle del consulente di parte, non è tenuto a fornire autonoma dimostrazione dell’esattezza scientifica delle prime e dell’erroneità delle seconde, dovendosi considerare sufficiente, al contrario, che egli dimostri di avere comunque valutato le conclusioni del perito, senza ignorare le argomentazioni del consulente (cfr., in tal senso, tra le altre, Sez. 3, n. 17368 del 31/01/2019, COGNOME, Rv. 275945 – 01);
ritenuto che il secondo motivo di ricorso è manifestamente infondato e, invero, formulato anche in tal caso in termini non consentiti: la difesa, infatti, sembra adombrare il travisamento (per omissione) di un dato documentale di cui, tuttavia, non si allega copia ai fini della autosufficienza del ricorso onde consentire alla Corte di apprezzarne la assoluta decisività ai fini della tenuta logica della motivazione;
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al pagamento della somma di euro tremila alla cassa delle ammende.
Roma, 5/11/2024
NOME
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