Ricorso Inammissibile in Cassazione: Analisi di un Caso Pratico
Quando si impugna una sentenza, non è sufficiente essere in disaccordo con la decisione; è fondamentale presentare motivi validi e specifici. Un recente provvedimento della Corte di Cassazione ci offre un chiaro esempio di come un ricorso inammissibile venga gestito, sottolineando i requisiti formali e sostanziali che un’impugnazione deve rispettare. L’ordinanza in esame riguarda un caso di minaccia aggravata e illustra perché la mera riproposizione di censure già esaminate non può trovare accoglimento in sede di legittimità.
I Fatti del Caso
La vicenda processuale ha origine da una sentenza del Tribunale di Livorno, che aveva riconosciuto un individuo colpevole del reato di minaccia aggravata e di una contravvenzione accessoria. In seguito all’appello, la Corte di Appello di Firenze aveva parzialmente riformato la decisione: pur confermando la responsabilità per la minaccia, aveva dichiarato estinta per prescrizione la contravvenzione e aveva ricalcolato la pena per il reato principale.
Non soddisfatto della decisione, l’imputato ha proposto ricorso per Cassazione, basandolo su due motivi principali: contestava la natura intimidatoria della sua condotta e criticava il trattamento sanzionatorio applicatogli, ritenendolo eccessivo.
La Decisione sul Ricorso Inammissibile della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha esaminato i motivi del ricorso e li ha rigettati entrambi, dichiarando l’impugnazione nel suo complesso inammissibile. Questa decisione non entra nel merito della colpevolezza o innocenza, ma si concentra sulla correttezza con cui il ricorso è stato formulato e presentato. Vediamo nel dettaglio le ragioni.
Il Primo Motivo: la Genericità e Ripetitività del Ricorso
Il primo motivo, con cui si contestava la natura intimidatoria della condotta, è stato giudicato inammissibile perché l’imputato si è limitato a “reiterare la censura contenuta nel gravame”. In altre parole, ha riproposto le stesse argomentazioni già presentate e respinte dalla Corte di Appello, senza però confrontarsi criticamente con le motivazioni specifiche con cui i giudici di secondo grado avevano giustificato la loro decisione. Un ricorso in Cassazione deve attaccare i vizi logici o giuridici della sentenza impugnata, non riproporre una valutazione dei fatti già compiuta.
Il Secondo Motivo: la Manifesta Infondatezza sulla Pena
Anche il secondo motivo, relativo alla determinazione della pena, è stato respinto. La Corte lo ha definito “manifestamente infondato”. I giudici di legittimità hanno osservato che la Corte di Appello aveva adeguatamente motivato la sua decisione sul trattamento sanzionatorio, facendo esplicito riferimento ai precedenti penali dell’imputato. Tale motivazione è stata ritenuta sufficiente e logicamente coerente, rendendo la censura dell’imputato priva di fondamento giuridico.
Le Motivazioni della Decisione
La decisione della Cassazione si fonda su un principio cardine del nostro sistema processuale: il giudizio di legittimità non è un terzo grado di merito. La Corte non riesamina i fatti, ma valuta se i giudici dei gradi inferiori abbiano applicato correttamente la legge e abbiano motivato le loro decisioni in modo logico e non contraddittorio. Nel caso di specie, il ricorso inammissibile non sollevava questioni di diritto valide, ma tentava di ottenere una nuova valutazione dei fatti e della congruità della pena, compiti che esulano dalle competenze della Suprema Corte. La ripetitività delle argomentazioni e la mancanza di un confronto con la sentenza d’appello hanno quindi determinato l’inevitabile declaratoria di inammissibilità.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche
Questa ordinanza ribadisce una lezione fondamentale per chiunque intenda impugnare una sentenza penale. Non è sufficiente contestare genericamente una decisione. È indispensabile formulare motivi specifici, pertinenti e che si confrontino puntualmente con la ratio decidendi della sentenza che si intende criticare. Un ricorso vago o meramente ripetitivo non solo è destinato al fallimento, ma comporta anche conseguenze economiche negative: la condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, che in questo caso è stata quantificata in 3.000 euro. La redazione di un’impugnazione efficace richiede, dunque, un’analisi tecnica approfondita e non una semplice riproposizione di doglianze già respinte.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché il primo motivo era una semplice ripetizione delle argomentazioni già presentate in appello, senza confrontarsi con la motivazione della sentenza impugnata, mentre il secondo motivo è stato ritenuto manifestamente infondato, dato che la pena era stata adeguatamente giustificata dalla Corte di merito.
Quali sono le conseguenze economiche di un ricorso inammissibile?
Quando un ricorso viene dichiarato inammissibile, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende. In questo specifico caso, la somma è stata fissata in 3.000 euro.
È possibile riproporre le stesse argomentazioni in Cassazione?
No. Come dimostra questa decisione, il ricorso per Cassazione non è un terzo grado di giudizio dove si riesaminano i fatti. È necessario presentare motivi che denuncino vizi di legge o di motivazione della sentenza impugnata, non basta ripetere le stesse censure respinte nel grado precedente.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 47161 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 47161 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 27/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a SAN GAVINO MONREALE il 24/11/1989
avverso la sentenza del 18/12/2023 della CORTE APPELLO di FIRENZE
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
che con la sentenza in epigrafe la Corte di appello di Firenze ha parzialmente riformato la sentenza del Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Livorno del 27 marzo 2019 che aveva affermato la penale responsabilità di NOME COGNOME per il reato di minaccia aggravata (capo a) e per la contravvenzione di cui all’art. 703 cod. pen. (capo b) e l’aveva condannato alla pena ritenuta di giustizia; in particolare, la Corte di appello ha dichiarato estinto per prescrizione il reato di cui al capo b) e ha rideterminato la pena per la minaccia aggravata;
che il primo motivo del ricorso dell’imputato, volto a contestare la natura intimidatoria della condotta, è inammissibile in quanto si limita a reiterare la censura contenuta nel gravame senza confrontarsi con le ragioni poste dalla Corte di merito a base della sua decisione;
che il secondo motivo è manifestamente infondato, avendo la Corte di merito adeguatamente motivato il trattamento sanzionatorio facendo riferimento anche ai precedenti penali dell’imputato;
che all’inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, ai sensi dell’art. 616, comma 1, cod. proc. pen., al pagamento in favore della Cassa delle ammende di una somma che si reputa equo fissare in euro 3.000,00;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 27/11/2024.