Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 15552 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 15552 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 08/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a ROMA il 15/07/1977
avverso la sentenza del 16/09/2024 della CORTE APPELLO di ROMA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME.
I
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. NOME NOME ricorre, a mezzo del difensore, avverso la sentenza di cui in epigrafe, con la quale la Corte di Appello di Roma, in parziale riforma della sentenza emessa dal Tribunale locale in data 14 giugno 2024, ha ridotto la pena inflitta all’imputato ad anni uno di reclusione ed euro 600,00 di multa, confermando la condanna in ordine al reato ex art.73, co. 5, d.P.R. n. 309/1990.
La difesa articola tre motivi di ricorso: violazione di legge processuale in relazione agli artt. 240 e 333 cod. proc. pen. per l’inutilizzabilità ai fini della d sione della segnalazione anonima da cui è scaturito il presente procedimento; violazione di legge e vizio di motivazione in punto di affermazione della responsabilità per il reato di illecita detenzione ai fini di spaccio di cui all’art. 73, co. 5 d.P. 309/1990; violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche di cui all’art. 62 bis cod. pen. Chiede, pertanto, annullarsi la sentenza impugnata.
2. Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, in quanto proposto con motivi non deducibili in questa sede di legittimità. Gli stessi, in particolare, si li tano a reiterare profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi dalla Corte di appello con corretti argomenti giuridici e non sono scanditi da specifica critica delle argomentazioni a base della sentenza impugnata (sul contenuto essenziale dell’atto d’impugnazione, in motivazione, Sez. 6 n. 8700 del 21/1/2013, Rv. 254584; Sez. U, n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 268822, sui motivi d’appello, ma i cui principi possono applicarsi anche al ricorso per cassazione).
2.1. Quanto al primo motivo, deve essere osservato che, come adeguatamente motivato dalla Corte di appello, l’utilizzabilità delle segnalazioni anonime non integra una ipotesi di inutilizzabilità “patologica” qualora, come nel caso di specie, gli elementi contenuti nella denuncia anonima siano stati utilizzati esclusivamente a supporto dell’attività di iniziativa del P.M. e della polizia giudiziaria a fine di assumere dati conoscitivi, diretti a verificare se dall’anonimo potessero ricavarsi estremi utili per l’individuazione di una “notitia criminis” (cfr. Sez. 5, 4329 del 28/10/2008 Cc. (dep. 30/01/2009) Rv. 242944 – 01). Ed invero, la riconducibilità del fatto di reato alla persona dell’imputato trova di contro fondamento nelle circostanze di fatto cadute sotto la diretta percezione degli operanti di polizia giudiziaria.
2.2. Quanto al secondo motivo, va ricordato che la valutazione in ordine alla destinazione della droga, ogni qualvolta la condotta non appaia indicativa della immediatezza del consumo, deve essere effettuata dal giudice di merito tenendo conto di tutte le circostanze oggettive e soggettive del fatto (cfr. Sez. 4, n 7191/2018, Rv. 272463, conf., Sez. 6, n. 44419/2008, Rv. 241604). E questa Corte di legittimità ha costantemente affermato – e va qui ribadito- che in tema di sostanze stupefacenti, il solo dato ponderale dello stupefacente rinvenuto – e l’eventuale superamento dei limiti tabellari indicati dall’art. 73-bis, comma primo, lett. a), del d.P.R. n. 309 del 1990 – non determina alcuna presunzione di destinazione della droga ad un uso non personale, dovendo il giudice valutare globalmente, anche sulla base degli ulteriori parametri normativi, se, assieme al dato quantitativo (che acquista maggiore rilevanza indiziaria al crescere del numero delle dosi ricavabili), le modalità di presentazione e le altre circostanze dell’azion siano tali da escludere una finalità meramente personale della detenzione (cfr. ex multis, Sez. 3, n. 46610 del 9/10/2014, COGNOME, Rv. 260991).
Tuttavia, il possesso di un quantitativo di droga superiore al limite tabellare previsto dall’art. 73, comma primo bis, lett. a), d.P.R. n. 309 del 1990 se da solo non costituisce prova decisiva dell’effettiva destinazione della sostanza allo spaccio, può comunque legittimamente concorrere a fondare, unitamente ad altri elementi, tale conclusione (così Sez. 6, n. 11025 del 6/3/2013, COGNOME ed altro, Rv. 255726, fattispecie in cui la Corte ha rigettato il ricorso avverso la decisione del giudice di merito che aveva ritenuto l’illiceità penale della detenzione dell’equivalente di 27,5 dosi di eroina anche in considerazione della accertata incapacità economica dell’imputato ai fini della costituzione di “scorte” per uso personale; conf. Sez. 6, n. 9723 del 17/1/2013, COGNOME, Rv. 254695).
Nel caso di specie, i giudici di merito hanno dato conto degli elementi di prova in ordine all’affermazione di responsabilità dell’imputato, ed in particolare alla destinazione allo spaccio della sostanza stupefacente. A tal fine, hanno evidenziato le modalità di occultamento e la non esiguità del dato quantitativo di sostanza detenuta, idonea al confezionamento di 76 dosi singole medie. Elementi che, ad avviso della Corte, risultano del tutto incompatibili con l’ipotesi di una destinazione al consumo personale prospettata dalla difesa.
2.3 Quanto al motivo relativo al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche va rilevato che il primo giudice aveva espressamente escluso il riconoscimento delle stesse «difettando qualsiasi parametro cui ancorare un simile riconoscimento, stante la ormai normativamente prevista irrilevanza della mera incensuratezza». La difesa lamenta di avere censurato il diniego ad un “soggetto giovane e incensurato”, sul presupposto che il primo giudice di era affidato ad un ragionamento lapidario “affermando un prinicipio tutt’altro che consolidato
ovvero che la mera incensuratezza non è elemento da solo utile a tale conces- sione”.
Appare di tutta evidenza come l’argomento difensivo opposto fosse del tutto privo di pregio avuto riguardo al richiamo operato dal primo giudice
all’espresso divieto di legge, sancito dall’art. 62 bis cod. pen., di ancorare il ric noscimento delle circostanze attenuanti generiche alla sola incensuratezza.
Ed invero, il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche può essere legittimamente motivato dal giudice con l’assenza di elementi o circo-
stanze di segno positivo, a maggior ragione dopo la riforma dell’art. 62-bis, dispo- sta con il d.l. 23 maggio 2008, n. 92, convertito, con modificazioni, dalla legge 24
luglio 2008, n. 125, per effetto della quale, ai fini della concessione della dimi nuente, non è più sufficiente il solo stato di incensuratezza dell’imputato (Sez. 4 –
n. 32872 del 08/06/2022, Rv.283489- 01;Sez. 1, n. 39566 del 16/02/2017, Rv.
270986 01; Sez. 3, n. 44071 del 25/09/2014 Rv. 260610 01, cfr. anche Sez. 3 – n. 1913 del 20/12/2018, Rv. 275509 – 03).
E’ stato, altresì, affermato che la richiesta di concessione di circostanze attenuanti generiche deve ritenersi disattesa con motivazione implicita allorché sia adeguatamente motivato il rigetto della richiesta di attenuazione, fondato su analogo ordine di motivi (Sez. 4, n. 1958 del 13/12/2023, dep. 2024 non mass.; Sez. 1 n. 12624 del 12/02/2019, COGNOME, Rv- 275057 – 01).
Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende. Così deciso in data 8 aprile 2025
a est. GLYPH
La Presidente