Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 2349 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 2349 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 26/10/2023
SENTENZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME NOME nato a SAN PIETRO VERNOTICO il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato a BRINDISI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 26/10/2022 della CORTE APPELLO di LECCE
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha concluso chiedendo
Il PG conclude, come da memoria già depositata, per l’inammissibilità del ricorso.
udito il difensore
AVV_NOTAIO NOME conclude riportandosi ai motivi di ricorso chiedendone l’accoglimento;
AVV_NOTAIO si riporta ai motivi di ricorso insistendo per l’accoglimento.
RITENUTO IN FATTO
COGNOME NOME e COGNOME NOME ricorrono avverso la sentenza della Corte di appello di Lecce del 26 ottobre 2022 che, in sede di rinvio e in parziale riforma della sentenza resa dal G.u.p. del Tribunale di Lecce il 23 giugno 2016 all’esito di giudizio abbreviato, ha condannato:
COGNOME alla pena di anni undici e mesi otto di reclusione, in ordine ai reati di associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, ai sensi dell’art. 74 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 (capo O), al reato continuato di produzione,traffico e detenzione illecita di sostanze stupefacenti, ai sensi dell’art. 73 T.U. stup. (capo S), al reato continuato di estorsione aggravata (anche nella sua forma tentata), ai sensi degli artt. 629, secondo connma, e 628, secondo comma, n. 2, cod. pen. (capo T), al reato di lesione personale aggravata, ai sensi degli arti. 582 e 585 cod. pen. (capo W), al reato di porto illegale di arma comune da sparo, ai sensi degli artt. 4 e 7 legge 2 ottobre 1967, n. 895 (capo X) e al reato di lesione personale aggravata, ai sensi degli artt. 582 e 585 cod. pen. (capo Y);
COGNOME alla pena di anni cinque, mesi undici di reclusione ed euro 18.000,00 di multa, in ordine a tre reati di produzione, traffico e detenzione illecita di sostanze stupefacenti, ai sensi dell’art. 73 T.U. stup. (capi H1, L1, L7).
La Corte di appello di Lecce, con sentenza dell’Il luglio 2018, in parziale riforma della sentenza di primo grado, aveva condannato COGNOME alla pena di anni dodici di reclusione anche in ordine al reato di detenzione illegale di arma comune da sparo, ai sensi degli artt. 2 e 7 legge n. 895 del 1967 (capo U), e aveva confermato la sentenza di primo grado nei confronti di COGNOME, che era stata condannata alla pena di anni sei e mesi tre di reclusione ed euro 21.000,00 di multa.
La Corte di cassazione, con sentenza del 21 dicembre 2020, aveva annullato con rinvio la sentenza della Corte di appello di Lecce nei confronti di COGNOME, limitatamente al capo U, dopo aver evidenziato che il giudice di merito aveva illogicamente valutato il compendio probatorio, e, nei confronti di COGNOME, limitatamente alla determinazione della pena, posto che alla stessa era stata applicata una pena incongruente rispetto a quella applicata alla coimputata COGNOME NOME, ritenendo assorbita la doglianza circa il diniego RAGIONE_SOCIALE circostanze attenuanti generiche.
La Corte di appello di Lecce, con la sentenza oggi impugnata, ha assolto COGNOME per insufficienza della prova della responsabilità in ordine al reato di detenzione di arma comune da sparo di cui al capo U e ha rideterminato in senso
migliorativo la pena in capo a COGNOME, anche se non ha riconosciuto alla stessa le circostanze attenuanti generiche.
2.1. COGNOME, con ricorso a firma dell’AVV_NOTAIO, denuncia inosservanza di norme processuali stabilite a pena di nullità, con riferimento all’art. 627 cod. à proc. pen., e vizio di motivazione della sentenza impugnata, perch é giudice del rinvio competente a decidere sarebbe stata la Corte di appello di Lecce, sez. dist. di Taranto, e non la Corte di appello di Lecce, sezione promiscua.
2.2. COGNOME, con ricorso a firma dell’AVV_NOTAIO, denuncia inosservanza ed erronea applicazione della legge penale, con riferimento agli artt. 132, 133 cod. pen., 125 e 546, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., e vizio di motivazione della sentenza impugnata, perché la Corte di appello, dichiarata l’assoluzione in ordine al reato di cui al capo U, avrebbe rideternninato la pena finale in maniera errata.
Secondo il ricorrente, infatti, il giudice del rinvio avrebbe omesso di considerare che la Corte di appello, con la sentenza parzialmente annullata, partendo dalla pena base di anni quindici di reclusione in ordine al reato più grave, aveva determinato in maniera indistinta l’aumento di pena per tutti i reati posti in continuazione – tra i quali anche il reato sub U in anni tre di reclusione, prima della diminuzione di pena per la scelta del rito.
Nel caso di specie, pertanto, anche considerando che neanche il giudice di primo grado aveva offerto alcuna specifica motivazione in ordine ai singoli aumenti di pena per i reati posti in continuazione, il giudice del rinvio avrebbe dovuto ampiamente motivare le determinazioni in merito agli aumenti di pena stabiliti in ordine ai reati satellite e non limitarsi ad affermare in manie apodittica che, per quanto qui interessa, l’aumento di pena per il reato sub U era pari a mesi sei di reclusione.
COGNOME denuncia inosservanza ed erronea applicazione della legge penale, con riferimento agli artt. 133, 62-bis cod. pen. e 627 cod. proc. pen., e vizio di motivazione della sentenza impugnata, perché la Corte di appello non ha concesso l’applicazione RAGIONE_SOCIALE circostanze attenuanti generiche, senza offrire sul punto alcuna valida motivazione, ma limitandosi a evidenziare che la precedente condanna in ordine al reato di associazione di tipo mafioso fosse sintomatica dell’elevata capacità a delinquere dell’imputata.
Secondo la ricorrente, infatti, il giudice del rinvio avrebbe offerto sul punto una motivazione illogica e contraddittoria, posto che lo stesso giudice di primo grado aveva già accertato la minima partecipazione ex art. 114 cod. pen.
dell’imputata nella realtà associativa e aveva applicato la circostanza aggravante della recidiva in via subvalente.
Nel ricorso, infine, si evidenzia la non congruità della pena anche rispetto a quella applicata a COGNOME e il vizio di motivazione sul punto, anche considerando quanto evidenziato dalla Corte di cassazione nella sentenza di annullamento con rinvio.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. I ricorsi sono inammissibili.
2.1. L’atto di ricorso di COGNOME a firma dell’AVV_NOTAIO è manifestamente infondato, perché la Corte di cassazione, con la sentenza del 21 dicembre 2020, ha annullato la sentenza di secondo grado con rinvio alla Corte di appello di Lecce, sezione promiscua, e non anche – come si sostiene nel ricorso – alla Corte di appello di Lecce, sez. dist. di Taranto.
In ogni caso, attesa l’assoluzione dell’imputato in ordine al capo di imputazione oggetto di esame del giudice del rinvio, si evidenzia l’assenza di interesse a impugnare del ricorrente.
Sul punto, la giurisprudenza di legittimità ha chiarito che l’art. 568 cod. proc. pen., nel delineare le regole generali in tema di impugnazione, dopo avere fissato al primo comma il principio di tassatività, stabilisce che la legittimazione a impugnare spetta soltanto a coloro ai quali la legge la conferisce espressamente – comma 3 – e subordina l’attivazione dello strumento di controllo all’esistenza in capo al soggetto astrattamente legittimato di un concreto interesse ad impugnare – comma 4 (Sez. U. n. 25457 del 28/06/2012, RAGIONE_SOCIALE, non mass. sul punto).
Pertanto, essa deve essere individuata in una prospettiva utilitaristica, ossia nella finalità negativa, perseguita dal soggetto legittimato, di rimuovere una situazione di svantaggio processuale derivante da una decisione giudiziale, e in quella, positiva, del conseguimento di un’utilità, ossia di una decisione più vantaggiosa, rispetto a quella oggetto del gravame, e che risulti logicamente coerente con il sistema normativo (Sez. U, n. 6624 del 27/10/2011, dep. 2012, Marinaj, Rv. 251693).
2.2. L’atto di ricorso di COGNOME a firma dell’AVV_NOTAIO è inammissibile, perché il ricorrente non si confronta con la sentenza impugnata, nella parte in cui la Corte di appello, posto che il giudice di primo grado e il giudice di secondo grado che si era pronunciato prima dell’annullamento con rinvio disposto dalla RAGIONE_SOCIALEzione non avevano specificato i singoli aumenti di
pena dei reati posti in continuazione, ha evidenziato che, considerando la gravità RAGIONE_SOCIALE condotte accertate, era possibile stabilire un aumento di pena pari a mesi nove di reclusione in ordine ai reati in materia di stupefacenti di cui al capo S, pari a mesi nove di reclusione in ordine ai reati estorsivi di cui al capo T, per a mesi sei di reclusione in ordine ai reati in materia di armi di cui al capo U, pari a mesi sei di reclusione in ordine al reato di porto illegale di arma comune da sparo di cui al capo X, pari a mesi tre di reclusione in ordine al reato di lesione personale di cui al capo W e pari a mesi tre di reclusione in ordine al reato di lesione personale di cui al capo Y.
La Corte di appello, pertanto, ha ritenuto di pari gravità (e, quindi, ha stabilito per esse un pari trattamento sanzionatorio) le violazioni di ciascun gruppo di reati e, considerato il modestissimo incremento RAGIONE_SOCIALE pene poste in continuazione, ha pienamente soddisfatto l’obbligo motivazionale sul punto, anche considerando che la Corte di cassazione aveva dichiarato inammissibili i motivi di ricorso dell’imputato in materia di determinazione della pena.
3. Il ricorso di COGNOME è inammissibile.
La Corte di appello, fornendo sul punto ampia motivazione, in ossequio ai principi affermati nella sentenza di annullamento, considerata la pari portata contributiva dei ruoli di COGNOME e di COGNOME, ha stabilito per la prima la medesima pena base pari ad anni nove di reclusione ed euro 30.000,00 di multa applicata a quest’ultima in ordine al reato Li, ridotta per l’effetto della circostanza attenuante ex art. 114 cod. proc. pen. prevalente sulla circostanza aggravante della recidiva ad anni sette e mesi sei di reclusione ed euro 21.500,00 di multa e ulteriormente modificata, applicando gli aumenti di pena dei reati posti in continuazione già stabiliti dal giudice di primo grado.
La motivazione in punto di rideterminazione della pena, pertanto, appare del tutto congrua e logica, priva di inadeguatezza comparativa),
La ricorrente, inoltre, non si confronta con la sentenza impugnata, nella parte in cui la Corte di appello ha evidenziato che la mancata concessione RAGIONE_SOCIALE circostanze attenuanti generiche era giustificata dall’elevata capacità a delinquere dell’imputata, dimostrata dalla reiterazione RAGIONE_SOCIALE plurime e gravi condotte accertate nel presente procedimento e dalla precedente condanna in ordine al reato di associazione di tipo mafioso, sintomatica dell’assoluta insensibilità della stessa all’efficacia rieducativa della lunga pena detentiva inflittale.
Nel caso di specie, pertanto, la mancata concessione RAGIONE_SOCIALE circostanze attenuanti generiche è giustificata da motivazione esente da manifesta illogicità,
a nulla rilevando che, nel presente procedimento, era stata riconosciuta all’imputata la circostanza attenuante ex art. 114 cod. pen.
La motivazione offerta dal giudice di merito, pertanto, è insindacabile in cassazione (Sez. 6, n. 42688 del 24/09/2008, Caridi, Rv. 242419), anche considerato il principio affermato da questa Corte secondo cui non è necessario che il giudice di merito, nel motivare il diniego della concessione RAGIONE_SOCIALE attenuanti generiche, prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficiente che egli fac riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo disattesi o superati tutti gli altri da tale valutazione (Sez. 2, n. 3609 del 18/01/2011, Sermone, Rv. 249163).
4. Alla declaratoria di inammissibilità dei ricorsi consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna dei ricorrenti alle spese processuali, nonché al pagamento in favore della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ammende di una somma di danaro che, in considerazione RAGIONE_SOCIALE ragioni di inammissibilità del ricorso di COGNOME particolarmente evidente, perché risultante con chiarezza dal dispositivo della sentenza del 21/12/2000 della Corte di legittimità, appare equo determinare nella misura di euro 5000 nei suoi confronti e di euro 3000 nei confronti di COGNOME.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali. Condanna altresì COGNOME NOME al versamento della somma di euro cinquemila in favore della RAGIONE_SOCIALE ammende e COGNOME NOME della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE ammende.
Così deciso il 26/10/2023